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Cronaca e storia delle armi di distrazione di massa targate Lega

Il post di Paola Sacchi, già inviata di politica all’Unità e a Panorama

 

In un Paese dalla memoria in molti casi cortissima e dove le cose si vedono in molti casi  con le lenti dell’ideologia del politically correct, l’infelice post pasquale di Luca Morisi, lo stratega della comunicazione di Matteo Salvini, è ancora al centro di furibonde polemiche. Nessuna però che ricordi un minimo di storia relativamente recente della Lega, allora Lega Nord, anche per capire meglio linguaggio e spirito di quel post, che non sto certo a difendere.

Il famigerato post con ministro e mitra ha questa didascalia: “Siamo armati di elmetto…”. Per rispondere a tutti gli attacchi che vengono sferrati contro la Lega. Evidente il richiamo provocatorio e magari nell’intenzione forse un po’ autoironico alla Lega Nord di Umberto Bossi. E a quel suo celebre discorso fatto a Curno, nel 1993, dove rispondendo al sospetto lanciato dall’allora ministro Margherita Boniver che il Carroccio nascondesse le armi, il Senatùr se ne uscì con quella esplosiva e folcloristica sceneggiata. Dando un’altra picconata delle sue al linguaggio politico.

Bossi portò in politica, piaccia o no, il linguaggio diretto, quello dell’uomo del bar, dell’uomo della strada. Fu per certi versi il primo disintermediatore attraverso il comizio. Oggi Salvini dai leghisti storici nel gotha di Via Bellerio è ritenuto nella “disintermediazione” del linguaggio politico via social il suo vero erede.

Comunque sia, e comunque la si veda, Bossi, giocava nel linguaggio con una tecnica stop ad go. Nonostante quelle provocazioni sui “bergamaschi armati” o sul prezzo di “una pallottola” si definì in altre circostanze “un gandhiano”. Da qui la colorita risposta a Boniver, giocando anche sul cognome: ” Boniver, ah bona, bonazza nostra… la Lega è armata di manico…”. Lo disse facendo un evidente gesto del braccio e della mano, spiazzando gli stessi suoi. Che ancora oggi, nella generazione dei quarantenni, quella di Morisi, coetaneo più o meno di Salvini, entrata in Lega con Bossi” padre padrone”, ancora ne parlano come di una leggenda, di un mito assoluto.

La stessa Boniver, acuta e intelligente politica, ancora ci ride tra sé e sé e non visse quella sceneggiata bossiana come un attacco maschilista. Anni dopo, lo stesso Bossi rivelò alla sottoscritta a margine di un’intervista per Panorama che lui minacciava la secessione e faceva quelle “sparate” un po’ schok “per avere la devoluzione”, altrimenti, spiegò, nessuno se lo sarebbe filato.

Ecco, ora che c’entra tutto questo con il post di Morisi? C’entra, nella tecnica provocatoria sempre del linguaggio. Sembra rifare il verso, stavolta al contrario, a Bossi, “armato di manico”, soltanto.

La Lega è cresciuta nei voti, nei sondaggi, è diventata partito nazionale che aspira a diventare perno del sistema politico. Sale il livello dello scontro, soprattutto all’interno della compagine governativa. Ed evidentemente Morisi ha cercato un’arma di “distrazione di massa” dagli attacchi dei Cinque Stelle, su tutto, a cominciare dal caso del sottosegretario Armando Siri, solo indagato, finito nel tritacarne del processo mediatico.

Ma brutto e infelice scomodare un kalasnikov e proprio nel giorno di Pasqua, con la strage di cristiani in corso in Sri Lanka. Ecco, questo “l’Umberto” probabilmente lo avrebbe evitato.

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