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Giuseppe Conte

Draghi scaricherà Conte?

Che cosa succede fra Conte e Draghi? I Graffi di Damato

 

Mentre sulla “linea del fuoco” in Ucraina, come la chiamano al manifesto, si apre forse uno spiraglio con i segnali giunti al Vaticano dall’ambasciata russa sulla disponibilità di Putin, finalmente, all’incontro propostogli dal Papa una quarantina di giorni fa, si apre in Italia un’altra linea di fuoco tutto politico, per fortuna, senza bombe e sangue.

Ad aprire questo fuoco virtuale è stato addirittura un uomo dai nervi abitualmente saldi come il presidente del Consiglio Mario Draghi. Che, stanco del comportamento del suo predecessore Giuseppe Conte, con un piede nella maggioranza e nel governo e l’altro fuori sui temi economici, sociali e di politica estera, nonostante la presenza d Luigi Di Maio alla Farnesina, ha deciso di accettare e rilanciare la sfida. Forse egli si è davvero convinto, come gli attribuisce un retroscena della Stampa, che a questo punto convenga accorciare la campagna elettorale in corso e la durata di questa tormentatissima legislatura anticipando all’autunno il rinnovo delle Camere. Così finalmente i pentastellati potranno regolare i conti al loro interno, senza scaricare le tensioni sul governo, e tornare in Parlamento a ranghi più ridotti, senza la “centralità” conquistata nelle elezioni del 2018.

Il guaio – l’unico forse della partita-  è che un anticipo delle elezioni politiche condannerà assai probabilmente i partiti a tenersi la legge elettorale in vigore, che consente o favorisce, come preferite, col sistema maggioritario la formazione di alleanze artificiali. Che poi, dopo le elezioni, si sfaldano e contribuiscono anche dall’opposizione ad aumentare la confusione e a rendere il Paese ingovernabile.

Una prova è stata data in questa legislatura dal centrodestra, dove all’opposizione sono rimasti sempre i fratelli d’Italia di Gorgia Meloni, mentre forzisti di Silvio Berlusconi e di Matteo Salvini sono stati per un pò fuori e per un pò dentro il governo, ma su posizioni diverse, come nel caso della politica estera e, più in particolare, della guerra in Ucraina. Su cui Salvini fa concorrenza a Conte nel contestare la linea fortemente atlantica di Draghi. Che può contare in Parlamento, sempre su questi temi, più sull’opposizione di destra, o “conservatrice”, come adesso Meloni preferisce chiamarla, che sulla maggioranza. Un vero casino, scusate la parolaccia ormai entrata nel linguaggio ordinario anche dei più raffinati salotti, televisivi e non.

Il teatro, diciamo così, scelto da Draghi per accettare e rilanciare la sfida, in particolare, dei grillini è stato addirittura il Parlamento Europeo. Dove il presidente del Consiglio – appena costretto a Roma a subire il no dei ministri pentastellati ad un decreto di aiuti per 14 miliardi di euro ai più bisognosi – è andato a descrivere i danni che sta procurando all’economia nazionale il famoso bonus voluto dai grillini per il rifacimento delle facciate degli edifici.

Sempre a Strasburgo ma su un altro tema, quello della guerra in Ucraina, scelto dai grillini per distinguersi da Draghi – sino a chiamarlo a rapporto a Montecitorio prima che vada il 9 maggio a Washington per incontrare il giorno dopo il presidente americano alla Casa Bianca – il presidente del Consiglio ha fortemente ribadito la scelta di aiutare militarmente gli ucraini a salvare la loro libertà, sovranità e democrazia minacciata dai russi. Ed ha ammonito a non mettere sullo stesso piano gli aggressori e gli aggrediti, Putin e Zelensky.

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