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Israele

Disoccupazione, debito e non solo: tutti i problemi economici di Israele

Il Pil scende, la disoccupazione sale insieme alle spese militari. Mentre si concentra nella lotta ad Hamas, Israele deve fare i conti con molti problemi economici. Numeri e dettagli.

Pil in flessione, boom della disoccupazione, deficit verso il 5%, nuovo debito e un budget 2024 ritoccato all’insù insieme alle spese militari. Sono solo alcune delle conseguenze economiche per Israele di una guerra che, tra le altre cose, ha privato dall’oggi al domani molte aziende della loro forza lavoro composta da quei riservisti ora richiamati alle armi e da quei palestinesi cui dallo scorso 7 ottobre non è più consentito sconfinare. Ecco una radiografia degli altri problemi che Tel Aviv è chiamata ad affrontare mentre concentra tutte le sue forze nella lotta contro Hamas.

Contrazione del Pil

Come mostra il report di un importante centro di ricerca israeliano citato dal New York Times, l’economia del Paese brutalmente aggredito da Hamas il 7 ottobre e impegnato da allora in una guerra senza quartiere contro i terroristi si contrarrà nell’ultimo trimestre del 2%, a causa soprattutto delle centinaia di migliaia di lavoratori mobilitati in quanto riservisti o che hanno perso il loro impiego.

Emorragia di lavoratori in Israele

Ben 360.000 riservisti sono stati richiamati a ottobre, un numero non lontano da quelli che furono chiamati alle armi nel 1973 nel contesto di quella che passò alla storia come la guerra dello Yom Kippur.

Dal documento stilato dal Taub Center for Social Policy Studies emerge che più del 20% della forza lavoro israeliana è uscita dal mercato del lavoro a partire da ottobre, in un dato da comparare con il tasso di disoccupazione al 3% registrato prima che iniziassero i combattimenti.

L’impennata della disoccupazione, scrive il Nyt, è il riflesso del fatto che ben 900.000 israeliani sono stati chiamati al fronte oppure sono rimasti a casa per accudire i figli mentre le scuole del Paese restavano chiuse o anche sono stati costretti ad evacuare dalle loro città o villaggi ai confini con Gaza e con il Libano oppure, ancora, non sono semplicemente più in condizione di lavorare a causa delle sofferenze fisiche o psicologiche.

Boom della disoccupazione

Sono oltre 190.000 gli israeliani che dal 7 ottobre hanno fatto domanda per ricevere i benefit riservati ai disoccupati, e una grande maggioranza è composta da persone che hanno lasciato il lavoro in modo forzato.

Molte di queste persone hanno dovuto abbandonare improvvisamente le loro esistenze, mettendo in seria difficoltà i datori di lavoro a tutt’oggi ancora non raggiunti da tutte le misure di assistenza finanziaria varate o promesse dal governo.

Secondo il Taub Center un quinto circa degli occupati delle imprese grandi e medie sono stati mobilitati, e questo tipo di aziende – definite dal fatto di avere almeno cento addetti – impiega più della metà del totale della forza lavoro del Paese.

Particolarmente colpiti dalla carenza di manodopera sono i settori del turismo, delle costruzioni e dell’agricoltura, negli ultimi due casi molto dipendenti dalla disponibilità di quei lavoratori palestinesi che dal 7 ottobre entrano in Israele solo col contagocce.

Non sono solo aneddotica i numerosi volontari israeliani attualmente impegnati nella raccolta di frutta e verdura forzosamente disertata dai palestinesi.

Nuovo budget. Nuove spese

È in questo contesto drammatico che va inserita la notizia rilanciata anche da Bloomberg: il budget per il 2024 presentato al Parlamento israeliano dal Ministero delle Finanze passa dai 513 miliardi di shekel previsti a maggio agli attuali 562 miliardi, di cui 30 allocati per la difesa.

Il Ministero ha previsto inoltre un ulteriore stanziamento di 10 miliardi destinato a coprire le spese per voci come la ricostruzione degli insediamenti distrutti il 7 ottobre, l’evacuazione da quei villaggi al sud e da quelli al confine nord di circa 120.000 persone, nonché le maggiori spese per i servizi di sicurezza.

Il calcolo del dicastero si fonda sull’assunto che i combattimenti ad alta intensità nella Striscia di Gaza termineranno nel primo trimestre del 2024, decurtando così le spese in costosi missili e permettendo la smobilitazione di almeno una parte dei riservisti.

Il nuovo budget tiene conto anche di ridotte entrate fiscali stimate in circa 35 miliardi causate dal rallentamento dei consumi privati e dai minori introiti generati dalle tasse sulle imprese e sugli immobili.

Anche per questi motivi sono stati previsti 4 miliardi di ulteriori spese per il servizio del debito e un deficit compreso tra il 4,5% e il 5 del Pil.

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