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Scholz

Difesa, effetti e conseguenze della svolta tedesca sulle spese militari

Numeri e implicazioni sulla decisione del cancelliere tedesco di istituire un fondo una tantum da 100 miliardi di euro per la Difesa. L'analisi di Elio Calcagno per Affarinternazionali

Pochi giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il cancelliere Olaf Scholz aveva annunciato in Parlamento che la Germania stava per intraprendere un processo di forte potenziamento delle sue forze armate. Questa mossa inaspettata da molti dovrebbe portare il Paese a spendere per la difesa almeno il 2% del Pil entro il 2024. Inoltre, il governo istituirà un fondo una tantum da 100 miliardi di euro per il rinnovamento delle forze armate tedesche.

PRIMA DELLA GRANDE SVOLTA

Se si tratta di una svolta epocale per la Germania, lo è altrettanto per l’Europa, per una serie di motivi sia storici che politici. Trent’anni fa, con la caduta del muro finiva infatti la percezione della minaccia militare da parte dell’Unione Sovietica. Iniziava quindi una fase – durata fino alla prima aggressione russa del 2014 ai danni dell’Ucraina – durante la quale Berlino ha fondamentalmente trascurato lo stato delle sue forze armate. Questa situazione ha spinto gli addetti ai lavori in Germania a lamentare gravi lacune nelle capacità militari, sia nei materiali che nel personale.

Il 24 febbraio di quest’anno, all’alba dell’invasione russa, il capo di Stato maggiore delle forze armate tedesche scriveva pubblicamente dal suo profilo di LinkedIn che le forze armate al momento non dispongono dei mezzi necessari per attuare il loro mandato costituzionale o nemmeno per adempiere agli impegni presi all’interno della Nato.

Questa situazione è confermata anche dal rapporto annuale del 2020 della Commissione parlamentare tedesca per le forze armate. Secondo il documento la scarsità di risorse e la bassa prontezza operativa erano tali da avere un impatto negativo sul morale delle truppe. Anche in termini di personale vi sono grandi difficoltà. Le forze armate contano decine di migliaia di posti non riempiti, il che causa ulteriori problemi alla prontezza dello strumento militare tedesco.

I NUMERI DELLA SPESA MILITARE

La spesa per la difesa nell’ultimo decennio è cresciuta in tutto il mondo, anche se più lentamente in alcuni Paesi (come l’Italia e, fino a un mese fa, la Germania), e a ritmi decisamente più serrati per altri, come in Cina, dove è raddoppiata negli ultimi 10 anni. Prima della guerra in Ucraina la Germania era il secondo paese in Europa per spesa militare in valore assoluto dopo la Gran Bretagna, collocandosi poco sopra la Francia, in virtù del maggiore Pil tedesco.

I numeri aiutano a comprendere la portata del cambio di marcia di Berlino. Nel 2021 la Germania spendeva per la difesa l’1,5% del Pil, ovvero intorno ai 50 miliardi di euro. Ipoteticamente, raggiungendo il 2% nel 2021 Berlino avrebbe dovuto spendere più di 75 miliardi di euro, scavalcando Londra e staccando di molto Parigi.

Un’accelerazione così repentina avrà risvolti ben visibili anche a livello globale, con una Germania che potrebbe diventare il terzo paese al mondo per spesa militare (almeno partendo dalle cifre di oggi). Inoltre, al contrario di Francia e Regno unito, la Germania non deve indirizzare una parte importante del suo budget verso il mantenimento di un deterrente nucleare autonomo, completo anche di sottomarini nucleari. Questo, per esempio, costa a Londra quasi tre miliardi di euro all’anno. In termini di forze convenzionali, perciò, la potenziale leadership tedesca sarebbe ancora maggiore.

I RISVOLTI SULL’INDUSTRIA EUROPEA DELLA DIFESA

Tornando all’Europa, è ipotizzabile che questo cambio di marcia tedesco possa nel lungo termine contribuire a spostare il baricentro politico dell’Europa della difesa che al momento tende più verso Parigi rispetto a Berlino sul lato sia militare che industriale.

Ad esempio, l’accrescimento del bilancio della difesa tedesco potrebbe cambiare i rapporti di forza tra l’industria francese e tedesca per quel che riguarda il programma congiunto sul Main Ground Combat System, e quello sul futuro velivolo da combattimento nel caso Berlino decida di investire ancora di più nelle proprie quote di partecipazione.

Seguendo a ruota il cambio di rotta sulla spesa militare difesa, la recente, ufficiale scelta tedesca di sostituire la sua flotta Tornado con gli F-35 costituisce già di per sé una mossa non molto gradita a Parigi in quanto rafforzerebbe ulteriormente la presenza americana sul mercato europeo della difesa.

Non si può poi escludere che questo nuovo canale fra Berlino e Washington, fondamentale per quanto riguarda la cooperazione in ambito Nato sul deterrente nucleare alleato, possa rendere più difficoltosa la collaborazione in ambito Fcas. L’F-35 vola già nelle forze aeree di Regno Unito e Italia, insieme agli Eurofighter prodotti da Berlino, Londra, Madrid e Roma. ed è in via di acquisizione da Belgio, Danimarca, Finlandia, Olanda, Norvegia e Polonia (nonché Svizzera). L’ingresso della Germania tra i Paesi che impiegheranno gli F-35 avrà un effetto in termini di interoperabilità, addestramento, esercitazioni, e quindi esperienze operative, tecniche e dottrinali acquisite in questo ambito da parte dei militari tedeschi a fianco dei colleghi europei e americani – ma non di quelli francesi.

UN PERCORSO DIFFICILE PER LA GERMANIA…

Bisogna riconoscere che un aumento della spesa militare importante come quello voluto dal governo tedesco non sarà facile da gestire né per il ministero della difesa né per le forze armate. Anche in Germania, i fondi allocati alla difesa che non vengono spesi entro la fine dell’anno fiscale devono essere sostanzialmente restituiti al bilancio complessivo dello Stato, rendendo più difficile il completamento di progetti relativi alla difesa in quanto molti hanno un orizzonte pluriennale o addirittura decennale.

La decisione del governo tedesco di inserire il fondo da 100 miliardi nella Costituzione è dovuta proprio a questa problematica, poiché lo renderebbe a tutti gli effetti un fondo pluriennale, immune ad eventuali restituzioni e quindi più flessibile nel suo impiego su grandi programmi di procurement.

È dunque chiaro che questo grande e repentino incremento di fondi per la difesa non potrà automaticamente e subito tramutarsi in nuove capacità per le forze armate tedesche. Berlino ha davanti a sé l’arduo compito di far sì che questi fondi vengano assorbiti dallo strumento militare in modo coerente con nuove strategie e obiettivi ben definiti, sia per le forze armate sia per una Germania che vuole diventare una potenza militare in grado di far fronte nel quadro Nato ed Ue ad un mondo sempre meno sicuro.

… E LE IMPLICAZIONI PER L’ITALIA

Quello tedesco sarà un processo di rinnovamento che l’Italia dovrebbe osservare con attenzione, perché apre nuove dinamiche sia per l’Europa della difesa sia per la cooperazione bilaterale e mini-laterale da parte di Berlino. Un motivo in più per l’Italia – di fronte alla minaccia alla sicurezza europea portata dalla guerra russa per impostare un suo percorso di sviluppo dello strumento militare – iniziato con la mozione votata quasi all’unanimità dalla Camera dei deputati il 16 marzo – che sia adeguato agli interessi nazionali, al quadro euro-atlantico, e alle disponibilità economiche del Paese.

 Articolo pubblicato su affarinternazionali.it

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