Trump e Netanyahu si sono incontrati a Mar-a-Lago mostrando unità e scambiandosi lodi reciproche, ma hanno ammesso pubblicamente divergenze su Gaza, Cisgiordania e Iran. Tutti i dettagli.
Ieri, al resort di Mar-a-Lago in Florida, Trump ha accolto Netanyahu per un pranzo di lavoro che ha mescolato lodi reciproche, toni trionfalistici e qualche ammissione di disaccordo.
L’incontro, il quinto quest’anno a Washington tra i due leader, è servito al presidente Usa per celebrare il cessate il fuoco a Gaza come un proprio successo personale e al premier israeliano per ottenere un endorsement prezioso in vista delle elezioni nel suo Paese.
Dietro la facciata di unità, però, sono emerse le difficoltà nel far avanzare il piano di pace americano, le tensioni con l’Iran e alcune crepe su temi come la Cisgiordania.
CORTEGGIAMENTO RECIPROCO
L’incontro è stato contraddistinto da un clima di reciproca ammirazione.
Come riferisce l’
Associated Press, Netanyahu ha annunciato che Trump riceverà il Premio Israele – primo non israeliano nella storia – per i suoi contributi alla sicurezza del paese, dal trasferimento dell’ambasciata a Gerusalemme agli strike su Teheran.
Trump ha ricambiato definendo Netanyahu un “eroe in tempo di guerra” e spingendo per un perdono presidenziale nel processo per corruzione che lo vede imputato.
Ha affermato che il presidente israeliano Isaac Herzog gli aveva detto che il perdono “è in arrivo”, versione subito smentita dall’ufficio di Herzog, secondo il
New York Times.
GAZA: LA FASE DUE RESTA LONTANA
Il cuore della discussione è stato il piano di pace per Gaza, entrato in vigore a ottobre dopo due anni di guerra.
Trump ha spinto per passare rapidamente alla seconda fase, che prevede il disarmo di Hamas, il ritiro israeliano e l’arrivo di una forza internazionale di stabilizzazione.
Come riporta la
BBC, il presidente americano ha dato a Hamas “un periodo molto breve” per deporre le armi, minacciando altrimenti “l’inferno da pagare” e arrivando a ipotizzare che Paesi terzi possano intervenire per “eliminare” il gruppo militante.
Reuters sottolinea però che il processo è bloccato: Israele controlla ancora metà del territorio, accusa Hamas di violazioni e rifiuta di procedere finché non saranno restituiti i resti dell’ultimo ostaggio israeliano, Ran Gvili.
Dall’altra parte, Hamas lega il disarmo a concreti passi verso uno Stato palestinese.
Trump ha difeso lo Stato ebraico, affermando che ha rispettato il piano “al 100%” e che le sue operazioni militari sono risposte legittime.
DISACCORDI SULLA CISGIORDANIA
Per la prima volta nel suo secondo mandato, Trump ha affrontato con Netanyahu le politiche israeliane in Cisgiordania.
Come rivela
Axios, il presidente e i suoi consiglieri hanno chiesto al premier di moderare l’espansione degli insediamenti, la violenza dei coloni e le misure che indeboliscono l’Autorità palestinese, per non compromettere il piano di Gaza e l’allargamento degli Accordi di Abramo.
Trump ha ammesso pubblicamente, secondo il
Guardian, di non essere d’accordo “al 100%” sulla West Bank, ma si è rifiutato di entrare nei dettagli, limitandosi a dire che Netanyahu “farà la cosa giusta”.
Il
Financial Times ricorda che gli Stati Uniti si oppongono all’annessione formale del territorio, dove vivono circa 3 milioni di palestinesi e oltre 600.000 coloni israeliani in insediamenti considerati illegali dal diritto internazionale.
MINACCE ALL’IRAN
L’Iran è stato uno dei temi più caldi della discussione.
Trump ha avvertito che gli Stati Uniti sono pronti a nuovi attacchi se Teheran riprende il programma nucleare o missilistico.
Il presidente ha detto di aver letto rapporti su attività in siti diversi da quelli “annichiliti” dai bombardamenti americani di giugno, aggiungendo ironicamente di non voler “sprecare carburante” per un altro volo di 37 ore con un B-2.
L’Associated Press evidenzia che Trump ha promesso pieno sostegno a eventuali azioni israeliane, confondendo a tratti programma nucleare e sviluppo missilistico.
Netanyahu ha espresso forte preoccupazione per il riarmo iraniano e di Hezbollah.
La risposta di Teheran non si è fatta attendere: il consigliere del leader supremo Ali Shamkhani ha promesso, secondo la BBC, una “risposta dura e immediata” a qualsiasi aggressione.
SIRIA, TURCHIA E ALTRI DOSSIER
I due leader hanno affrontato insieme anche altri dossier regionali.
Sulla Siria post-Assad, The Donald ha espresso ottimismo sul nuovo presidente Ahmed al-Shara, definendolo un “duro” che sta facendo un buon lavoro, e ha esortato Netanyahu a cercare un’intesa per un confine pacifico.
Israele resta però diffidente per i trascorsi qaedisti di al-Shara e ha bombardato Damasco a luglio, irritando Washington.
Axios aggiunge che Netanyahu ha accettato di avviare non appena ve ne saranno le condizioni i colloqui col Paese vicino per un possibile patto di sicurezza.
Quanto alla Turchia, osteggiata da Israele per un eventuale ruolo nella forza di stabilizzazione a Gaza, Trump ha lodato sia Erdogan che Netanyahu, assicurando che “non succederà nulla”.
Si è parlato anche del riarmo di Hezbollah in Libano, con Netanyahu cauto sui rischi di una ripresa delle ostilità.