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Siria

Ecco i piani di Trump in Siria per il dopo Isis

L'articolo di Marco Orioles

“La riduzione del califfato fisico” – ha affermato il n. 1 del Comando Centrale Usa, gen. Joseph Votel, in un’audizione al Congresso – “è un risultato militare monumentale, ma la lotta contro l’Isis e l’estremismo violento è tutt’altro che conclusa. (…) Avremo bisogno – ha aggiunto Votel –  di mantenere un’offensiva vigilante contro questa organizzazione ora ampiamente dispersa e disaggregata che comprende leader, combattenti, facilitatori, risorse e naturalmente la sua ideologia tossica”.

CHE COSA HA DETTO IL CAPO DEL CENTCOM

Il monito del capo del CENTCOM riecheggia nella decisione di Donald Trump di mantenere in Siria almeno quattrocento soldati, che sconfessa l’ormai famoso annuncio presidenziale del dicembre scorso che comunicò il ritiro di tutti i militari da quel fronte. Rispondendo ad una lettera indirizzatagli da un gruppo di parlamentari di entrambi gli schieramenti, The Donald ha detto che ora è d’accordo “al 100%” a lasciare in Siria una presenza pur ridotta di soldati.  “Appoggiamo”, gli avevano scritto deputati e senatori, “una piccola forza di stabilizzazione in Siria”, che dovrebbe includere “un piccolo contingente di truppe americane e di forze di terra dei nostri alleati europei”, “essenziali” per “impedire il ritorno dell’Isis”.

LE PAROLE DI TRUMP

“Concordo al 100%”, risponde Trump: “tutto è stato fatto”. Alla fine di febbraio, la portavoce della Casa Bianca Sarah Sanders aveva dichiarato, senza entrare nel dettaglio, che un “piccolo gruppo di peace keeping di circa 200 uomini rimarrà in Siria per un certo periodo di tempo”. Successivamente, ufficiali dell’esercito avevano fatto sapere che questa forza residuale sarà due volte più grande di quella annunciata da Sanders.

COME CONVINCERE GLI ALLEATI

Adesso, per gli Usa, resta la parte difficile: convincere gli alleati a mantenere le loro truppe in Siria o ad inviarne di nuove. Funzionari dell’amministrazione Trump hanno dichiarato al Wall Street Journal che sono in corso colloqui con otto paesi europei, tra cui Francia e Gran Bretagna, per convincerli in tal senso. Il dispiegamento è considerato necessario anche per evitare che si inneschi il paventato scontro tra i curdi delle SDF e l’esercito di Ankara.

IL PIANO DEGLI STATI UNITI

Il piano su cui sta lavorando il governo americano prevede che le truppe Usa restino nella città di Manbij, nella Siria settentrionale, e vi conducano pattugliamenti congiunti con i soldati turchi. Un secondo contingente, basato a est della valle dell’Eufrate, implementerebbe la zona cuscinetto che separerebbe i curdi dai turchi. Un terzo gruppo di soldati americani opererebbe nella base di al Tanf, nella Siria meridionale, nel contesto di una campagna militare volta a centrare due obiettivi: impedire la risorgenza dell’Isis e ostacolare le manovre dell’Iran.

(estratto del Taccuino Estero di Marco Orioles per Policy Makerqui la versione integrale)

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