C’è un nuovo libro che illumina la parabola di un Paese come l’India destinato a diventare protagonista della politica e dell’economia globali. Si chiama India is Broken. A People Betrayed, Independence to Today, l’autore è lo storico dell’economia di Princeton Ashoka Mody ed è un saggio che evidenzia le catene del passato che Dehli dovrà rompere se vorrà diventare la protagonista dello sviluppo economico del futuro: le passiamo in rassegna avvalendoci di una recensione apparsa su Foreign Affairs e firmata dal ricercatore del Carnegie Endowment for International Peace Milan Vaishnav.
Ascesa inevitabile?
È arrivato il momento dell’India? Le cifre sembrerebbero dire di sì. Secondo l’FMI l’economia indiana nel 2023 si espanderà del 6,1%, ben sopra del 4% dei Paesi emergenti e cinque volte quella del mondo industrializzato (1,2%). Sono sempre di più le imprese globali, tra le quali Apple e Foxconn, che stanno espandendo le loro operazioni nel subcontinente.
Nel frattempo la popolazione indiana ha sorpassato quella della Cina e le fasce giovanili, che rappresentano il 40% del totale, sono ambitissime in tutto il mondo per le loro capacità di consumo di beni dei brand globali come Netflix e Coca Cola.
Stabilità politica.
Il Paese sembra aver risolto i suoi problemi di stabilità interna, che avevano impedito sinora qualsiasi tipo di riforma modernizzatrice. Dopo aver vinto le elezioni del 2014 e del 2019, il BJP, il partito del Primo ministro Narendra Modi, è avviato ad affermarsi anche in quelle del 2024. Passata sembra essere l’era in cui maggioranze disfunzionali esprimevano una politica balbettante e incapace di dare al Paese un orizzonte di sviluppo.
Al centro dell’attenzione c’è la figura del premier Modi, convinto che l’India debba puntare sulla crescita dei posti di lavoro per assicurare alla popolazione adeguati indici di sviluppo umano. La sua ossessione è superare il modello di sviluppo dell’India del passato che puntava tutto sulla crescita dell’industria pesante e del lavoro operaio a scapito di altri settori che avrebbero potuto impiegare la grande massa dei disoccupati e dei poveri.
Ostacoli nel cammino.
Ma per dare slancio al Paese ci vuole una strategia di ampio respiro e questo Modi lo sa. C’è da combattere lo Stato inefficiente, una burocrazia tentacolare e altri fattori che hanno messo sabbia nel motore della crescita e impedito al potenziale di mercato dell’India di svilupparsi completamente.
Il retaggio del passato è osservabile dalla struttura oligopolistica dell’industria, dai controlli alle importazioni e dal regime penalizzante di licenze per il business, tutti elementi che hanno soffocato lo slancio imprenditoriale. Nemmeno le prime liberalizzazioni, avviate nel 1991, sono riuscite nell’intento di promuovere un’autentica economia di mercato.
In questo contesto si inserisce la strategia lanciata da Modi, orientata ad attirare investimenti e basata su una serie di incentivi fiscali e finanziari.
Ma la spinta propulsiva di Modi non è bastata a rimuovere questi formidabili ostacoli. Tra l’altro, il Primo ministro oscura questa realtà adottando una forma particolarmente virulenta di identity politics in cui la religione gioca un ruolo preponderante anche come elemento di divisione tra la maggioranza hindu e le minoranze. Il Paese e la sua crescita economica, insomma, sono ancora ostaggi di un passato che appare ancora intramontabile.
Riforme, riforme, riforme.
Secondo l’autore del libro, la via di uscita è una sola e si chiama riforme. Riforme orientate anzitutto a decentralizzare il potere svuotando di funzioni lo Stato centrale e conferendole a quelle municipalità dove i cittadini possano svolgere un ruolo da protagonisti.
Sviluppo della società civile significa promuovere valori come uguaglianza, tolleranza a condivisione dei destini. Il futuro dell’India secondo Mody è affidato alla crescita delle associazioni, delle organizzazioni professionali, degli Enti no profit, cioè di tutti quegli attori che possano superare l’antico centralismo e dirigismo che hanno incatenato lo sviluppo indiano.
Quello delineato dal libro di Mody è insomma un modello di crescita che non affida più allo Stato il ruolo primario, bensì alla società e agli individui, a tutt’oggi prigionieri di un comunitarismo alimentato e fomentato da una politica senza scrupoli.
Il messaggio veicolato da India is Broken è che l’India dovrà essere all’altezza della chiamata che le è rivolta dalla storia. E questa strada passa attraverso riforme profonde e non effimere che eliminino le croniche disfunzionalità ereditate dal passato e liberino le energie imprenditoriali finora rimaste al palo.