A più di 20 anni dalla morte e 63 dal successo di “Tutti a casa”, il film di Luigi Comencini in cui lui da ufficiale nella seconda guerra mondiale comunicava al Comando che gli americani e i tedeschi si erano alleati sparando insieme contro gli italiani, Alberto Sordi è tornato nella mia immaginazione per informarmi che il Corriere della Sera e Il Fatto Quotidiano hanno sparato insieme contro Giorgia Meloni per il suo familismo e insieme vittimismo. Familismo per i congiunti che la circondano anche fuori casa, occupando incarichi importanti nel partito e nel governo, e vittimismo per avere appena reagito agli attacchi, in un’assemblea dei “fratelli d’Italia” protestando contro il “fango” che riceve per questo dagli avversari.
Sotto la testata del Corriere, e il titolo “Il filo di Arianna” scelto per la rubrica del suo caffè quotidiano, Massimo Gramellini ha indicato nel vittimismo “l’autentica religione nazionale di cui Giorgia Meloni è abile sacerdotessa”, convinta a torto o a ragione che questo sia “il modo migliore per rimanere a galla”.
Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, come Beppe Grillo da altre postazioni, ha moltiplicato Giorgia Meloni nel fotomontaggio di giornata, le ha assegnato lo slogan “Io, Patria e Famiglia”, ha avviato un’indagine delle sue, da pubblico ministero onorario, sulle “decine di famigliari” che la destra al governo sta sistemando dove capita ed ha impartito nel suo editoriale una severa lezione di vita alla presidente del Consiglio.
“Capita -ha scritto il direttore del Fatto – che i nuovi partiti sorgano su cerchie familiari e amicali: quando c’è da faticare per pochi voti e posti, alla porta bussano in pochi. Nulla di strano se chi ha costruito il partito dal nulla viene poi eletto e premiato. Ma c’è un limite a tutto e sta alla leader fissarlo, con senso della misura e dell’opportunità politica”. Che naturalmente starebbero mancando, anzi sono largamente mancati alla Meloni.
Non sono mancate polemiche in passato per un certo familismo a o di sinistra, con fratelli, mogli, compagne impegnati nella stessa causa con gradi parlamentari e di partito. Sotto questo profilo l’unica famiglia fortunata fu ai suoi lontani tempi quella dei Lombardi, sparsasi tra esperienze politiche opposte: Riccardo, per esempio, leader della sinistra socialista, e Gabrio, ultracattolico che negli anni Settanta promosse imprudentemente il referendum contro il divorzio, destinato a procurare alla Dc una sconfitta clamorosa, dagli effetti prolungati sino alla morte. Il compianto Attilio Piccioni, il democristiano che avrebbe potuto raccogliere l’eredità di Alcide De Gasperi se non fosse stato danneggiato dall’ingiusto coinvolgimento del figlio Piero nella morte di Wilma Montesi, disse una volta dei Lombardi, scartando una delle sue solite caramelle sui divani di Montecitorio: “Perché dei due a noi è toccato quello sbagliato?”.