skip to Main Content

Auto Macron

Coronavirus, che cosa ha detto Macron e cosa pensano i francesi

Coronavirus, anche in Francia sta per essere liquidato il racconto sulla programmazione statale e sul basso impatto del virus. L'articolo di Enrico Martial

Ieri era il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron ha pronunciato un atteso discorso televisivo sul Coronavirus. Con il tono solenne che si impone in questi casi – come peraltro avviene in Italia e in tutti i Paesi – ha annunciato la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado a partire da lunedì 16 marzo, la sospensione del pagamento delle imposte e contributi già dal mese di marzo e varie altre misure economiche tra cui una versione francese della cassa integrazione, nonché la conferma delle elezioni municipali di domenica prossima, che dovrebbero tenere un secondo turno il 22 marzo.

Il discorso aveva una trama su tre linee: la rassicurazione sulla solida preparazione alla crisi, un’opera di comunicazione sulle pratiche personali di igiene e di isolamento per ritardare la pandemia, un focus sulle fasce più deboli, per età e per condizioni fisiche, invitandoli a stare a casa.

L’ordito era su tre corde. La prima era di forte disappunto e malumore rispetto all’insufficienza delle misure della BCE e al comportamento di Christine Lagarde sulla crisi finanziaria. Con la seconda Macron ha richiamato allo sforzo collettivo francese e a quello comune europeo, a fronte di una tradizione nazionale al menefreghismo individuale e rispetto al ripiegamento nazionale di molti Paesi. Sullo sfondo dell’inazione della Commissione europea e del mesto risultato del Consiglio europeo in streaming, erano sottintese non solo chiusure di Austria e Slovenia ma anche della vicina Germania, con i suoi inattesi controlli sanitari alla frontiera. Con il terzo punto, Macron ha puntato il dito sul modello di sviluppo che ha condotto alla crisi globale.

E’ stato un discorso molto buono sotto il profilo della comunicazione, anche d’emergenza, preparatorio alle misure in arrivo. Sono passi successivi per abituare la Francia alla crisi più dura, in un contesto politicamente difficile.

Macron ha valutato di sospendere le elezioni comunali, ipotesi estrema di cui è corsa la voce nel pomeriggio di ieri. Dopo consultazione con le opposizioni, ha deciso poi di mantenere l’appuntamento, non solo perché delle opposizioni ha bisogno a sostegno delle misure stringenti che seguiranno ma anche perché la data elettorale cade proprio male, sul crinale dell’aumento geometrico dei contagiati e degli ospedalizzati, proprio quando c’è bisogno di Comuni forti, funzionanti e legittimi.

Senonché, appena terminato il discorso, e posto qualche dubbio su come faranno da lunedì le famiglie ad andare a lavorare con i figli sul divano, su France 2 sono partiti due servizi di Envoyé Special. Nel primo hanno mostrato come funziona Milano con tutti a casa, utile a far capire anche in Francia l’aria che tira, mostrando luoghi deserti, persone distanziate a far provviste, aziende in telelavoro, un dentista all’opera, coperto delle corrette precauzioni e protezioni. Hanno poi trasmesso un servizio su un medico della provincia francese, Monsieur Legrand, alle prese nel suo studio con i pazienti della giornata.

Anche se fatalisti per abitudine, molti teleutenti saranno andati a dormire preoccupati. Il medico, una quarantina d’anni, pantaloni rossi, professionale e con il senso della missione, riceveva al mattino pazienti di cui almeno tre ritratti mentre tossivano. Uno era ammalato da almeno una settimana: il medico ha tentato di farlo prendere in carico dal SAMU (il 112), che sapeva attrezzato per il Coronavirus, ma è stato dirottato su una ambulanza semplice, e raccolto da infermieri senza mascherine e senza guanti. Ha ricevuto anche una mamma, infante in braccio, con figlia tossente, che alla fine della visita lo informava che la maggiore, rimasta a casa, aveva avuto contatti con italiani forse ammalati, dieci giorni prima.

Al primo pomeriggio il medico Legrand ha perso la tranquillità ed è passato in farmacia, dove lo Stato aveva lasciato per lui la prima provvista di mascherine, che era poi una scatola da 50, ritirata con disappunto per la pochezza del numero. Ne ha indossata una per ricevere i pazienti del pomeriggio, fare il solito giro a casa dei pazienti anziani, fino a quando, uscendo da una di queste abitazioni, e dopo aver toccato tutte le maniglie possibili, lo stesso operatore con la telecamera gli ha chiesto quando si fosse lavato per l’ultima volta le mani, facendolo scusare e tirare fuori il flacone di gel che teneva in tasca.

Proprio una brutta giornata. Il servizio di Envoyé special chiudeva raccontando che, alla fine, dei 17 pazienti che il medico Legrand sospettava di Coronavirus, nessuno aveva fatto il tampone, neppure quello finito in rianimazione, dopo essere stato recuperato dall’ambulanza e dagli infermieri senza guanti.

Tuttavia, ancora nei telegiornali di mezzogiorno, il tono era rassicurante. François Bricaire, virologo esperto e intervistato, usava spesso il termine “influenza”, sottolineava la mortalità estremamente bassa, “il 98% degli ammalati guariscono” (mentre i telegiornali mondiali raccontano della mortalità italiana ben più alta), il ripiegamento della curva in Francia e la sostenibilità della malattia per il sistema sanitario. Ricorrevano immagini di produzione industriale di mascherine.

Si affacciava però al tavolo del pranzo qualche immagine dall’Italia, con i pazienti intubati e provati, con le grida d’allarme dagli ospedali e gli inviti a stare a casa, con il rischio di seguire la traiettoria italiana. I commentatori constatavano che il numero di letti di terapia intensiva, all’inizio della crisi, è intorno a 5000 in Francia come in Italia.

L’impressione è che, dopo il discorso di Macron e qualche osservazione sul campo, la percezione del problema, anche in Francia, stia cambiando. Come per noi la narrativa sull’eccellenza italiana (che pure esiste in alcuni ambiti) e la scarsa consapevolezza hanno lasciato il campo a un realismo più crudo, anche in Francia sta per essere liquidato il racconto sulla programmazione statale (che pure c’è stata) e sul basso impatto del virus.

Sarà degna di studio, questa vicenda, quando sarà finita.

Back To Top