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Banchieri Brexit

Ecco come il Regno Unito si prepara all’imminente Brexit. Il Punto di Meloni

Tutte le ultime novità dal Regno Unito sulla Brexit nel Punto di Daniele Meloni

Un enorme orologio puntato su Downing Street a scandire il countdown, una nuova moneta da 50 pence per commemorare l’evento e il discorso alla nazione del premier, Boris Johnson: così il Regno Unito si prepara a dire addio all’Unione Europea dopo 47 anni di permanenza alle 23 – ora di Greenwich – del 31 gennaio prossimo.

Manca ormai pochissimo. Questa settimana il Withdrawal Agreement Bill (WBA) terminerà il suo esame alla Camera dei Lords per poi fare il suo passaggio definitivo ai Comuni dove non è in dubbio la sua approvazione: i Tories hanno una maggioranza tale da poter restare tranquilli e, come ha detto ironicamente la parlamentare di Maidenhead, Theresa May, è “bello vedere un gruppo così coeso che si schiera nella stessa lobby per votare Sì”. Johnson sta preparando il suo intervento in Aula e, come già esposto, quello alla nazione. È molto probabile che il premier tocchi temi più politici ai Comuni dove sarà incalzato dalle opposizioni, e si presenti come One Nation di fronte ai cittadini britannici. Il senso del suo intervento sarà: ho portato a termine la Brexit, essa rappresenta una straordinaria opportunità per la nuova Global Britain. Ma Johnson parlerà anche dei futuri rapporti con l’Ue sottolineando l’amicizia e la cooperazione che prevarrà anche in futuro, gettando così un amo ai tanti remainer che sognavano il sovvertimento del referendum del 23 giugno 2016.

Fin qui viaggio a vele spiegate per BoJo e la sua maggioranza. Poi comincerà la fase 2 dell’uscita dall’Ue, con la trattativa tra Londra e Bruxelles per il Free Trade Agreement (FTA), l’accordo di libero scambio. Nel week-end il Cancelliere dello Scacchiere, Sajid Jadiv, ha affermato in un’intervista al Financial Times che il Regno Unito non applicherà più le stesse norme dell’Unione in diversi settori post Brexit, esortando il mondo del business ad adattarsi alle nuove disposizioni. “Il ministero del Tesoro britannico – ha detto Javid – non sosterrà quei business che cercheranno di restare allineati all’Ue, questo deve essere chiaro”. La reazione di chi si è sentito più colpito dalle sue parole non si è fatta attendere. La Drink and Food Federation ha avvertito che se le parole del Cancelliere fossero vere ci sarà un aumento dei prezzi di cibi e bevande nei supermercati britannici, mentre la Confindustria Britannica (CBI) ha affermato che l’allineamento con le norme Ue permetterebbe alle aziende di salvare centinaia di posti di lavoro. Non è la prima volta che l’associazione di categoria degli imprenditori Uk si espone contro la Brexit per il timore che nell’accordo commerciale con l’Unione a rimetterci sarà proprio il mondo delle imprese. Finora queste preoccupazioni si sono rivelate piuttosto infondate.

Johnson deve anche fronteggiare i timori degli Home Countries, e, in particolare, quello della Scozia. Ieri il ministro per il Business scozzese, Michael Russell (SNP), ha rilasciato un’intervista al quotidiano indipendentista The National, affermando che Scozia, Galles e Irlanda del Nord sono state escluse dai tavoli di discussione per i nuovi accordi e che poiché le nuove norme influiranno anche sulle economie locali non se ne capisce la ragione. Pronta la replica del governo con il ministro per l’Uscita dall’Unione europea, Stephen Barclay, che è stato tranciante: “il settore commerciale è in capo al Parlamento di Westminster che agisce negli interessi di tutti i paesi del Regno Unito”. La sensazione è che i nazionalisti scozzesi stiano usando la Brexit per rinfocolare la loro battaglia per l’indipendenza dopo che lo stesso premier ha negato alla First Minister scozzese, Nicola Sturgeon, la possibilità di indire un nuovo referendum dopo quello – fallito – del 2014.

Infine, il Big Ben: suonerà o non suonerà alle 23 per la Brexit? Il crowdfunding è in corso: servono 500mila sterline perché l’orologio più famoso del mondo faccia “bong”, come dicono da quelle parti. Undici “bong” a 45mila sterline l’uno. Non proprio a buon mercato. Il discusso miliardario pro-Brexit, Arron Banks, ha già donato 50mila sterline. Anche in questo caso – è proprio il caso di dirlo – sarà una corsa contro il tempo.

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