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Dalle 6 alle 18 possiamo stare in assembramenti senza mascherina? La domanda di Gismondo

Che cosa ha scritto Maria Rita Gismondo, direttore microbiologia clinica e virologia del Sacco di Milano, sull'ordinanza del ministro Speranza che prevede l'obbligo di indossare le mascherine dalle 18 alle 6

“Vogliamo parlare dell’obbligo di indossare le mascherine dalle 18 alle 6? Mi sono sforzata a trovarne una giustificazione: mission impossible. Abbiamo un virus da spiaggia, uno da ristorazione, uno da volo aereo, adesso anche uno notturno? Il provvedimento non solo è assurdo, ma è anche fuorviante. Dalle 6 del mattino alle 18 possiamo stare tranquillamente in assembramenti senza mascherina?”.

E’ quello che ha scritto nei giorni scorsi Maria Rita Gismondo, direttore microbiologia clinica e virologia del Sacco di Milano, nella sua rubrica sul Fatto Quotidiano commentando l’ordinanza del ministero della Salute.

Il provvedimento del ministro della Salute, Roberto Speranza, in vigore dal 17 agosto, fra l’altro prevede: sospensione delle attività del ballo, all’aperto e al chiuso, che abbiano luogo in discoteche e in ogni altro spazio aperto al pubblico; obbligo di mascherina anche all’aperto dalle 18 alle 6 nei luoghi dove c’è rischio di assembramento.

“Mi chiedo se chi ha consigliato al ministro Speranza di introdurre questa misura abbia preso in considerazione una serie di fattori non trascurabili. Non intendo parlare dell’aspetto economico, ampiamente dibattuto, ma invito a focalizzare l’attenzione sullo scopo preventivo-sanitario del provvedimento”, ha scritto Gismondo: “Credo che, se non si procede con la responsabilizzazione e l’educazione, soprattutto per i giovani, si fallisca inesorabilmente. Fatta la legge, trovato l’inganno. Un provvedimento così drastico, che li colpisce direttamente, rischia di stimolare una reazione di sfida. I ragazzi continuano a riunirsi privatamente (è legale), creando assembramenti molto più importanti di quelli nelle discoteche, dove, peraltro, c’è un certo controllo. Esistono dati importanti sulle conseguenze degli interventi proibitivi e sul rapporto dei giovani con le proibizioni. Basti guardare alle sigarette. I ragazzi che fumano sono raddoppiati negli ultimi trent’anni, durante i quali si sono intensificati i divieti. L’alcool è un altro esempio. In una situazione di emergenza, rinunciare a responsabilizzare i giovani è un’occasione perduta per sempre”.

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