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Riforma

Ecco come la Francia preme l’acceleratore sulla Difesa

Le Ministère des Armées di Parigi ha appena diffuso le cifre del progetto di Legge finanziaria 2023 dal quale risulta per l’anno prossimo una dotazione record per la difesa di 43,9 miliardi di euro. L'articolo di Pietro Romano estratto dall’ultimo di Aeronautica & Difesa 

La Francia procede spedita verso il traguardo del 2 per cento di spese militari sul prodotto interno lordo. E anche per il 2023 ha deciso di proseguire lungo questa strada, secondo una tabella di marcia imposta dal confermato presidente tecnocrate Emmanuel Macron già nel corso del suo primo quinquennato all’Eliseo. Ma a Macron, paradossalmente, sta offrendo una mano energica, più che la guerra in Ucraina e perfino gli impegni richiesti dalla Nato verso l’obiettivo, l’assenza di una maggioranza che lo sostenga in Parlamento. Il suo partito, Ensemble, è addirittura minoritario nell’emiciclo ma si misura con un fronte di opposizione tiepidamente (i Republicans, di destra moderata di derivazione gollista) o freddamente e piuttosto di facciata atlantista (il Rassemblement Nationale, populista di estrema destra) se non addirittura anti-Nato, come il variegato cartello di estrema sinistra Nupes. Un arco che non è d’accordo su niente (o quasi) tranne che su un sovranismo variamente sostenitore del rafforzamento militare del proprio Paese. Un arco che se accusa Macron su questo tema è solo per rinfacciargli una posizione ritenuta troppo filo-Usa. Magari anche troppo filo-Ue. E quindi non può che appoggiare la sua politica di rafforzamento (e spesa) militare.

DOTAZIONE RECORD

Le Ministère des Armées di Parigi ha appena diffuso le cifre del progetto di Legge finanziaria 2023 dal quale risulta per l’anno prossimo una dotazione record per la difesa di 43,9 miliardi di euro, con una crescita di circa 3 miliardi rispetto alle disponibilità dell’anno in corso. Un incremento significativo tanto più se si considera che dal 2019 a questa parte la dotazione finanziaria del dicastero con sede all’Hotel de Brienne è cresciuta regolarmente di 1,7 miliardi all’anno, in termini relativi combinati del 36 per cento. Un incremento che rappresenta un viatico per la prossima Legge di programmazione militare da presentare (e approvare) nel 2023, destinata a coprire il periodo 2024/2030 e ad adattarsi ai nuovi contesti strategici marcati dal ritorno della guerra in Europa ma soprattutto da una rimodulazione degli equilibri geo-politici e geo-economici mondiali. Ben superiore è poi l’importo comprensivo dei nuovi ordini già previsti per il 2023, che secondo alcune stime supererebbero nel complesso i 50 miliardi.

DATI SIGNIFICATIVI

I numeri annunciati per il 2023 dal neo-ministro delle Forze armate, Sebastien Lecornu, sono significativi sotto molteplici aspetti. Prima di tutto, una gran parte della spesa, pari a oltre 30 miliardi, è destinata a investimenti. Ammonta a tanto infatti la dotazione mirata all’acquisizione di nuovi dispositivi (per 25,6 miliardi) e alle spese di mantenimento in operatività del materiale esistente, troppo spesso stipato nei magazzini ma sostanzialmente inutilizzabile, un problema che può risultare esiziale per l’Europa in caso di guerra ed è comune alle Forze armate dei principali Paesi. Un aumento di 669 milioni è previsto per il monte stipendi, un riconoscimento destinato non solo a garantire un potere di acquisto ai militari e alle loro famiglie omogeneo rispetto agli anni precedenti, nonostante la rimarchevole crescita del costo della vita, ma pure a evitare la fuga dei quadri più qualificati verso impieghi più remunerativi e in genere meno pericolosi, un problema particolarmente sentito dall’aeronautica militare per piloti e manutentori di aerei ed elicotteri. Il ministero ha anche previsto nel prossimo anno di incrementare il personale, che attualmente conta 271mila effettivi, di cui 63mila civili, e nel 2023 peserà sui conti pubblici per circa 13 miliardi. Quindi le nuove assunzioni non serviranno solo a sostituire per intero il numero di quanti andranno in pensione (29.700 militari in totale) ma ad accrescere gli effettivi di 1.500 unità. E l’85 per cento delle nuove forze avrà meno di 25 anni, per accentuare la politica di svecchiamento degli uomini (e delle donne) in divisa.

ADEGUARE GLI ARSENALI

Scendendo nel dettaglio delle spese per la dotazione militare, nel totale sono compresi cinque miliardi per il mantenimento in condizioni operative delle attrezzature belliche; 4,7 miliardi per le infrastrutture digitali, in particolare quelle relative all’implementazione del progetto Scorpion, indirizzato a dotare l’Esercito di una piattaforma e di un sistema informatici riservati; 3,1 miliardi per rinnovare e accrescere le scorte di munizioni, sostanzialmente ridotte dalle forniture gratuite all’Ucraina; 1,7 miliardi di piccoli (ma non secondari) equipaggiamenti quali le nuove tenute di sicurezza da combattimento, i gilet para-proiettili, le maschere anti-batteriologiche; un miliardo per l’innovazione, tesa a rinforzare la capacità operativa delle Forze armate e l’autonomia strategica del Paese e dell’Unione europea, posto direttamente a disposizione dell’Agence de l’innovation de défense. Sono stati appostati, inoltre, 1,2 miliardi per proteggere i cittadini nella vita quotidiana proseguendo le operazioni Sentinelle che coinvolge 10mila effettivi e la piccola Héphaistos. Infine, è stato rinnovato l’impegno all’estero di ben 30mila militari dislocati in teatri operativi e basi militari.

PROGETTI & BENEFICIARI

Ma a quali mezzi militari e a quali industrie è destinato il grosso delle risorse finanziarie assicurate per il 2023 al Ministère des Armées nella Legge finanziaria francese? Insomma, quali sono i progetti che assorbiranno la gran parte delle risorse e chi beneficerà di questi investimenti? In cima alla lista è la prosecuzione (ulteriormente rafforzata) del rinnovo della flotta di aerei da combattimento. Nel 2023 sono attesi ordini per 42 nuovi velivoli Rafale, il prodotto di punta dell’industria transalpina, fiore all’occhiello del gruppo Dassault Aviation e traino al boom delle esportazioni di prodotti militari, ammontate nel 2021 a 11,7 miliardi di euro, il terzo miglior risultato della storia, dopo i 16 miliardi del 2015 e i 14 del 2016. Importante beneficiario di commesse militari statali è Airbus Helicopters al quale l’amministrazione francese chiederà 22 elicotteri cosiddetti di manovra. Tra i fornitori importante è il ruolo di Mbda, il gigante missilistico europeo incaricato di dotare le Forze armate di un lotto di missili di media gittata e di un lotto di missili da imbarcare sulle fregate della Marina militare. La Marina riceverà un secondo esemplare di sottomarino nucleare d’attacco della classe Barracuda realizzato dai cantieri di casa Dcns. L’Esercito sarà dotato di 264 veicoli blindati leggeri da un consorzio che include il produttore nazionale Nexter. E sempre di fabbricazione Nexter rilevante sarà anche la fornitura di cannoni Caesar, in parte destinata a rimpiazzare i numerosi esemplari donati da Parigi all’Ucraina.

VERSO IL 2030

Acquisita la crescita record per il 2023, lo sguardo è puntato al 2030. Già dall’estate al Ministère des Armées si lavora alla nuova Legge di programmazione militare. L’obiettivo del ministro Lecornu, dei militari e a vario titolo di una parte consistente del mondo politico è quello di arrivare entro il 2030 a destinare al budget militare il 2 per cento del Pil. Per giungere a questo traguardo, più o meno lasciando a bocce ferme la produzione di beni e servizi transalpina, Lecornu chiede che la spesa complessiva in questo arco di tempo sia non inferiore ai 400/410 miliardi mentre i militari puntano a quota 430 miliardi. Non sono dello stesso parere, però, i tecnici del Ministére de l’Economie, des Finance et de la Souveraineté industrielle et numérique, guidato da Bruno Le Maire. A parere del titolare del dicastero la situazione economica si presenta al momento tale che l’impegno totale non può superare i 377 miliardi. Dalla sua parte il “partito militare” sembrerebbe avere anche Macron. Il presidente francese sarebbe consapevole che sempre più nei prossimi anni la partita si allargherà a nuovi campi, dal cibernetico allo spaziale, che richiedono cospicui investimenti ma garantiscono anche una ricaduta duale tale da favorire il rafforzamento della sovranità industriale, cui la Francia nel suo complesso – e quindi non solo il “partito militare” o i sovranisti di destra e di sinistra – tiene giustamente molto.

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