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Giorgetti

Draghi fra Putin, Biden, Salvini e Berlusconi

Cosa fa e cosa dice Draghi. I Graffi di Damato.

 

Se Silvio Berlusconi è arrivato felice a Rotterdam per il primo summit del Partito Popolare Europeo dopo l’epoca di Angela Merkel, in vista del congresso di novembre nella stessa città, Mario Draghi ha lasciato altrettanto felice Bruxelles dopo il Consiglio Straordinario Europeo che aveva faticato ad aprirsi con prospettive d’intesa nella difficile congiuntura della guerra in Ucraina.

Berlusconi già su di corda per i successi delle sue squadre di calcio -il Milan rimastogli nel cuore, per quanto non ne sia più proprietario, e il Monza promosso in serie A- è approdato nella famosa città olandese sollevato dai dubbi sparsisi in Italia, ma diffusisi rapidamente anche all’estero, di un suo riavvicinamento al vecchio amico Putin per avere formulato critiche ai troppi o troppo esibiti aiuti occidentali all’Ucraina aggredita dalla Russia.

Il fatto che anche il presidente americano Joe Biden in persona abbia in qualche modo frenato su questi aiuti, negando a Kiev i razzi in grado di colpire il territorio russo, e necessari alla controffensiva desiderata dal presidente ucraino Zelensky, ha tolto Berlusconi dall’imbarazzo o dalla paura di sentirsi rimproverare anche a Rotterdam, come ha fatto in Italia la ministra forzista Mariastella Gelmini, di scostarsi dalla tradizionale linea atlantista dei popolari continentali.

Draghi, dal canto suo, è riuscito al Consiglio Europeo a far varare, bene o male, un altro pacchetto di sanzioni contro la Russia e a far mettere nel cantiere della Commissione di Bruxelles il limite al prezzo del gas da lui sollecitato da tempo.

Sugli aiuti militari a Kiev il presidente del Consiglio italiano non ha mostrato di temere indebolimenti della posizione dell’Ucraina, da lui fortemente sostenuta, per effetto dei limiti posti all’improvviso da Biden. Egli, evidentemente al corrente di notizie più complete rispetto a quelle di chi lo ha immaginato in difficoltà, continua a ritenere che Putin non debba e non possa vincere – o non possa vincerla come sperava- la partita da “macelleria” aperta contro il paese confinante: macelleria come l’ha vista e denunciata anche Biden. “La linea del G7 e dell’Unione Europea non cambia”, ha detto Draghi parlando proprio degli aiuti militari all’Ucraina e mandando così un messaggio in Italia anche al suo predecessore Giuseppe Conte. Che ritiene invece di poterlo mettere in difficoltà proprio su questo in Parlamento nel voto che precederà la sessione del Consiglio Europeo del 23 giugno.

Prima di quella data, peraltro, Conte potrà avere nuovi e ancora più scomodi problemi nel MoVimento 5 Stelle per i risultati, che non si prevedono esaltanti, del primo turno delle elezioni amministrative, il 12 giugno.

Non si trova in migliori condizioni l’altro partito maggiormente sofferente, o insofferente, come preferite, della maggioranza che è la Lega. Al cui leader Matteo Salvini – pronto qualche giorno fa a partire per un viaggio a Mosca preparato con un consigliere sul quale il Comitato parlamentare di sicurezza ha chiesto notizie e chiarimenti al capo dei servizi segreti- Draghi ha sollecitato “trasparenza” nelle sue iniziative internazionali. Che non possono evidentemente contrastare con quelle del governo, come del resto avevano ammonito esponenti della stessa Lega, a cominciare dal capo della delegazione ministeriale Giancarlo Giorgetti.

Neppure sul fronte delicato dell’economia, cui egli tiene per la sue vecchie ed apprezzate competenze, il presidente del Consiglio si mostra allarmato. Nonostante le preoccupazioni appena espresse dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco sul livello dell’inflazione, che potrebbe generare la solita rincorsa con i salari già sperimentata rovinosamente dall’Italia negli anni passati, Draghi ha potuto consolarsi col pur modesto aumento – lo 0,1 per cento- del prodotto interno lordo nel primo trimestre del 2022, che invece si prevedeva in flessione.

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