La guerra in Ucraina? Un vistoso errore strategico non solo della Russia ma anche della Cina, di cui Mosca agisce come vassallo. Un errore, soprattutto, che avvantaggia nettamente il blocco delle democrazie, finalmente compatte nel confronto a tutto campo con le potenze del capitalismo autoritario.
È l’analisi che Carlo Pelanda, analista, saggista e docente di Geopolitica economica all’Università degli Studi Guglielmo Marconi, fa di un conflitto che egli invita a vedere con le lenti diverse da quelle più popolari in questo momento.
Dal punto di vista della Geopolitica economica, infatti, questa guerra si trasforma, per una clamorosa eterogenesi dei fini, in una disfatta epocale per chi l’ha scatenata, e in una grande opportunità per l’Occidente e per il nostro Paese (ma non per l’asse franco-tedesco), ritrovatisi in una posizione convergente che conferisce loro un obiettivo vantaggio strategico nella sfida con Pechino e Mosca.
Per usare le parole di Pelanda, questa guerra è un grande “favore” che il proxy di Xi Jinping, Vladimir Putin, ha fatto a tutti noi.
Professore, siamo arrivati al punto che anche Finlandia e Svezia bussano alla porta della Nato. Non è proprio ciò che Putin aveva previsto, vero?
Già, a quanto pare non ci troviamo di fronte a un grande ufficio strategico. Anche se in sostanza non cambierà nulla perché Finlandia e Svezia erano già integrate nella Nato, si tratta di un passo politico importante perché formalmente questi due Paesi beneficeranno d’ora in poi dell’art. 5 della Nato secondo cui, come è noto, un attacco a qualunque membro dell’Alleanza costituisce un attacco all’Alleanza intera.
Un vistoso fallimento dunque, frutto di una strategia che altri hanno definito approssimativa.
I russi non hanno ragionato bene, visto che l’Unione europea ora, male che vada, si troverà a conquistare due terzi dell’Ucraina, mentre l’America si ritrova a rinsaldare l’alleanza con i Paesi dell’Est e la Gran Bretagna a consolidare il suo progetto strategico di essere il riferimento di un’alleanza baltica. Vista così, è evidente inoltre che il dominio franco-tedesco sull’Ue è quasi totalmente annullato, dato che Parigi e Berlino non stanno combattendo e sono anzi contrarie ai rifornimenti di armi all’Ucraina.
Pare un successo completo per gli Usa.
Siamo in quella direzione. È importante evidenziare che all’America interessa ora non che si arrivi alla pace, bensì a un congelamento del conflitto in Ucraina per erodere le risorse di Mosca, e puntare a una lenta destabilizzazione della stessa Russia, e anche della Bielorussia, rimanendo così in attesa delle inevitabili conseguenze che matureranno nel tempo.
Quindi paradossalmente l’interesse dell’America è che il conflitto si protragga?
Certamente. Del resto il conflitto vero non è con la Russia, ma con la Cina. Il confronto globale è tra Washington e Pechino. La Russia ha commesso un grande errore, quello di mettersi nella condizione di proxy della Cina, cioè di Xi Jinping. Putin non avrebbe mai fatto ricorso alla guerra cinetica senza contare sul sostegno di Pechino. Ecco perché la risposta giusta da parte dell’Occidente è, ripeto, congelare il conflitto in Ucraina puntando a uno scenario di tipo coreano, con la divisione tra Est e Ovest con la quale si vanificherebbero sia gli obiettivi di Mosca che quelli di Pechino. L’America ha tutto l’interesse a lasciare la Russia in uno stato di tensione permanente in Ucraina, soprattutto per impedire alla Cina – con la quale, come ho detto, è in atto il vero confronto – di raggiungere i suoi obiettivi.
(prima parte; la seconda parte dell’intervista sarà pubblicata domani)