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Corriere

La Befana ci ha portato un Corriere della sera anti Meloni?

Che cosa si scopre sfogliando il Corriere della sera del 6 gennaio. Il corsivo di Teo Dalavecuras.

Il Corriere della Sera di sabato 6 gennaio, data già di suo non priva di significato, offre un interessante panorama, non tanto di quanto accade in Italia e nel mondo, ma di quali sono nella fausta ricorrenza dell’Epifania i fronti di attacco dell’antico, già autorevole e tuttora più diffuso tra i quotidiani a stampa a diffusione nazionale. Più diffuso o meno clandestino che sia, visti i numeri dei quotidiani, resta in ogni caso in cima alla graduatoria ed è ciò che conta, quanto meno secondo la classica logica napoleonica. Se e fino a che punto Meloni meriti questi attacchi non è argomento di questa nota.

L’EDITORIALE DI POLITO SUL CORRIERE

L’editoriale, firmato dal bravissimo Antonio Polito (quello che non si peritò di ricordare – guadagnandosi una annoiata smentita d’ufficio di Paolo Mieli – come le direzioni dei grandi quotidiani ai tempi gloriosi di Mani Pulite concertavano il tono della prima pagina) promette bene già dal titolo (“Una lunga disfida a destra”) ma dà il meglio di sé nel paragrafo finale, che trascrivo: “La stabilità dei governi è importante. Ma anche la qualità della loro azione lo è. E se da qui alle elezioni europee diventa una precipitosa corsa a destra, a chi è più estremista, allora nessuna sorpresa se poi un deputato mette mano alla pistola”.

Insomma, se dalla pistola tascabile incautamente esibita dall’onorevole Fdi Emanuele Pozzolo durante il veglione di S. Silvestro è partito (involontariamente ma non incolpevolmente, secondo l’ipotesi indagatoria) un colpo che ha ferito, per fortuna lievemente, un altro partecipante al veglione, la responsabilità di quel “mettere mano alla pistola” è, in ultima analisi, di Giorgia Meloni, rea di agevolazione di una rincorsa tra estremismi, laddove all’inizio dell’editoriale Polito aveva attribuito alla premier un sospetto di tatticismo doroteo.

LE PAROLE PER MELONI

Un modo efficace di proiettare contemporaneamente su Meloni due forme contrapposte di discredito (“dorotea” quindi incapace di scegliere, estremista e promotrice di estremismi ergo inaffidabile). Si prosegue con un secondo titolo a prima vista neutro (“Meloni e Schlein, corsa per il duello tv/Lite nel centrodestra sulle Regionali”) che però di fatto pone la coalizione di governo in una luce non favorevole mentre esalta Elly Schlein come paladino dell’opposizione. Il terzo titolo suona così: “Evoca il complotto. É debole e furba”. In questo caso si tratta di uno “strillo” cioè del richiamo di un’intervista all’interno del giornale, accompagnato da uno stringatissimo cenno all’intervista con Luca Zingaretti (che è poi non sorprendentemente Nicola Zingaretti ed è così titolata: “Così faremo chiarezza. Questa destra ha preso una deriva estremista/ Zingaretti: debolezza e furbizia nelle parole della premier”).  Per finire con la prima pagina, il caffè con la giusta dose di stricnica Gramellini lo serve (oltre che a Conte, presidente di un governo “parolaio”) a Meloni che è capo di un governo “piagnone”. Entrambi vengono accomodati sul banco degli imputati per la condizione in cui versano le “ormai famigerate sale del Codice Rosso” del pronto soccorso

A pagina 7 si trova un articolo intitolato “Meloni, dietro lo sfogo tentativi e pressioni per nomine e appalti” dove si può leggere che “…in questo primo anno di governo Meloni ha acquisito un’altra consapevolezza, di cui si doglia (in italiano si duole, ndr) in privato. (…) Berlusconi diceva che cercava i bottoni del potere sulla sua scrivania ma non li trovava. Forse anche Giorgia Meloni sta sperimentando la stessa sensazione”. Last but not least (è forse l’unico pezzo che giornalisticamente ha un senso), mezza pagina di intervista a Emanuele Pozzolo, che con la sua pistola da tasca è riuscito a creare l’ultimo caso a carico di Meloni.

IL CORRIERE HA ANTIPATIA PER MELONI?

Niente da dire nel merito, né c’è bisogno di tirare in ballo la libertà di stampa, ogni redazione e ogni direttore fanno il giornale che par loro e non ne devono rendere conto a nessuno, non è vero? Però, diciamo che si registra insofferenza se non vera e propria antipatia del “Corrierone” nei confronti dello schieramento di centro destra o destra centro e in particolare nei confronti della leader dello schieramento da tempo, per la precisione da quando Meloni ebbe, nel settembre scorso, la rischiosa idea di correre per vincere le elezioni e poi di vincerle davvero. Cose che non si fanno Giorgia!

Si dirà che anche altre testate condividono lo stesso orientamento del Corriere, a cominciare da Repubblica. Con la piccola differenza che Repubblica è da sempre portabandiera dello schieramento laico progressista e antifascista e un suo editore di lunga data vantava la tessera n. 1 del Pd, laddove il Corriere ha un’antica tradizione di equilibrio e di moderazione (“a destra della sinistra e a sinistra della destra” lo definiva non molto tempo fa il Foglio, un giornale che la sa lunga): certo, una tradizione che nella sostanza negli ultimi decenni è progressivamente svanita (basta pensare alle paginate di interviste a Blair ai tempi dell’invasione dell’Iraq e delle storie delle “armi di distruzione di massa” di Saddam che risultarono armi di distrazione di massa del duo Bush-Blair). Ma è anche una questione di equilibri, di misura. Dedicare una sorta di numero speciale del quotidiano del 6 gennaio (che non è ancora stato proclamato “giornata dell’antimelonismo”) alla schiera non ancora maggioritaria degli avversari della premier denota esibizione di spirito militante e questo non è mai stato nelle corde del Corriere.

C’è un tema per il famoso “giornalismo d’inchiesta”, che non ha neppure bisogno di tenebrosi “consorzi internazionali” a supporto, basta il laptop: chi e/o che cosa rappresenta l’attuale impostazione da combattimento del Corriere, che neppure si può definire movimentista essendo totalmente focalizzata sull’obiettivo?

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