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Donald Trump

Ecco come Trump e Kim tornano a guerreggiare

Che cosa succede fra Stati Uniti e Corea del Nord? Il Punto di Marco Orioles

A poco più di due mesi dal secondo summit nucleare in cui, ad Hanoi, Donald Trump ha cercato – invano – di convincere Kim Jong-un a rinunciare al suo arsenale nucleare e balistico, Stati Uniti e Corea del Nord tornano a sfidarsi e non solo a parole, ma con i fatti.

L’escalation è avvenuta tra sabato 4 e giovedì 9 maggio, quando si sono registrati tre eventi che rischiano di portare al punto di partenza la clessidra della diplomazia. Interrompendo una moratoria durata 522 giorni, la Corea del Nord ha effettuato sabato 4 maggio alcuni test di armamenti. Secondo il comunicato del Ministero della Difesa della Corea del Sud, tra le 9:06 e le 9:27 ora locale Pyongyang ha lanciato numerosi razzi da 240 e 300 mm e testato un nuovo modello di arma tattica guidata.

“Lo scopo dell’esercitazione”, ha spiegato il comunicato del giorno successivo dell’agenzia di stampa governativa del Nord, KCNA,“era di consentire alle unità di difesa della linea del fronte e del fronte orientale di stimare e ispezionare la capacità operativa e l’accuratezza (…) di molteplici lanciatori di razzi a lungo raggio e di armi tattiche guidate”.

La Casa Bianca ha replicato prontamente, anche se con un certo imbarazzo, alla mossa del Maresciallo. A poche ore dai test, la portavoce del presidente Usa Sarah Sanders ha dichiarato che “siamo al corrente delle azioni della Corea del Nord” e che “continueremo a monitorare” la situazione “come necessario”.

Alle 15:42, quindi, è intervenuto – su Twitter, ovviamente – Donald Trump, ribadendo di avere fiducia nel suo interlocutore e che, a suo avviso, Stati Uniti e Corea del Nord stringeranno un accordo.

https://twitter.com/realdonaldtrump/status/1124670603179565056?s=21

Il giorno dopo ha detto la sua anche il Segretario di Stato Usa Mike Pompeo: i missili lanciati dalla Corea del Nord, ha dichiarato, erano “relativamente di corto raggio” e “non presentavano una minaccia agli Stati Uniti o alla Corea del Sud o al Giappone”.

Ma una verità ben diversa verrà a galla nei giorni successivi, quando gli esperti – analizzando le immagini satellitari dei test – giungeranno alla conclusione che l’arma tattica sperimentata dalla Corea del Nord presenta forti somiglianze con un modello di missile in dotazione alla Russia, l’Iskander. Il quale. essendo in grado di colpire obiettivi ad una distanza di oltre 150 miglia, rappresenta una minaccia seria alla difesa della Corea del Sud e delle truppe Usa stazionate nel Paese alleato.

In un servizio pubblicato giovedì, la radio pubblica americana NPR ha sentito il parere di diversi analisti. Secondo Jeffrey Lewis, ricercatore al Middlebury Institute of International Studies di Monterey, il missile testato dalla Corea del Nord rassomiglia anche al Grom-2 ucraino e all’ Hyunmoo-2 della Corea del Sud. Da chiunque la Corea del Nord abbia tratto ispirazione, una cosa è certa, sottolinea Lewis: questo missile è non solo più grande di quelli di cui si sapeva fosse in possesso, ma è un modello decisamente più avanzato.

Si tratta, anzitutto, di un missile di circa un metro di diametro. A differenza dei modelli già testati dalla Corea del Nord, utilizza combustibile solido: ciò significa che il combustibile viene caricato sul missile quando ancora si trova nel bunker fortificato e che, pertanto, l’ordigno può essere lanciato in gran rapidità e senza che gli occhi elettronici degli Usa e dei loro alleati abbiano il tempo di accorgersene.

Se si tratta davvero di un modello Iskander, osserva Michael Elleman, fisico e senior fellow all’International Institute for Strategic Studies, il vettore viaggia poi ad altitudini tali da rendere difficile una sua intercettazione da parte dei sistemi antimissile in dotazione ad Usa e Corea del Sud: troppo alte per i Patriot Usa e troppo basse per il sistema THAAD che l’America (suscitando l’ira di Pechino) ha messo a disposizione di Seul due anni or sono.

Ma c’è un ultima caratteristica dell’Iskander che non può essere sottovalutata: il missile può montare testate sia convenzionali che nucleari. “È possibile”, rileva infatti Elleman sulla base delle immagini disponibili, “che la loro bomba all’idrogeno possa essere montata su un missile di tipo Iskander”.

Il dibattito sul nuovo missile di Pyongyang si era appena aperto quando è arrivata la seconda provocazione: il lancio, avvenuto alla mattina di giovedì 9 maggio, di due missili a corto raggio. Qui possiamo vedere la “breaking news” via Twitter dell’agenzia di stampa della Corea del Sud Yonhap e quella, immediatamente successiva, dell’Agence France-Presse.

Il lancio, ha spiegato Yonhap, è avvenuto da un’area a nordovest della capitale Pyongyang e a 40 km circa da Sino-ri, la località dove sorge una base che ha in dotazione i missili a medio raggio Nodong. I vettori, che hanno raggiunto un’altitudine di 50 km, hanno viaggiato in direzione est per, rispettivamente, 270 e 430 km, prima di cadere nel Mar Orientale.

A presiedere al lancio ci sarebbe stato, secondo KCNA, Kim Jong-un in persona. Che ha dichiarato che “la genuina pace e sicurezza” della Corea del Nord “sono garantite solo dalla forte forza fisica capace di difendere la sua sovranità”.

La gravità della mossa di Pyongyang traspare dalla concomitanza con due avvenimenti che hanno avuto luogo nella stessa giornata in Corea del Sud: la visita dell’inviato speciale della Casa Bianca per la Corea del Nord, Stephen Biegun, e i colloqui trilaterali annuali sulla Difesa tra Usa, Corea del Sud e Giappone.

Donald Trump non ha potuto far altro che prendere atto della situazione. “Nessuno è contento di questo. (…) So che loro vogliono negoziare”, ha detto il presidente Usa, “ma non penso che siano pronti per negoziare. (…) Vedremo che succederà”.

È su questo sfondo preoccupante che gli Usa hanno fatto la loro contromossa. Giovedì il Dipartimento di Giustizia ha rivelato di aver sequestrato – in una prima assoluta – un cargo della Corea del Nord che ha cercato di esportare carbone in violazione delle sanzioni internazionali.

La nave si chiama “Wise Honest”, pesa 17 mila tonnellate ed è la seconda più grande della flotta di Pyongyang. È stata fermata in Indonesia nel luglio dell’anno scorso con il carico proibito. Le autorità di Giacarta hanno quindi accusato il capitano di violare la legge indonesiana fino a che, lo scorso luglio, è intervenuto l’ufficio del procuratore del distretto meridionale di New York che ha provveduto a sequestrare l’imbarcazione, che adesso si trova negli Usa.

La giustizia Usa accusa ora la Wise Honest di essere stata responsabile di uno schema fraudolento per esportare tonnellate di carbone estratto in Corea del Nord a vari Paesi stranieri e per importare macchinari, il tutto in violazione delle sanzioni. Quando è stata intercettata in Indonesia, si è scoperto che aveva cercato di occultare i dettagli dei suoi itinerari disabilitando il sistema di identificazione automatico, che non era attivo dall’agosto del 2017.

Non è tutto: tre banche americane, senza essere consapevoli che avrebbero violato le sanzioni, hanno effettuato pagamenti per il mantenimento, l’equipaggiamento e il miglioramento della nave.

Si tratta a questo punto di vedere se questi tre gravi sviluppi, avvenuti in rapida successione, riporteranno la sfida tra Corea del Nord e Stati Uniti al punto di partenza – riaprendo una crisi che ha generato profondo allarme nel mondo –  o se la macchina diplomatica con cui si sta cercando di trovare una soluzione al rompicapo nucleare del Regno Eremita continuerà a procedere.

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