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Cosa pensa l’Iran del piano di pace a Gaza

Le reazioni dell'Iran al piano di pace per Gaza

L’Iran ha accolto con un misto di sostegno condizionato e cautela il piano di pace per Gaza proposto dal presidente statunitense Donald Trump. Tuttavia, le posizioni ufficiali di Teheran e le reazioni interne al regime rivelano una complessità di vedute, riflettendo sia il desiderio di mantenere l’influenza regionale sia le difficoltà derivanti da recenti battute d’arresto geopolitiche e interne.

Sostegno condizionato

L’Iran ha espresso un supporto formale al piano di pace, sottolineando però la necessità di vigilare sulle intenzioni di Israele.

Come riporta il Times of Israel, il Ministero degli Esteri iraniano ha chiesto ai leader mondiali di garantire che Israele rispetti gli obblighi del cessate il fuoco, accusandolo di “inganno e doppiezza” e di una storia di inaffidabilità. La dichiarazione ufficiale del ministero sottolinea che la fine delle ostilità non esime la comunità internazionale dal perseguire giustizia per i presunti crimini di guerra commessi da Israele durante il conflitto.

Anche l’agenzia di stampa statale IRNA riporta che l’Iran “sostiene qualsiasi iniziativa volta a fermare il genocidio a Gaza”, come dichiarato dalla portavoce dell’amministrazione Fatemeh Mohajerani in un’intervista ad Al Mayadeen. Mohajerani ha enfatizzato che il sostegno iraniano non è solo politico, ma deriva da una profonda convinzione nel diritto dei popoli all’autodeterminazione e alla resistenza contro l’oppressione.

Tuttavia, Mohajerani ha insistito sulla necessità di perseguire giustizia attraverso azioni legali internazionali contro i responsabili delle atrocità a Gaza.

Le dichiarazioni ufficiali

Diverse figure di spicco del regime iraniano hanno commentato il piano di pace. Il portavoce del Ministero della Difesa, Reza Talai-Nik, citato da IFP News, ha descritto il cessate il fuoco come una “vittoria della resistenza” e un fallimento di Israele, che non è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi militari. Talai-Nik ha anche criticato il sostegno degli Stati Uniti a Israele, definendo l’asse Usa-Israele un “fronte criminale globale” costretto ad accettare l’accordo sotto la pressione popolare.

Il Ministro degli Esteri Abbas Araghchi, come riportato da IRNA, ha suggerito che il piano di pace potrebbe aprire la strada a nuovi negoziati sul programma nucleare iraniano, sottolineando che una soluzione negoziata è l’unica via praticabile.

Le divisioni interne

Nonostante il sostegno ufficiale, le reazioni all’interno dell’Iran mostrano una spaccatura significativa, come evidenziato da Iran International.

I media conservatori, vicini alla leadership suprema, hanno celebrato l’accordo come una vittoria della “resistenza”. Il quotidiano Resalat, citato da Middle East Eye, ha definito l’accettazione del piano da parte di Hamas come una mossa di “resistenza intelligente”, suggerendo che le trattative intensificheranno le tensioni interne in Israele.

Similmente, il quotidiano Kayhan ha lodato la strategia di Hamas, pur avvertendo che gli Stati Uniti e Israele potrebbero usare le trattative come una “trappola”.

Tuttavia, sui social media iraniani emergono voci critiche. Alcuni utenti, come riportato da Iran International, hanno condannato il coinvolgimento dell’Iran nel conflitto, sottolineando il costo economico e geopolitico pagato da Teheran.

Un attivista, M. Yousefinejad, ha messo in discussione la razionalità dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, evidenziando le devastazioni subite da Gaza. Altri hanno criticato Hamas per non aver riconosciuto pubblicamente il sostegno iraniano, come lamentato dall’utente Mohammad-Hossein, che ha definito i palestinesi “ingrati”.

I riformisti, invece, vedono nel piano di pace un’opportunità per l’Iran di negoziare direttamente con gli Stati Uniti, come suggerito dal giornalista Amir-Hossein Mosalla, che ha invitato il governo a perseguire una “vittoria” diplomatica simile.

La prospettiva geopolitica

Come riporta il New York Times, l’Iran si trova in una posizione di ridotta influenza regionale a causa di una serie di battute d’arresto negli ultimi due anni, tra cui la perdita di alleati chiave come Hezbollah in Libano e il regime di Assad in Siria, oltre ai danni subiti dalle sue infrastrutture militari e nucleari durante il conflitto di 12 giorni con Israele.

Questi fattori, combinati con il ripristino delle sanzioni ONU, hanno spinto Teheran a cercare nuove vie diplomatiche per riaffermare la propria rilevanza, come evidenziato da IRNA, che sottolinea l’importanza della diplomazia come “strumento razionale e meno costoso” per garantire gli interessi nazionali.

Secondo Radio Free Europe-Radio Liberty, l’Iran sta adottando un approccio cauto per evitare di essere percepito come un ostacolo al piano di pace, mantenendo al contempo i legami con Hamas. Sanam Vakil, esperta di Chatham House, ha dichiarato che Teheran sta cercando di “mantenere vivi i legami con Hamas” senza compromettere la sua posizione regionale.

Inoltre, il Ministero degli Esteri iraniano, citato da Qods International Agency, ha ribadito che qualsiasi decisione sul cessate il fuoco spetta ai palestinesi, sottolineando il loro diritto all’autodeterminazione.

La mobilitazione popolare

L’Iran ha continuato a mostrare solidarietà pubblica per la causa palestinese, come evidenziato dal Tehran Times, che riporta le massicce manifestazioni tenutesi a Teheran e in altre città il 10 ottobre.

Durante la marcia “Basharat-e Nasr” (Presagi di Vittoria), migliaia di iraniani hanno chiesto un rapido invio di aiuti umanitari a Gaza e hanno espresso opposizione all’aggressione israeliana, brandendo striscioni con slogan come “No al compromesso, sì alla resistenza”.

Queste dimostrazioni riflettono il tentativo del regime di mantenere il sostegno interno per la sua posizione pro-palestinese, nonostante le critiche interne.

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