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Cosa resta dei siti nucleari iraniani dopo le bombe americane?

Secondo Trump, con i bombardamenti americani le strutture di Natanz, Isfahan e Fordow sono state "completamente e totalmente distrutte". Al momento, però, non ci sono certezze: il programma nucleare dell'Iran ha certamente subìto un duro colpo, ma l'uranio arricchito potrebbe essere stato portato in salvo. Fatti e commenti.

Nella notte di sabato 21 giugno gli Stati Uniti hanno bombardato i tre principali siti nucleari dell’Iran, utilizzati per l’arricchimento dell’uranio e per lo stoccaggio di combustibile: ovvero Natanz, Isfahan e Fordow.

I TRE SITI NUCLEARI IRANIANI, IN BREVE

Natanz è il principale sito iraniano per l’arricchimento dell’uranio. A Isfahan si trovano degli impianti per la conversione dell’uranio e per la preparazione del combustibile nucleare. Fordow è la struttura più fortificata e meglio protetta delle tre: è stata costruita sotto una montagna a quasi cento metri di profondità, in prossimità della città di Qom (un luogo sacro per l’Islam sciita).

LA VERSIONE DI TRUMP E QUELLA DELL’IRAN

Il presidente Donald Trump ha dichiarato che le tre strutture “sono state completamente e totalmente distrutte”. Sappiamo che Natanz e Fordow sono state colpite dalle cosiddette bombe bunker-buster (si chiamano così perché riescono a raggiungere grandi profondità sottoterra) trasportate dai bombardieri B-2, mentre Isfahan è stata bersagliata da una decina di missili Tomahawk lanciati da un sottomarino. Non conosciamo però con esattezza l’entità dei danni.

L’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran, un ente governativo, ha scritto su X che “a seguito dell’attacco illegale degli Stati Uniti ai siti nucleari di Fordow, Natanz e Isfahan, le indagini sul campo e i dati dei sistemi di radiazioni hanno mostrato: Nessuna contaminazione registrata. Non c’è alcun pericolo per i residenti nelle vicinanze di questi siti. La sicurezza è in uno stato stabile”.

COSA DICONO LE IMMAGINI SATELLITARI

Dalle immagini satellitari distribuite dall’azienda americana Maxar Technologies si vedono nuovi crateri nel sito di Fordow e possibili crolli di ingressi ai tunnel. Sembra invece che non sia stata danneggiata una struttura utilizzata probabilmente per la ventilazione delle sale sotterranee dedicate all’arricchimento dell’uranio.

Le immagini del sito di Natanz mostrano un nuovo cratere di oltre cinque metri di diametro.

Dalle rilevazioni satellitari non è possibile avere certezza della distruzione delle strutture sotterranee, peraltro rinforzate con spessi muri di cemento e acciaio.

COSA HA DETTO L’AGENZIA INTERNAZIONALE PER L’ENERGIA ATOMICA

Ieri l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, un organo delle Nazioni Unite, ha fatto sapere che “a seguito degli attacchi statunitensi e di ulteriori analisi, l’Aiea ha valutato danni estesi a Isfahan, compresi gli ingressi dei tunnel; anche Fordow è stata colpita direttamente; ulteriori colpi a Natanz”, già bombardato da Israele tra il 12 e il 13 giugno.

“Non è stato possibile valutare immediatamente l’entità dei danni all’impianto di arricchimento dell’uranio di Fordow, costruito in profondità all’interno di una montagna nell’Iran centrale, a causa della sua posizione sotterranea e della natura penetrante delle bombe utilizzate”, ha aggiunto l’Agenzia.

“È chiaro che anche Fordow è stata colpita direttamente”, ha dichiarato il direttore generale Rafael Grossi, “ma l’entità del danno all’interno delle sale di arricchimento dell’uranio non può essere determinato con certezza”.

IL PROGRAMMA NUCLEARE DELL’IRAN È STATO DISTRUTTO O NO?

Al momento, insomma, non c’è certezza che il programma nucleare dell’Iran sia stato azzerato, ma con estrema probabilità è stato ritardato di parecchi mesi, forse di anni. Teheran nega che il suo programma sia finalizzato alla costruzione di una bomba atomica, però ha superato di gran lunga i livelli di arricchimento necessari per scopi civili-energetici: è almeno al 60 per cento, stando alle informazioni disponibili.

Arricchire l’uranio significa – semplificando molto – aumentare la concentrazione dell’isotopo U-235, quello in grado di sostenere una reazione nucleare a catena; per farlo, si utilizzano delle centrifughe dopo che l’uranio è stato convertito in forma gassosa. L’uranio arricchito è necessario sia alla produzione di elettricità dalle centrali nucleare, sia allo sviluppo di un’arma atomica: nel primo caso, però, la percentuale di U-235 viene portata dallo 0,7 per cento (è la quota presente nell’uranio naturale) al 3-5 per cento, o al 20 per cento in alcuni casi particolari; nel secondo caso, invece, si deve arrivare al 90 per cento.

CHE NE È DELL’URANIO?

Il Financial Times si è chiesto cosa ne sia stato dei 408 chili di uranio arricchito al 60 per cento in possesso dell’Iran: è stato lasciato nei siti bombardati – e quindi, verosimilmente, è andato distrutto -, oppure è stato trasferito in strutture più piccole e ignote ai governi israeliano e statunitense in previsione degli attacchi?

Come detto l’uranio arricchito al 60 per cento veniva custodito nei siti di Natanz, di Fordow e di Isfahan: una volta raffreddato, viene stoccato all’interno di grossi cilindri (simili a degli scaldabagno, per semplificare). Questi quattrocento chili di uranio altamente arricchito fanno parte di una scorta complessiva di oltre 8400 chili, la maggior parte dei quali consiste in uranio di basso livello di purezza.

Ma anche qualora l’Iran dovesse raggiungere il livello di arricchimento dell’uranio al 90 per cento all’interno di strutture meno sofisticate di quelle bombardate – potrebbe bastare qualche settimana -, ciò non doterebbe automaticamente il paese di un’arma atomica. L’uranio arricchito al 90 per cento, infatti, è una condizione necessaria ma non sufficiente per la bomba: Teheran, infatti, dovrebbe prima costruire e collaudare un innesco e poi sviluppare un ordigno dalle dimensioni sufficientemente ridotte per poter essere trasportato su un missile. Fare tutto questo nelle condizioni precedenti al bombardamento statunitense avrebbe richiesto oltre un anno.

“Questa è certamente la fine del programma nucleare iraniano così come lo conoscevamo”, ha spiegato al Financial Times Ali Vaez, analista di Crisis Group. “Se il programma sopravvive, diventerà un programma di armi clandestine o, in caso di accordo, un programma civile castrato senza accesso alla tecnologia del ciclo del combustibile nucleare”.

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