skip to Main Content

Nato Ucraina

Ecco come la Nato potrebbe difendere l’Ucraina

La Nato è di fatto ingabbiata nell’escalation della Russia di Putin contro l’Ucraina. Ecco perché e cosa si potrebbe fare. L’intervento di Francesco D’Arrigo, direttore dell’Istituto Italiano Studi Strategici

Ogni giorno che passa, la guerra in Ucraina diventa una tragedia sempre più sanguinosa per il popolo ucraino, ma anche una minaccia più pericolosa alla sicurezza dell’Europa e del mondo in generale.

Il distruttivo attacco di Mosca alle istituzioni democratiche ucraine, gli indiscriminati bombardamenti contro la popolazione civile e la determinazione del presidente Volodymyr Zelens’kyj hanno galvanizzato la resistenza della popolazione ucraina, svegliato e ricompattato il mondo libero.

A Mosca, dopo l’uccisione di alcuni generali di spicco dell’armata russa e le perdite di numerose truppe tira una brutta aria tra i fedelissimi dello Zar del Cremlino, che avrebbe infatti iniziato le epurazioni tra gli uomini a lui più vicini, colpendo i vertici del Servizio di sicurezza federale (Fsb), i servizi segreti russi eredi del Kgb sovietico.

Una mossa che deriva dalla rabbia del leader moscovita per l’inaspettata reazione dell’Occidente e dalla degenerazione dello scontro di potere interno al regime, che fanno aumentare le probabilità che Putin faccia arrestare altri esponenti del suo governo, ritenuti responsabili del disfacimento della sua immagine e di quella della Russia.

Il leader del Cremlino, disinformato dai membri del Consiglio dei ministri della difesa, perché terrorizzati dalla paura di contraddirlo o perché in disaccordo con le sue decisioni, continuerà a prendere decisioni emotive ancora più violente e pericolose?

CHE RUOLO STA SVOLGENDO LA NATO?

La Nato ha come obiettivo anche quello di dissuadere attivamente, difendersi e contrastare l’intero spettro delle minacce in ogni momento – durante il tempo di pace, crisi e conflitti – a livello politico, militare e tecnologico.

L’Alleanza atlantica fino ad ora ha adottato una strategia incentrata sulla propria missione istituzionale difensiva e sulla necessità di evitare una pericolosa escalation della guerra che coinvolga i paesi membri.

I motivi per cui la Nato potrebbe intervenire a difesa sono limitati al caso di un attacco armato ad uno Stato alleato da parte della Russia, che farebbe immediatamente attivare l’articolo 5 del Trattato.

Tuttavia, la definizione di “attacco armato” è continuamente analizzata e rivisitata per adattarla allo sviluppo della natura delle ostilità e dai diversi ed innovativi domini di operazione.

Il Trattato originale non poteva certo prevedere un attacco a New York da parte di un’organizzazione terroristica con sede in Afghanistan, ma quella è stata la prima volta in cui l’articolo 5 è stato invocato e ha portato ad un dispiegamento decennale della Nato in Afghanistan, nonostante fosse un paese di limitato valore strategico e non confinante con alcun membro dell’Alleanza atlantica.

Successivamente, a seguito di continue analisi del mutevole scenario delle minacce all’interno del quale si deve dispiegare il mandato difensivo della Nato, al Summit di Brussels di giugno 2021 gli alleati hanno nuovamente modificato il concetto di “attacco armato”, includendo il cyberspazio come un dominio di operazioni in cui la Nato deve difendersi con la stessa efficacia con cui si difende in aria, a terra e in mare.

Le difficoltà di definire ciò che costituisce un “attacco armato” secondo le leggi internazionali, sono state affrontate e risolte nel caso di al-Qaeda per includere un attore non statale che perpetra un attacco terroristico. Nel caso della Russia, invece, che si è introdotta aggressivamente negli Stati della Nato attraverso sabotaggi cibernetici e interferenze nei processi democratici, l’aggressione non mai è stata considerata un fattore scatenante dell’articolo 5. Nel frattempo, Putin ha rafforzato ed esteso la sua proiezione sempre più penetrante contro le democrazie occidentali, ma da parte della Nato non vi è stata alcuna azione di deterrenza o reazione dissuasiva.

Nell’ambito dei tre compiti fondamentali della Nato: difesa collettiva, gestione delle crisi e sicurezza cooperativa, deterrenza globale e postura di difesa, il Trattato attualmente non prevede l’utilizzo della forza per scopi umanitari. Di conseguenza, la crisi umanitaria provocata dall’invasione russa dell’Ucraina, che sta costringendo milioni di persone a chiedere asilo agli Stati europei membri dell’Alleanza, non può innescare una reazione di difesa da parte della Nato, in quanto costituirebbe una escalation in assenza di un “attacco armato”.

La Nato deve però trovare una via d’uscita dalla trappola dell’escalation in cui l’ha imprigionata il Cremlino.

Adottare una politica di non intervento per paura di un’escalation rischia di danneggiare la credibilità della Nato e di minare il valore di ciò che rappresenta. A lungo termine, rischia anche di comprometterne la capacità di difendersi di fronte a qualsiasi Stato che minaccia l’uso delle armi nucleari.

La Nato dovrebbe utilizzare ogni forma di deterrenza per dissuadere la Russia, o chiunque altro, a provocare guerre ai suoi confini per prevenire crisi umanitarie come quella in corso contro i milioni di cittadini ucraini, costretti a fuggire dalle atrocità della guerra di aggressione russa. Questa responsabilità di proteggere la vita è molto sentita dagli Stati membri dell’Alleanza, per molti dei quali è centrale nella loro dottrina di politica estera. Gli Stati Uniti, l’Ue ed i loro alleati non possono assistere inerti alla distruzione di uno Stato democratico nel cuore dell’Europa, non è moralmente e politicamente sostenibile.

Oltretutto, essere incapaci di fermare l’espansione militare russa ai suoi confini danneggia la credibilità della Nato come baluardo contro le aggressioni.

Per il Cremlino, il successo dell’uso della deterrenza atomica come minaccia di un’escalation è la prova che la Nato non è in grado di fronteggiare le ambizioni di Putin, ma anche una prova di debolezza che la porterà sempre a rifuggire qualsiasi forma di ingaggio e il conflitto diretto con quegli Stati che hanno costruito, hanno testato, sono attualmente in possesso o lo saranno in futuro, di armi nucleari di qualunque tipo.

La Russia ed altre autocrazie nucleari si sentirebbero autorizzate a ripetere aggressioni espansionistiche altrove. Se non si riuscirà a fermare subito Mosca, si permetterà a Putin di continuare a presumere che può espandersi impunemente perché non scatenerà una reazione della Nato, lasciando i Paesi europei non appartenenti alla Nato ostaggi di una potenza minacciosa che ha la licenza di usare l’intimidazione e la violenza indiscriminata per perseguire i propri interessi. L’intimidazione è uno strumento privilegiato della politica interna ed estera di Putin, ben evidenziato dalle sue minacce nucleari e dalle performance del ministro degli esteri Sergei Lavrov. Mosca sta utilizzando la sua narrazione in modo aggressivo per acquisire un vantaggio strategico sulla Nato e per destabilizzare i cittadini europei, in particolare le popolazioni di orientamento russo che facevano parte dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

Putin ci sta conducendo verso una graduale ma inesorabile escalation, attento a non provocare una reazione da parte della Nato. Una escalation che potrebbe anche includere l’uso di armi di distruzione di massa da parte del suo esercito. Eventualità che deve essere assolutamente evitata e prevenuta, e se non sarà possibile prevenirla, a differenza di quanto avvenuto in Siria dovrà ricevere una adeguata risposta da parte della comunità internazionale e della Nato.

Per scardinare la trappola della escalation che sta imprigionando l’Occidente, è necessario adottare una nuova politica di intervento umanitario, che permetta di proiettare efficacemente la forza della Nato per proteggere la vita di milioni di cittadini ucraini. Questo non significa certamente entrare in guerra contro la Russia, ma la comunità internazionale deve urgentemente attivare un intervento umanitario a lungo termine, se necessario protetto da Forze di interdizione Nato e/o Onu.

Un quadro di intervento impegnativo ma necessario per evitare che l’esercito russo distrugga l’Ucraina città per città, come ha già fatto in Cecenia ed in Siria, senza che l’Occidente intervenga per fermare il massacro e la fuga dei civili.

Gli Stati Uniti, insieme all’Unione europea e alla Gran Bretagna, hanno imposto sanzioni senza precedenti alla Russia, che stanno paralizzando la sua economia e distruggendo i risparmi di milioni di russi a una velocità e una portata senza precedenti, ma le decisioni del Cremlino sono determinate esclusivamente dai rapporti di forza e dall’hard power, per questo l’Occidente deve dispiegare una immediata politica di deterrenza per affiancare e favorire il ritorno alla via diplomatica e per imporre un immediato cessate il fuoco.

Back To Top