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Covid 19

Covid-19, che cosa succede e che cosa non va

L’intervento di Stefano Biasioli, medico ospedaliero in pensione, sull’andamento della pandemia Covid-19 in Italia La lettura dell’ultimo Dpcm ci ha confermato nelle mie idee. Al di là della incostituzionalità del Dpcm “in sé”, al di là del burocratese costantemente usato, al di là degli elementi analitici e di dettaglio (ad esempio l’uso e l’applicazione del…

La lettura dell’ultimo Dpcm ci ha confermato nelle mie idee. Al di là della incostituzionalità del Dpcm “in sé”, al di là del burocratese costantemente usato, al di là degli elementi analitici e di dettaglio (ad esempio l’uso e l’applicazione del termine “congiunti”), emergono due dati di fatto.

Conte non si fida del popolo italiano e, con questa scusa, sta sospendendo di fatto la DEMOCRAZIA fino al 30 GIUGNO (data limite del provvedimento di fine gennaio).

Conte usa come parafulmine il CTS (comitato tecnico scientifico), di cui attendiamo di conoscere – ancor oggi – i nominativi e le competenze specifiche. Sì, SPECIFICHE MEDICO-CLINICHE, non solo in igiene e profilassi o in epidemiologia.

Della prima affermazione, siamo ormai certi, proprio sulla base dei suoi Dpcm emanati in questi mesi.

Della seconda, siamo certi da oggi, ossia leggendo l’articolo del Sole24ore ( pag.2, Marzio Bartoloni) in cui si scrive che “il CTS simula 92 scenari possibili… in base alle varie ipotesi di riaperture e anche al rientro in base all’età…. Tra questi scenari balza all’occhio anche quello più estremo, cioè che cosa accadrebbe in una sorta di liberi tutti…boom di contagi… terapie intensive investite da un’onda d’urto, con centinaia di migliaia di ricoveri fino alla fine del 2020…).

Uno scenario da guerre stellari, francamente inconcepibile. Inconcepibile per due banali motivi: gli italiani sono stati alle regole (isolamento e mascherine), pur date in ritardo dal CTS stesso e i “disastri clinici” sono avvenuti solo in Lombardia (per colpa della partita Valencia-Inter e del sindaco di Milano, sui Navigli) e in Piemonte, la cui infezione è esplosa in ritardo e non è ancora contenuta.

Nelle altre regioni del Nord il Covid-19 ha prodotto molti problemi e molte morti, ma il sistema sanitario ha retto e l’infezione è in netto calo. Merito dei sanitari e dell’organizzazione regionale, non certo di Roma/Conte/CTS/Commissari vari/475 tecnici/Colao.

Sono morte 28.000 persone, fino ad oggi, in tutta Italia. Si tratta di persone e non di oggetti. Da medico, ho lavorato 53 anni per salvare le persone e per cercare di farle stare meglio, se non potevano guarire.Si tratta dello 0,046% della popolazione italiana. Ma questa percentuale, come quella della popolazione infetta, varia da Regione a Regione. Così come la mortalità.

Non solo, ma i dati della P.C. (protezione civile) ci dicono che, in generale, dal 12 marzo al 28 aprile (42 gg complessivi):

-il numero globale degli infettati è passato da 15.113 a 201.505 (+ 186.392)

-il numero degli infetti “attuali” è passato da 12.839 a 105.205 (+ 92.366)

-il numero dei guariti è passato da 1.258 a 68.941 ( +67.683)

-il numero dei morti è passato da 1.016 a 27.359 (+26.343).

Questo, dicono i numeri grossolani. E, allora, cosa dovremmo aspettare? Che il numero degli infetti “attuali” scenda a zero o che si debba convivere con il virus, continuando nell’autodifesa (mascherine e distanza), ma ritornando almeno ad una “parvenza” di vita normale, prima che la miseria distrugga questo povero Paese?

Nell’articolo menzionato si cita, sempre da fonte CTS, il pericolo di 151.231 italiani in terapia intensiva (T.I). Questo numero, il solito Conte ha agitato nelle ultime uscite pubbliche, in Lombardia. Ma, di grazia, perché lo stesso Conte non ci dice quanti italiani sono finiti in rianimazione per Covid-19, in tutta Italia?

Chi scrive conosce analiticamente solo i numeri veneti. La % massima di ricoverati arrivati nelle T.I. venete è stata del 31,3% . Più chiaramente — di tutti i ricoverati per Covid-19 — il 31,3% è passato in T.I. il giorno 16 marzo, per un totale di 355 posti letto occupati in rianimazione (T.I.).

Da allora il numero dei degenti in T.I. è calato sia in valore assoluto che in valore %. Oggi , in T.I., viene curato il 10% degli ospedalizzati, 110 persone.

In Veneto l’infezione, valutata per milione di abitanti, ha avuto un top (3.609), con successiva decrescita significativa. Ma il top è anche legato al massiccio ricorso ai tamponi (337.907 ad oggi, pari al 6,88% dei veneti). Con una positività al tampone (circa il 6%), che ha ovvii riflessi sul numero globale degli infettati.

Ribadiamo, infezione da Covid-19 non significa ospedale o T.I. ma, fondamentalmente, osservazione e/o cura a domicilio. Cura con “il farmaco disponibile sul territorio (idrossiclorochina, cortisone, eparina o similari).

In definitiva, il sistema sanitario veneto, pur sottoposto ad un carico micidiale verso la metà di marzo, ha retto e il Covid-19 ha occupato al massimo 329 posti di T.I. su un totale di 495 posti, normalmente attivati (450 nel pubblico e 45 nel convenzionato). Nel corso dell’emergenza erano stati predisposti altri 330 posti supplementari in T.I., fortunatamente  mai usati.

In modo grossolano si può quindi ipotizzare che, in Italia, servano – per il solo Covid-19 – circa 4.342 posti letto di rianimazione. Domanda indiscreta: “Ci sono, in Italia?”, dopo i tagli sanitari degli ultimi 11 anni?

Al Nord, sì. Al Centro-Sud, forse. Attendiamo, su questo, dati ISTAT attendibili.

CONSEGUENZE OPERATIVE

Preso atto che la Protezione civile (P.C.) sforna ogni giorno i dati dell’infezione, articolati per Regione e per Provincia, si dovrebbe anche prendere atto che l’infettività per milione di abitanti e’ diversa da regione a regione, con  un rischio diversificato tra regione e regione e tra provincia e provincia, all’interno della stessa regione.

Quindi? Quindi la prossima normativa nazionale – da varare, secondo noi, non con un DPCM ma un DPR (decreto di Mattarella) – dovrebbe prevedere aperture diverse nelle diverse regioni, sulla base dei dati storici (almeno quelli del mese di aprile). RIAPERTURE CON MASCHERINA, sempre. CON RISPETTO della DISTANZA, sempre.

Pensare, come ha fatto finora Conte, che siano possibile regole centrali valide per tutte le regioni italiane, va contro i numeri disponibili e contro il buon senso. Per non citare l’autonomia normativa delle regioni a statuto speciale e delle province autonome. Che farà Conte?

DALLA TEORIA ALLA PRASSI

Piaccia o non piaccia, Zaia è un pragmatico, a differenza di molti soggetti che stanno a Roma e dintorni. Quindi Zaia ha concesso ai veneti un lieve alleggerimento delle regole contiane (spazi  da percorrere, seconda casa), con l’impegno di ritornare a regole più rigide, se ci sarà il pericolo di una recidiva. Fondamentale, sempre, l’uso di mascherina e distanza, nonché dei guanti, nelle situazioni potenzialmente più critiche.

Non solo, ma il Veneto ha già approvato il PIANO di RIAPERTURA degli OSPEDALI-COVID e le NUOVE REGOLE per l’ACCESSO AGLI OSPEDALI, si tratti di ricoverati o di pazienti ambulatoriali.

A tutti i ricoverandi: accessi separati, tampone, osservazione, entrata in reparto solo dopo il referto. In caso di urgenza, si effettua la terapia necessaria ma si tampona comunque.

L’attività ambulatoriale sarà riprogrammata, con la collaborazione di MMG e CUP; le visite specialistiche saranno solo su appuntamento, temporalmente cadenzate, con spazi adeguati e con le consuete precauzioni generali.

Restano allestiti i posti supplementari in rianimazione, cui si aggiunge l’ospedale smontabile esistente a regalo dell’emiro di ABU DHABI.

PENSIERO FINALE

In tempi di Covid-19, il numero degli accessi quotidiani ai Pronto Soccorso veneti è crollato da 4.500 a 1.500.

È un dato di fatto. Più difficile interpretarlo in modo corretto. Si tratta solo di un crollo dei codici bianchi e verdi (che vanno affidati al solo MMG) o si tratta anche del mancato arrivo in ospedale di pazienti con accidenti cerebrovascolari (soprattutto infarti), sotto diagnosticati e sottovalutati dall’interessato, per paura di doversi recare in un ambiente infetto come l’ospedale?

Sono domande senza risposta. Almeno per ora. Domande che i sapientoni del CTS non si pongono. Per curare questa virosi, quanti morti abbiamo avuto sugli altri pazienti, cronici o acuti, pesantemente trascurati ? Trascurati non per colpa medica, ma come effetto devastante del panico prodotto dai numeri assurdi “previsti e scritti ” dal CTS e presi da qualcuno come verità rivelate.

A proposito, quando Conte riaprirà le Chiese? “A Dio quel che è di Dio, a Cesare quel che è di Cesare”.

Che fine hanno fatto i patti Lateranensi?

QUAERO et NON INVENIO, meliora tempora.

Stefano Biasioli
Medico ospedaliero in pensione

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