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Giorgetti

Cosa non cambierà per il Pd dopo le primarie

Le ultime scaramucce sulle primarie del Pd e gli scenari per il Partito democratico. I Graffi di Damato

 

In un eccesso di retorico rifermento allo sbarco per la liberazione della Normandia e delle altre parti d’Europa occupate allora dalle truppe naziste, come l’Italia evidentemente oggi dal governo di Giorgia Meloni, la Repubblica fortunatamente solo di carta ha definito “il giorno più lungo” quello odierno del Pd. In cui si è più modestamente chiamati a scegliere nei gazebo -come ha ricordato il Corriere della Sera- fra Stefano Bonaccini ed Elly Schlein come segretario.

Sulla stessa Repubblica, d’altronde, il vignettista Altan ride della retorica della testata osservando che “il bello delle primarie è che chi vince è uno dei nostri”, come “anche chi perde” per prendere il posto del povero Enrico Letta. Che Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano ha iscritto alla sua anagrafe come “Baioletta”, variante letterario-anagrafica della baionetta con la quale fino all’ultimo giorno del suo mandato si è schierato sulla guerra in Ucraina a favore dell’aggredito Zelensky e non dell’aggressore Putin. Cosa, quest’ultima, che confermerebbe di sicuro Bonaccini, al quale Travaglio non ha storpiato il nome limitandosi a inchiodarlo al suo passato di sostenitore dell’allora segretario del Pd Matteo Renzi. Che per lui basta e avanza per dirne e pensarne il peggio possibile.

Elly Schlein, invece, pur con qualche riserva che neppure Travaglio si risparmia, e per sfortuna appena derubata dello zaino nel suo viaggio ferroviario e congressuale per tutta l’Italia, qualcosa di diverso da “Baioletta” potrebbe dire e fare anche sul fronte ucraino. E pazienza se a sostenerla paradossalmente nella sua corsa alla segreteria sono state le correnti e gli uomini che più a lungo e più ostinatamente -prima, dopo e durante la stessa segreteria Renzi- hanno governato “la ditta”, come Pier Luigi Bersani chiamava il partito prima, durante e dopo -anche lui- la propria segreteria.

Più modestamente, o meno retoricamente, della rappresentazione epica di Repubblica, e al prezzo di soli due euro l’uno, gli elettori chiamati nei gazebo, e quelli che potranno votare da casa digitalmente, col rito grillino, dovranno alla fine decidere se lasciare il Pd mezzo punto sopra il MoVimento 5 Stelle, come risulta dall’ultimo sondaggio effettuato da Demos, farlo risalire non so francamente di quanto, magari accorciando le distanze quasi lunari dal partito di Giorgia Meloni, o farlo davvero sorpassare da Giuseppe Conte. Che vi spera naturalmente, sfruttando ancora la promozione ottenuta dallo stesso Pd, guidando il suo secondo governo, a “punto altissimo di riferimento dei progressisti”: parola dell’allora segretario del partito nazarenico, Nicola Zingaretti, ora ex anche come presidente della regione Lazio, e del mai abbastanza contemplativo filosofo della sinistra Goffredo Bettini. Dio li fa e poi li accoppia, dice un vecchio e felice proverbio.

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