Difficile, se non impossibile, che chi tra i Paesi Ue non accetterà o neppure darà segno di prendere in considerazione l’accordo di ieri a Malta sulla questione migranti si ritrovi poi gravato di sanzioni. Lo si è ipotizzato ieri, lo si è detto – anche con enfasi, sebbene misurata e contenuta – in conferenza stampa dopo il minivertice dei ministri dell’Interno di Italia, Francia, Germania e della stessa isola allargato al ministro dell’Interno della Finlandia, in quanto Paese con la presidenza di turno del Consiglio Ue, e al commissario europeo per gli Affari interni.
CHE COSA DICONO ALL’AGI LE FONTI DIPLOMATICHE
“Nel documento non c’è traccia di questo, non è scritto”, dicono all’Agi fonti diplomatiche, sottolineando invece la forza di due passaggi chiave come la rotazione volontaria dei porti di sbarco, o ‘place of safety’, e la redistribuzione in percentuale tra i Paesi Ue, percentuale che può variare a seconda del numero di quanti Stati aderiranno all’intesa.
I PAESI DI BANDIERA
Ma altrettanto importante, “se non decisivo”- dicono le stesse fonti – è il richiamo ai “doveri dei Paesi di bandiera” delle navi che intervengono in soccorso dei migranti. Doveri che si richiamano alla Convenzione di Montego Bay in fatto di salvataggio a mare.
IL RUOLO DI BRUXELLES
Nel documento di Malta firmato dai ministri Michael Farrugia (Malta), Luciana Lamorgese (Italia), Christophe Castaner (Francia) e Horst Seehofer (Germania) c’è poi il capitolo dedicato alla Commissione Ue, ovvero al ruolo che questa avrà “nella messa a punto di una strategia in materia di asilo e di rimpatrio” dei migranti soccorsi.
L’ACCORDO IN FIERI
È un accordo ‘in fieri’, un framework fatto di “punti qualificanti” che ora però dovrà passare al vaglio del vertice dell’8 ottobre a Lussemburgo, al cosiddetto GAI (riunione dei ministri di Giustizia e Affari interni dei Paesi comunitari), “nessuna pretesa che questo accordo di ieri sia intoccabile. Invece c’è la massima disponibilità a raccogliere indicazioni ed anche, se necessarie, integrazioni o modifiche. Vediamo cosa ne viene fuori”.
LE PAROLE DI LAMORGESE
Non a caso, infatti, il ministro Lamorgese aveva ricordato che “non è un pacchetto chiuso. Siamo pronti a considerare integrazioni”. Inoltre, “non ci sarà un elenco dei porti” dove far attraccare le navi che avranno soccorso i migranti, “non si può fare un elenco simile, perché non si può conoscere in anticipo la situazione di ciascun Paese nella disponibilità di ‘place of safety’. E non dimentichiamoci che un ‘place of safety’ può esserlo la stessa nave che soccorre, se si tratta di una unità adeguata”.
LA RICOLLOCAZIONE
Altro aspetto importante è quello relativo al Paese dove i migranti verranno ricollocati: “Conta a tutti gli effetti quel Paese, anche qualora le persone in questione dovessero allontanarsi da lì ed essere fermati o arrestati per reati in altri Paesi in giro per l’Europa: devono tornare laddove è stata fatta la registrazione, la banca dati che conta è quella dello Stato dove si è ricollocati e non più quella del Paese dove si è sbarcati. Nel momento in cui si definisce la ricollocazione, quel nominativo sparisce dalla banca dati del Paese dove c’è stato il primo arrivo”.
I TEMPI
Un passaggio questo che peraltro ieri il ministro dell’Interno italiano aveva evidenziato nelle dichiarazioni a margine della conferenza stampa sul bastione di Forte Sant’Angelo (Forti Sant’Anglu), a La Valletta. E quanto al tempo che intercorrerà tra primo approdo e ricollocazione, si è parlato di 4 settimane “ma questo non è un termine tassativo, è indicativo. Più facile, ed anche credibile dal punto di vista operativo, pensare a 6-8 settimane”, ci dice la stessa fonte diplomatica.
Estratto di un articolo pubblicato su agi.it