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Corrado Formigli

Corrado Formigli straparla su Israele a L’Aria che Tira di Parenzo

Perché i toni da tifoso di Corrado Formigli di Piazza Pulita su Israele fanno tirare una brutta aria per il giornalismo. La lettera di Giacomo Di Mola

Caro direttore,

ho una domanda per te, che ti sei dimostrato tra i pochissimi osservatori attenti alle piccole e grandi storture del sistema giornalistico, editoriale ed informativo in Italia.

La domanda è la seguente: può il conduttore di un talk show di prima serata, che una volta a settimana veste i panni del moderatore (più o meno) imparziale, che si sforza di accrocchiare un parterre che al telespettatore possa apparire equilibrato, andare come commentatore in un’altra trasmissione della stessa rete nella quale conduce il talk show di cui sopra?

A quanto pare si, se è vero che pochi giorni fa Corrado Formigli, conduttore di Piazzapulita su La7 di Urbano Cairo, è andato L’Aria che Tira, condotto da David Parenzo (sì, lo stesso che dice le parolacce con Cruciani alla Zanzara, il “Drive In” della Confindustriale Radio24) a lanciare strali e giudizi di fuoco sul premier Israeliano Netanyahu, paragonandolo a Putin come un Potere al Popolo qualunque, definendolo infine “Signore della guerra” e “Bullo del quartiere”.

Senza per altro riconoscere allo stesso neppure il merito di aver decapitato Hezbollah, lasciando intendere che sarebbe stato l’Iran a scaricare il leader Nasrallah.

Ecco, mi chiedo e ti chiedo: la prossima volta che (tra un’intervista e Maria Rosaria Boccia e l’altra) proverà a moderare un dibattito sul Medio Oriente, con quale credibilità lo farà? Oppure sono io che sbaglio, e si può serenamente passare dal ruolo di arbitro a quello di giocatore?

Ma poi, direttore, una volta i giornalisti intervistavano gli esperti, i professori, gli ambasciatori, gente di cultura. Oggi intervistano principalmente altri giornalisti. A che pro?

Aggiungo, visto che sono in vena di domande: non è problematico anche questo continuo mischiarsi di piani stilistici, linguistici, lessicali, o come direbbero gli esperti di “tone of voice”?

Insomma ci si può confrontare a suon di offese con “er brasiliano” in una trasmissione radiofonica tra le più ascoltate, e poche ore dopo apparire compiti, seri, professionali. E soprattutto credibili?

Non ho una risposta, ma a me pare che sia un pò come se un capocomico ad un certo punto prendesse a recitare il monologo nell’Atto III di Amleto, “essere o non essere (…)”. Il pubblico starebbe lì pronto ad aspettare il frizzo, il lazzo, lo sberleffo. E tutto perderebbe di significato. O no?

Giacomo Di Mola

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