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Ecowas

Perché Mali, Niger e Burkina Faso usciranno dall’Ecowas

Mali, Niger e Burkina Faso minacciano l'uscita dall'Ecowas, la comunità politico-economica dell'Africa occidentale. La mossa potrebbe favorire la Russia di Putin. Tutti i dettagli.

Mali, Burkina Faso e Niger minacciano di uscire dall’Ecowas, il blocco politico-economico che raggruppa quindici Paesi dell’Africa Occidentale che aveva messo sotto sanzioni quei tre Paesi dopo che hanno subito a partire dal 2020 golpe militari gemelli. Una mossa che aggrava la tensione in un’area già piagata dagli attacchi jihadisti e da una penetrazione anche militare della Russia che inquieta l’Occidente. Ecco cosa è successo e le possibili ripercussioni di una decisione destinata soprattutto a erodere ulteriormente l’influenza esercitata storicamente qui dall’ex potenza coloniale francese.

L’annuncio

Con una dichiarazione congiunta trasmessa simultaneamente il 28 gennaio dalle reti Tv di Mali, Burkina Faso e Niger, e rilanciata anche su X, le giunte militari al potere in quei Paesi hanno annunciato il ritiro con effetto immediato degli stessi dalla Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale, meglio nota come Ecowas.

La risposta

A stretto giro l’’organizzazione che ha sede in Nigeria ha risposto dichiarandosi impegnata a trovare “una soluzione negoziata all’empasse politica” e affermando peraltro che nessuna notifica formale diretta del ritiro dei tre Paesi era stata consegnata a Abuja in un passo che necessiterebbe comunque di un anno per entrare in vigore.

Un lungo braccio di ferro

Un nuovo scossone si aggiunge a quelli degli ultimi mesi caratterizzati da un duro scontro tra il blocco formato nel 1975 per promuovere l’integrazione economica e la cooperazione degli Stati membri e tra capitali che a partire dal 2020 hanno conosciuto colpi di stato militari molto simili.

Ecowas aveva sospeso la membership di Mali e Burkina Faso sottoponendo i nuovi regimi a pesanti sanzioni e aprendo un fronte aggravatosi lo scorso luglio quando anche in Niger il generale Tchiani ha destituito il presidente Bazoum attirandosi, come ricordava allora sempre l’Ispi, la condanna della comunità internazionale.

Ma di fronte all’ennesima provocazione, l’Ecowas reagì duramente minacciando un’azione militare contro Niamey, spingendo le altre due capitali golpiste a promettere di intervenire a loro volta in difesa dell’alleato.

Riunite da allora nella “Alleanza degli Stati del Sahel”, le tre capitali hanno ripetutamente ventilato l’uscita dall’Ecowas mentre costringevano la Francia a ritirare i suoi ambasciatori e contingenti militari nella regione in un vuoto subito colmato sia politicamente che militarmente dalla Russia di Putin.

Una nuova presenza che, come ha ricordato l’ultima puntata del podcast di Start Magazine sull’attualità internazionale, proprio in questi giorni si sta rafforzando con il dispiegamento di uomini e mezzi alimentando, come sottolinea ancora l’Ispi, “il timore che l’attività dei gruppi armati oggi presenti in Niger, Mali e Burkina Faso possa diffondersi verso i paesi costieri del Golfo di Guinea finora relativamente stabili, come Ghana, Togo, Benin e Costa d’Avorio”.

Le dichiarazioni del premier nigerino

Come sottolinea Africanews, la decisione di Mali, Burkina Faso e Niger di uscire dall’Ecowas non ha sorpreso nessuno essendo nell’aria almeno dallo scorso luglio, ossia dal mese del terzo golpe nel Sahel.

Ieri il primo ministro burkinabe Kyélem de Tambèla ha giustificato la mossa del suo governo definendola “storica” e frutto di una “decisione attentamente ponderata” che è la naturale conseguenza della convinzione della giunta che l’Ecowas non è più un’alleanza necessaria come lo è invece quella del Sahel che ora unisce i tre Paesi golpisti.

“Invece che un Ecowas del popolo – ha spiegato il premier – l’organizzazione è diventata uno strumento tecnocratico che ha infine deviato dalle legittime aspirazioni dei popoli dell’Africa occidentale”.

“Inique sanzioni”

Ma è chiaro che a far precipitare tutto sono state quelle sanzioni Ecowas che un recente rapporto dell’International Crisis Group aveva invitato a “ricalibrare” in quanto le loro conseguenze sono avvertite soprattutto dalla popolazione civile.

Nell’annunciare domenica la propria exit, evidenzia il New York Times, le tre giunte avevano definito “illegali, illegittimi, inumani e irresponsabili” provvedimenti che vanno dalla chiusura dei confini terrestri e aerei, molto delicata nel caso di tre Paesi senza sbocchi al mare, dall’imposizione di una no-fly zone, dalla sospensione delle transazioni finanziarie fino al congelamento degli asset detenuti nelle Banche centrali dei Paesi Ecowas.

Ecowas che, è l’accusa rivolta dai golpisti, sta agendo “sotto l’influenza di potenze straniere”, ossia quella Francia, quegli Usa e quella Gran Bretagna che la popolazione locale prende abitualmente di mira sui social media.

L’Ecowas, ammoniscono i generali, sta “tradendo i suoi principi fondanti” e “gli ideali dei suoi padri fondatori” ed è diventata ormai “una minaccia per i suoi Stati membri e le loro popolazioni di cui dovrebbe assicurare la felicità”.

Pronostici

È ancora presto per predire come andrà a finire, e l’Ecowas ha già teso la mano dopo lo schiaffo ricevuto.

Ma c’è una cosa che possiamo sin d’ora affermare: l’ha detta alla Cbs Cheta Nwanse, analista nigeriano di SDM Intelligence, secondo il quale l’annuncio di domenica prelude “ad un ulteriore riduzione dell’influenza esercitata in Africa occidentale dalle due superpotenze tradizionali: la Francia e la Nigeria”.

C’è poi la realtà evidenziata dall’Ispi nel suo focus dedicato a questo caso: la rottura con il blocco “rappresenta una sfida senza precedenti nei confronti della massima autorità regionale, rappresentativa di alleanze tradizionali con gli Stati Uniti e l’Europa, da cui sempre più paesi africani mostrano di volersi emancipare e sancisce una profonda frattura all’interno di una regione già fortemente instabile come il Sahel”.

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