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Cosa farà Israele contro l’Iran e cosa succede nella Repubblica islamica

Gli obiettivi di Israele contro l'Iran e la situazione interna alla Repubblica islamica. Ecco i temi al centro della conversazione con Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global Studies

L’attacco di Israele all’Iran sarà simbolico e devastante perché Teheran lo scorso 1° ottobre ha varcato una linea rossa. Attenzione però – avverte Nicola Pedde – a nutrire sogni di regime change e quindi di caduta degli ayatollah. Uno scenario che il direttore dell’Institute for Global Studies ritiene esposto a troppe variabili contraddittorie.

Quale sarà il passo che farà ora Israele?

Credo che l’attacco iraniano del 1° ottobre fosse ciò che Israele cercava, ossia una azione di Teheran che rendesse legittima la risposta di Tel Aviv. L’obiettivo di Israele infatti ora è di dimostrare che la sicurezza della regione si garantisce non solo colpendo Hamas e Hezbollah, ma occupandosi direttamente della centrale operativa a Teheran. In poche parole la sicurezza non la si potrà ottenere sino a quando non si risolverà il problema iraniano.

Quindi cosa farà concretamente Israele?

Si tratta di coinvolgere l’Iran direttamente sul piano di un conflitto convenzionale ad alta intensità, possibilmente con il sostegno di altri attori internazionali, a partire dagli Stati Uniti. L’Iran d’altra parte ha fornito un grosso pretesto sferrando un attacco a Israele che ha cambiato paradigma rispetto alla volta scorsa, essendo stati colpiti obiettivi militari e civili in prossimità della capitale come di Tel Aviv.

A questo punto Israele ha tutto il diritto di rispondere per le rime?

Israele adesso ha la possibilità di replicare con attacchi che vadano a colpire innanzitutto la capitale e le sue aree limitrofe, con un impatto simbolico molto forte. Poi ci sono tutta una serie di obiettivi paganti, ossia i siti del programma nucleare, l’infrastruttura della difesa iraniana e gli impianti di costruzione dei missili e dei droni. Credo che siano questi i primi obiettivi di Israele.

Il vero obiettivo è il regime change, ossia la caduta della Repubblica islamica?

Direi che l’obiettivo è piuttosto esplicito, come ha dimostrato qualche giorno fa il discorso di Netanyahu alla nazione iraniana nel quale ha detto che un cambiamento è vicino, più vicino di quanto possiate immaginare. E ha esortato gli iraniani a rimuovere la teocrazia.

Quali le reali possibilità che tutto ciò accada?

Le reali possibilità di promuovere un regime change attraverso un’operazione militare sono tutte da valutare. Secondo me l’idea che basti una spallata militare per demolire la struttura di governo della Repubblica islamica è un sogno antico che però non ha prodotto finora grandi risultati.

Ma gli iraniani sarebbero d’accordo?

L’Iran è un Paese molto diviso, anche se c’è sicuramente una vasta componente della società che non ha alcuna simpatia verso le istituzioni di governo e che desidererebbe un cambiamento all’interno del Paese.

Ma i giovani sono scesi in piazza a migliaia.

È vero, l’ostilità al regime vale soprattutto per la componente giovanile che, ricordo, è maggioritaria nel Paese. Il problema è che un cambiamento promosso con la violenza può generare conseguenze contrastanti. Tra l’altro l’idea che il cambiamento che pur tutti desiderano passi attraverso un completo tracollo delle istituzioni un po’ spaventa ed è oggetto di vivo dibattito. Se è vero che gli iraniani auspicano il cambiamento non è detto che sia vero anche che lo desiderino a qualunque costo. Segnalo inoltre che in Iran tradizionalmente è molto viva una componente di nazionalismo che potrebbe contribuire a compattare il Paese ottenendo dunque l’effetto contrario.

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