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Centrodestra

Calenda e Renzi sono i veri sconfitti in Lombardia e Lazio

Chi ha vinto e chi ha perso alle elezioni regionali in Lombardia e Lazio. La nota di Paola Sacchi.

 

Netta vittoria del centrodestra, l’opposizione si squaglia. Il centrodestra si aggiudica dopo 13 anni anche il Lazio, con Francesco Rocca, e rivince in Lombardia, che governa da quasi 30 anni, con il presidente leghista Attilio Fontana. FdI si conferma, come alle Politiche, primo partito. Vola oltre il 30 per cento, stando ai dati fino a ieri sera, nel Lazio, ma in Lombardia con oltre il 26 per cento, pur confermando il netto primato delle Politiche, supera ma non doppia come il 25 settembre in alcune realtà, pure al Nord, Lega e FI messe insieme.

Un segnale di riequilibrio dei consensi nel centrodestra viene dalla Lombardia, dove la Lega risale a oltre il 16 per cento (era al 13 alle Politiche) e FI con circa il 7 per cento tiene, fermando ancora una volta le mire del Terzo polo di Carlo Calenda, Matteo Renzi e della loro candidata Letizia Moratti che non riesce a essere eletta in consiglio regionale. FI blocca i terzopolisti anche nel Lazio, dove triplica i loro consensi.

Quasi una maledizione per Renzi e Calenda quella del Cav, iniziata nel 2016, al referendum costituzionale, quando Berlusconi fu decisivo per far pendere l’asticella dei No a oltre il 60 per cento, giurando ai suoi: “Renzi i miei voti non li prende”. E oggi il risultato azzurro anche laziale (quasi il 10 per cento) fa dire alla capogruppo di FI al Senato, Licia Ronzulli, con l’omologo alla Camera, Alessandro Cattaneo, dopo l’attacco al Cav per l’uscita critica a urne aperte su Zelensky pur confermando di essere contro Putin: “Doveva sparire politicamente Berlusconi? Good bye a te, Calenda. Sveglia, il centro c’è già, siamo noi. Noi siamo per l’Ucraina e Berlusconi è uomo di pace come Pratica di Mare dimostra”.

Soddisfatto Berlusconi per FI: “Nonostante Forza Italia non esprimeva nessuno dei due candidati, che hanno avuto un effetto trainante sulle liste dei loro partiti, ottiene un consenso pari o superiore a quello delle ultime elezioni politiche. Siamo determinanti politicamente e numericamente”.

Complessivamente è il governo che centra l’obiettivo. “È un importante e significativo risultato che consolida la coalizione di centrodestra e rafforza l’azione del governo”, commenta il premier Giorgia Meloni. Berlusconi le telefona, si complimenta con lei e con Matteo Salvini e conferma: “Avanti con governo di legislatura”.

Il leader leghista, vicepremier e ministro delle Infrastrutture è più che saldo alla plancia di comando di Via Bellerio, a dispetto di narrazioni un po’ da marziani. FI e Lega non sembra perdano voti rispetto alle Politiche. E questo è chiaro che allontana le tensioni e rafforza il governo Meloni. Salvini aggiunge che in alcune importanti zone lombarde la Lega è tornata al 20 per cento e che “se si sommano i nostri voti a quelli della lista Fontana siamo primo partito”. Chiosa: “Il gioco di squadra con Giorgia e Silvio funziona”, anche se il leader leghista non nasconde il problema dell’elevata astensione, “una sconfitta per tutti”.

Come ha ricordato in un tweet il senatore leghista Claudio Borghi, già nel 2014 Stefano Bonaccini del Pd vinse in Emilia Romagna con una bassa affluenza del 37 per cento. La Lega nel Lazio fino a ieri sera andava sull’8 per cento, risultato non scontato, con punte in alcune realtà del 18, a conferma della validità della scelta salviniana di Lega nazionale.

In Lombardia ora il vicepresidente sarà di FdI, come i meloniani chiedono? Fontana: “Nessuno imporrà il suo punto di vista. Se ne parlerà a bocce ferme”. Maurizio Gasparri e Giorgio Mulè, due big azzurri, vicepresidenti di Senato e Camera: “Noi problemi? Li hanno Pd , Cinque Stelle e Terzo polo. Il centrodestra ha fatto cappotto”. “C’è un sentimento comune di fiducia verso il governo”, osserva il coordinatore azzurro, vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

È scontro, con rimpallo di accuse, invece, nel centrosinistra e tra Pd e Cinque Stelle. E dure polemiche pure interne allo stesso Pd, alle prese con il congresso, tra il candidato favorito Bonaccini e Goffredo Bettini con la vecchia guardia dei cosiddetti “migliori” che il governatore emiliano mette mirino delle accuse. Enrico Letta, pur ammettendo chiaramente la sconfitta, sottolinea che comunque il Pd è cresciuto e che Giuseppe Conte e il Terzo Polo non hanno realizzato granché. Conte contrattacca: “Hai poco da brindare”. Ma se vogliamo chiosarla alla maniera del tanto discusso Sanremo, si potrebbe dire, sulla scia del premio alla carriera a Peppino Di Capri: champagne, “io devo festeggiare la fine di un amore..”. Quando le canzoni si addicono anche alla politica.

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