Caro direttore,
lo so che non sei dedito a piaggerie verso i colleghi o ex-colleghi. Non voglio nemmeno che questa possa apparire come una lettera elogiativa. Però penso che valga la pena ragionare sul passaggio di Daniele Raineri da Repubblica a Il Post.
È una notizia rilevante – secondo me non per voi addetti ai lavori -, un segno dei tempi che cambiano. Ma l’ho scoperta per caso, leggendo un pezzo di ItaliaOggi sui vincitori dell’ultima edizione del Premiolino. Tra i premiati c’era, appunto, Daniele Raineri, per le sue corrispondenze di guerra dall’Ucraina e da Gaza per Repubblica: la cerimonia si è tenuta lunedì sera ma – ho appreso – “già dal giorno dopo […] Raineri ha lasciato il quotidiano diretto da Maurizio Molinari per approdare al Post di Luca Sofri”.
Ci sono rimasto, e credo proprio di non essere stato il solo. Da osservatore di geopolitica e relazioni internazionali, in particolare, la notizia mi ha colpito.
Ai lettori e non a te, ovviamente, ricordo che Raineri era andato via dal Foglio, dove si era ritagliato uno spazio da inviato ed esperto di esteri, per passare a Repubblica, voluto dal direttore Maurizio Molinari, noto anche lui per la sua competenza in materia di affari internazionali. In questo va riconosciuta la lungimiranza di Molinari, che – cosa non scontata – ha assunto un giornalista e gli ha permesso di far valere le sue competenze.
Così, dall’aprile del 2022 al 29 settembre scorso Raineri ha scritto per Repubblica tanti articoli e reportage davvero ottimi. Mi sfugge il motivo che l’ha spinto a lasciare il secondo quotidiano italiano, in un momento di grande attenzione sugli esteri (e proprio in una delle aree di sua specializzazione), per entrare nella redazione del Post, un giornale di qualità ma solo online e non noto per corrispondenze come quelle di Raineri.
C’entra il cambio di direzione nel gruppo Gedi, visto che oggi si è saputo che Mario Orfeo, ex direttore del Messaggero e finora alla testa del Tg3, prenderà il posto di Molinari?
Comunque sia, tanto di cappello a Raineri, che con questa decisione coraggiosa ha sconvolto gli equilibri del giornalismo “classico” e incrinato le certezze di chi, più per difesa dei propri interessi – penso ai tanti cronisti e caporedattori compiaciuti che affollano le redazioni – che per età anagrafica e metodi burocratici, si rifiuta di accettare che il mondo è cambiato e che la carta non è di per sé superiore al formato digitale. La differenza, oggi come ieri, la fa la qualità dell’informazione, non il supporto.
Mi chiedo poi se Il Post – che ha assunto anche altri giornalisti del Foglio oltre a Raineri, come Eugenio Cau e Valerio Valentini – non stia puntando sempre più a replicare l’idea originale del Foglio, appunto, sul web. Un giornale, cioè, che non si concentra sulla notizia del giorno ma sull’approfondimento e che punta a occupare un ruolo di primo piano nel dibattito pubblico (più politico nel caso del Foglio; più sociale – mi pare da capire dai tanti contenuti che parlano di diritti – nel caso del Post).
Chissà. Auguri a Raineri per il nuovo lavoro.
Cordiali saluti a te e a lui (che non conosco, a differenza tua).
Francis Walsingham