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ELEZIONI

Il voto francese visto (con preoccupazione) da Berlino

Che cosa si dice e si scrive in Germania sui risultati delle elezioni francesi. C’è chi tifa per una soluzione Hollande.

Viste da Berlino, l’esito finale delle elezioni francesi permette un sospiro di sollievo e allo stesso tempo consegna motivi di nuova preoccupazione. La prospettiva di un governo sovranista, affidato alla guida del duo Marine Le Pen-Jordan Bardella, è scongiurata, e con essa l’idea di trovarsi alla guida del principale partner in Europa un partito competitivo, dai forti tratti nazionalisti. Ma il caos politico che una coabitazione Le Pen-Macron avrebbe potuto produrre non è affatto svanita e il rischio che il Tagesspiegel prospetta è proprio quello di “una lunga stagione di instabilità politica”.

LA SORPRESA DELLA GERMANIA PER LE ELEZIONI FRANCESI

Al di qua del Reno la parola che più ricorre sulla stampa tedesca questa mattina è sorpresa. Nessuno si aspettava un recupero di tale portata dell’estrema sinistra e neppure la tenuta del movimento di Emmanuel Macron, nonostante il meccanismo della desistenza preannunciato dai due fronti anti Rassemblement national avesse tranquillizzato l’establishment di Berlino sul pericolo dello sfondamento nazionalista. Ma il quadro incerto scaturito dal voto parigino disegna scenari magmatici che inquietano una Germania in crisi e in cerca di appigli solidi.

Tanto più che la complicata ricerca di nuovi e difficili equilibri politici rammenta quel che in piccolo potrebbe accadere da qui a due mesi in tre Länder tedeschi dell’est, dove a settembre si voterà per il rinnovo dei parlamentini regionali. In Sassonia, Brandeburgo e Turingia, l’annunciata vittoria degli ultra-nazionalisti tedeschi di AfD potrebbe costringere il resto dei partiti tradizionali a innaturali alleanze in nome dell’emergenza democratica: un po’ come può accadere in Francia.

Un governo che va dall’estrema sinistra ai conservatori (e traslato sul terreno tedesco dalla Linke alla Cdu) garantisce un cordone sanitario contro l’estremismo nazionalista, ma non certo un governo efficace.

ESTREMISMI FORTI, CENTRO DEBOLE

A raffreddare gli entusiasmi per lo “scampato pericolo francese” ci pensa infatti Michael Roth, presidente socialdemocratico della Commissione esteri del Bundestag ed esperto di politiche europee: “L’avanzata dell’estrema destra è stata fermata”, dice Roth sempre al Tagesspiegel, “ma è ancora troppo presto per dare il cessato allarme, perché i populisti nazionalisti di destra e di sinistra sono più forti che mai. E il centro è debolissimo. Emmanuel Macron ha quindi fallito clamorosamente. Il suo progetto politico prevedeva che il futuro del paese e dell’Europa non sarebbe più stato deciso da destra e sinistra, ma dal centro. In realtà, però, Macron ha fatto a pezzi il centro politico”.

Che un socialdemocratico parli di “nazionalismo o populismo di sinistra” è indicativo, e mostra una differenza di prospettiva (non è l’unica) tra la sinistra di governo tedesca e – ad esempio – la potenziale sinistra di governo italiana. Non c’è entusiasmo, tra i socialisti berlinesi, per il trionfo del Fronte popolare Jean-Luc Mélenchon: “Mélenchon è un antitedesco in tutto e per tutto”, chiosa Roth, “non è sostanzialmente diverso dalla signora Le Pen nelle sue filippiche antitedesche e antieuropee”. Oltre al binomio Rn-AfD (con tutte le differenze intervenute tra i due partiti nazionalisti fino a ieri alleati a Bruxelles), c’è uno spettro tedesco a sinistra anche per monsieur Mélenchon: è quello di Sahra Wagenknecht e del suo Bündnis (Bsw), che dopo aver esordito con successo alle elezioni europee si appresta a fare il pieno proprio nelle urne elettorali di Sassonia, Brandeburgo e Turingia.

Scenari incerti sono un veleno per il mondo economico e finanziario e la Francia è da tempo, almeno per quel che riguarda i suoi conti pubblici, un sorvegliato speciale. L’Handelsblatt dà voce a queste preoccupazioni: “Dal punto di vista dei mercati, un governo del Fronte Popolare porterebbe a una politica del debito”, scrive il quotidiano economico, “la Commissione di Bruxelles ha già avviato una procedura per deficit contro la seconda economia dell’Unione europea e a fine maggio l’agenzia di rating S&P ha declassato il merito di credito della Francia”. Per questo l’ipotesi di un paese guidato da Mélenchon fa agli industriali tedeschi paura quanto quella di una guida Le Pen:  “Sotto l’influenza dell’indomabile critico dell’Ue, l’alleanza di sinistra ha formulato un programma che, dal punto di vista tedesco, è altrettanto problematico nei confronti dell’Europa quanto le richieste del Rn. Il Fronte Popolare rifiuta le regole europee sul deficit e gli accordi commerciali. Inoltre, mette in discussione alcuni aspetti della legge europea sulla concorrenza”.

L’IPOTESI HOLLANDE

Il nuovo quadro politico mette Macron di fronte a una sfida inedita: quella di muoversi entro la cornice di una repubblica parlamentare, piuttosto che semi-presidenziale, quale è la tradizione francese. “In Francia né il sistema di governo né la cultura politica si basano sulle coalizioni, a differenza della Germania”, osserva ancora il quotidiano di Düsselford, “ma con queste elezioni, la Francia potrebbe diventare una democrazia parlamentare in cui diversi gruppi politici devono unirsi per formare una maggioranza di governo”.

Può funzionare? L’Handelsblatt sembra avere una ricetta da suggerire. Cita fonti politiche parigine per disegnare uno scenario che potrebbe tranquillizzare Berlino, almeno per un po’. Ed è il seguente: “Già ieri, in ambienti informati a Parigi, si ipotizzava che i socialisti potessero staccarsi nuovamente dall’alleanza di sinistra e formare una coalizione con l’Ensemble di Macron. Un nome che viene proposto come possibile primo ministro in questo caso è quello di François Hollande. Sarebbe il ritorno politico dell’anno. L’ex presidente socialista e predecessore di Macron è tornato alla politica attiva solo per le elezioni parlamentari e domenica è stato eletto deputato in un collegio elettorale della sua regione natale, la Corrèze”. Un ritorno al futuro che produrrebbe ulteriori smottamenti nel già fragile composto politico francese. Macron ha perso, poi giocato d’azzardo, forse vinto, ma ora tocca a lui mettere le mani in questo composto e tirar fuori una pietanza digeribile. Intanto ha dichiarato di volersi prendere tutto il tempo possibile. E a Berlino non resta che stare a guardare.

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