Nell’Italia della “occupazione da record senza boom economico”, secondo la rappresentazione di Avvenire, il giornale dei vescovi, e nell’estate più pazza del mondo, come molti l’hanno definita sotto tutti i punti di vista, Matteo Renzi ha deciso, o tentato, di riprendersi la scena proponendo anche formalmente in Senato l’elezione diretta del presidente del Consiglio in veste di sindaco d’Italia. Come dice lui che a suo tempo lo fece a Firenze, prima di scalare il Pd e Palazzo Chigi perdendo alla fine entrambi. “Pochi consensi, grandi mosse. Renzi è tornato”, hanno titolato in un piccolo richiamo di prima pagina La Nazione della sua Firenze, appunto, e gli affiliati Giorno e Resto del Carlino.
LA LITTLE ITALY DI MELONI
Il Giornale della famiglia Berlusconi, pur ridotta dalla maggiore partecipazione della famiglia Angelucci, ha visto e indicato nella iniziativa di Renzi una “strizzata d’occhio ai “fratelli d’Italia” di una Giorgia Meloni tornata dai fasti della Casa Bianca alle miserie della “little Italy” indicate ieri dalla Stampa e riprese oggi anche da altri giornali. Fra i quali naturalmente ha cercato di distinguersi il solito Fatto Quotidiano con l’altrettanto solito fotomontaggio su una Meloni sempre sorridente, come nella campagna elettorale dell’anno scorso, ma non più pronta a “risollevare l’Italia”. Che è precipitata secondo i grillini nella povertà dalla quale essi l’avrebbero tirata fuori nel 2018 e anni successivi sforando i vincoli europei, introducendo il reddito di cittadinanza oggi sottratto da un minimo di 169 mila a un massimo di 240 mila famiglie e tagliando seggi parlamentari.
RENZI, CALENDA E GLI INCONVENIENTI IN CASA
Come accade peraltro in tutte le famiglie politiche, anche Renzi con la sua piccola Italia Viva e col cosiddetto terzo polo allestito con Carlo Calenda per le elezioni politiche dell’anno scorso, ma dichiaratamente proiettato di più verso le elezioni europee dell’anno prossimo, sottovaluta l’inconveniente di avere problemi in casa persino superiori a quelli esterni.
Calenda, per esempio, non è più convinto dell’elezione diretta del presidente del Consiglio compresa nel programma dell’alleanza con Renzi, che glielo ha rinfacciato. “A forza di cambiare idea Carlo smentisce anche se stesso”, gli ha rimproverato Matteo, per rimanere al livello dei nomi e non dei cognomi. E quanto alle proteste dell’alleato – se lo si può ancora definire così – per le frequentazioni conviviali degli amici di una certa notorietà o peso sorpresi a cena con la ministra di destra Daniela Santanchè nella Versilia del Twiga, Renzi ha osservato parlandone al Corriere della Sera: di fronte al “mondo che va a pezzi dal Niger all’Ucraina, l’aumento dei prezzi che mette in ginocchio il ceto medio” e l’Europa al bivio fra “rilancio o morte del sogno dei padri fondatori… mi permetterà di non interessarmi alle cene di Bonifazi o di Richetti. Ognuno va a cena con chi vuole”, anche a costo di scandalizzare il Calenda che Renzi si mostra pentito di avere voluto “ministro, ambasciatore, candidato del terzo polo”.