La Francia sta attraversando una delle crisi politiche più profonde dalla nascita della Quinta Repubblica nel 1958, segnata dall’instabilità governativa, dalla frammentazione parlamentare e da una crescente sfiducia nelle istituzioni. La recente caduta del governo di Sébastien Lecornu, dimessosi dopo appena 28 giorni come primo ministro, ha gettato il paese in un caos politico senza precedenti, con ripercussioni sui mercati e crescenti pressioni per nuove elezioni.
HARAKIRI DI MACRON CON LECORNU
Sébastien Lecornu, nominato primo ministro il 9 settembre 2025, ha segnato un record negativo diventando il primo ministro con il mandato più breve della storia moderna francese. Come riporta il New York Times, il suo governo, annunciato la sera di domenica 5 ottobre, è durato appena 836 minuti, crollando prima ancora di essere formalmente insediato. Lecornu, un fedelissimo del presidente Emmanuel Macron, ha presentato le dimissioni lunedì mattina dopo che il suo gabinetto è stato respinto sia dagli alleati che dagli avversari politici. Come scrive il Financial Times, la decisione di mantenere gran parte dei ministri del governo precedente, tra cui figure controverse come Bruno Le Maire come ministro della Difesa, ha provocato una reazione immediata, alienando sia i centristi che l’opposizione di destra e sinistra.
LE PROMESSE FALLITE DI LECORNU
Lecornu aveva promesso una “rottura” con le politiche dei governi precedenti, ma, come rileva The Economist, il suo esecutivo è stato percepito come un “riciclo” del passato, incapace di rispondere alle richieste di cambiamento. La nomina di Le Maire, ex ministro delle finanze accusato da molti di aver contribuito all’aumento del debito pubblico francese, ha rappresentato un punto di rottura, spingendo anche il leader dei Républicains (LR), Bruno Retailleau, a minacciare di abbandonare la coalizione, come riportato da Bloomberg. Di conseguenza, Lecornu ha scelto di dimettersi piuttosto che affrontare un’inevitabile mozione di sfiducia.
LE ORIGINI DELLA CRISI IN FRANCIA
La crisi attuale ha radici nella decisione di Macron di indire elezioni anticipate nel luglio 2024, dopo la vittoria dell’estrema destra alle elezioni europee. Come scrive Reuters, l’obiettivo era ottenere una maggioranza chiara in parlamento, ma il risultato è stato un’assemblea nazionale frammentata, senza una forza politica dominante. Il parlamento è ora diviso in tre blocchi principali: l’estrema destra di Marine Le Pen (Rassemblement National), la sinistra guidata dai socialisti e da La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, e il centro macronista, indebolito e senza una chiara fedeltà al presidente.
NON SOLO LECORNU
Questa frammentazione ha reso impossibile formare governi stabili. Come sottolinea la BBC, Lecornu è stato il terzo primo ministro a cadere dall’inizio della crisi, dopo Michel Barnier e François Bayrou, entrambi destituiti per l’incapacità di ottenere il sostegno parlamentare per i loro bilanci. La mancanza di una cultura del compromesso, come lamentato dallo stesso Lecornu, ha esacerbato la situazione, con i partiti che si comportano “come se avessero la maggioranza assoluta”.
MERCATI IN ALLARME
La crisi politica ha avuto immediate ripercussioni economiche. Come rileva The Economist, lunedì il rendimento dei titoli di stato francesi a dieci anni è salito a quasi il 3,6%, vicino al massimo dal 2011, mentre le azioni delle principali banche francesi sono crollate di oltre il 4%. Il premio sul debito francese rispetto a quello tedesco ha raggiunto gli 84 punti base, il livello più alto da gennaio 2025, con previsioni di ulteriori aumenti in caso di nuove elezioni, come rileva Bloomberg.
I NUMERI FRANCESI CHE DESTANO PREOCCUPAZIONE
La Francia si trova ad affrontare un deficit pubblico del 5,8% del PIL nel 2024 e un debito nazionale pari al 114% del PIL, il terzo più alto nell’area euro dopo Grecia e Italia. Lecornu aveva proposto un piano per ridurre il deficit al 4,7% entro il 2026 attraverso tagli alla spesa e aumenti fiscali, ma l’opposizione, in particolare i socialisti, ha chiesto misure più radicali, come una tassa sui patrimoni e l’annullamento della riforma delle pensioni di Macron. L’incapacità di approvare un bilancio per il 2026 rischia di costringere il paese a prorogare il bilancio 2025, una soluzione che, come osserva il Financial Times, non consente adeguamenti fiscali o tagli necessari.
LE OPZIONI DI MACRON
Dopo il fallimento di Lecornu, Macron si trova di fronte a scelte difficili. Come scrive la BBC, il presidente ha tre opzioni: nominare un nuovo primo ministro, sciogliere nuovamente il parlamento o dimettersi, quest’ultima ipotesi considerata la meno probabile. Macron ha incaricato Lecornu di condurre negoziati dell’ultima ora con i partiti per trovare una “piattaforma di stabilità” entro mercoledì sera, ma le prospettive di successo sono scarse, come rileva Reuters.
Tra le possibilità, Macron potrebbe nominare un primo ministro di sinistra, come l’ex socialista Bernard Cazeneuve, ma ciò implicherebbe accettare richieste come una tassa sui ricchi e il rollback delle riforme pro-business, a cui il presidente si è sempre opposto. In alternativa, potrebbe optare per un tecnocrate apartitico o mantenere Lecornu come primo ministro ad interim, creando quello che Mujtaba Rahman di Eurasia Group ha definito al Financial Times un “governo zombie”. Tuttavia, come sottolinea il New York Times, nessuna di queste opzioni sembra in grado di superare il blocco parlamentare, e nuove elezioni potrebbero rafforzare l’estrema destra di Marine Le Pen, che secondo i sondaggi è in testa nei consensi.
FINE DELLA QUINTA REPUBBLICA
La crisi non è solo politica, ma anche costituzionale. Come rileva il New York Times, la Quinta Repubblica, progettata da Charles de Gaulle per garantire stabilità attraverso un presidente forte e una maggioranza parlamentare chiara, non è attrezzata per gestire un parlamento frammentato. Alain Duhamel, analista politico, ha dichiarato a RMC che la situazione attuale rappresenta “una danza sulle rovine delle nostre istituzioni”. La mancanza di una cultura di coalizione, unita alla polarizzazione tra estrema destra, sinistra e centro, ha paralizzato il sistema.
Le crescenti richieste di dimissioni di Macron, sia da parte dell’estrema destra che della sinistra, riflettono un malcontento diffuso. Come scrive The Economist, il progetto centrista di Macron, che mirava a superare le divisioni partitiche, sta collassando, e nuove elezioni potrebbero portare a una vittoria del Rassemblement National di Le Pen. Tuttavia, secondo il Financial Times anche un nuovo voto potrebbe non risolvere lo stallo, rischiando di perpetuare l’instabilità.