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Copasir, putiniani e le liste di proscrizione

I Graffi di Damato

 

Per quanti sforzi si compiano, con la complicità delle cronache politiche, economiche, giudiziarie e di nera, di distrarci da ciò che accade in Ucraina, cioè nel cuore dell’Europa, dove da più di 100 giorni si trascina una guerra di evidente aggressione e invasione, e vengono bombardate dai russi anche scuole e ospedali per la conquista di territori ridotti a cumuli di rovine e fosse comuni, è proprio questo scempio che continua a consumarsi.

Ad ogni tentativo di interruzione, in qualsiasi sede compiuto, dalla Turchia al Palazzo di vetro delle Nazioni Unite, ed anche in Vaticano, dove il Papa sta per incontrare una delegazione del governo di Kiev per parlare di una sua missione in quel Paese, visto che a Mosca è inutile che pensi di andare a disturbare praticamente le preghiere e le benedizioni del Patriarca Cirillo per gli invasori, dal Cremlino e dintorni si risponde ponendo come condizione preliminare la rinuncia alle sanzioni occidentali adottate contro la Russia. Che purtroppo, per i governanti di Mosca, non possono essere centrate dai missili contrassegnati con la Z di Putin come i depositi delle armi spedite dall’Occidente all’Ucraina per sostenerne la resistenza. Che per essere efficiente deve poter includere anche la possibilità di contrattaccare, perché diversamente sarebbe solo il prolungamento di un’agonia.

Ebbene, di queste sanzioni proprio i governanti russi non stanno dicendo da più di tre mesi che sono inutili, o più dannose a chi le adotta che a chi le subisce? Se questa fosse la verità, imposta da Putin col silenzio anche alla governatrice della Banca centrale russa, che si era permessa all’inizio di dubitarne, perché impiegare tante energie diplomatiche per contrastarle? Perché non lasciare noi occidentali “imbecilli”, come ha appena gridato l’ex presidente russo Mevdved, impiccarci da soli e preparare così la nostra “scomparsa”, cioè la vittoria della Russia?

C’è qualcosa che chiaramente non torna né nei ragionamenti né nei conti della controparte, chiamiamola così. Come non tornano neppure i conti delle enormi quantità di grano ucraino bloccate dalla guerra, sottratte dai russi ai loro depositi, cioè rubate, mentre altri cercano di assicurarne lo sblocco e il trasporto a Paesi che rischiano la fame.Nè tornano, per fortuna dell’Occidente, i calcoli o le scommesse di Mosca sulle divisioni dell’Europa fra chi vorrebbe salvare quanto meno la faccia a Putin, come il presidente francese Emmanuel Macron, e chi neppure a quella tiene più di tanto, visto il modo liquidatori col quale si è visto trattare al telefono ogni volta che lo ha chiamato: il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi. Le foto dell’incontro e dell’abbraccio fra i due ieri a Parigi debbono avere prodotto a Mevdved chissà quale altra sfuriata. mitigata forse solo dalla scommessa sull’altro suicidio che l’Europa avrebbe deciso di mettere in cantiere programmando dal 2035 la produzione di auto non più a benzina o nafta.

Non parliamo poi, e infine, del suicidio tutto italiano delle presunte “liste di proscrizione” dei sostenitori diretti o indiretti di Putin che, in qualche modo predisposte dai soliti servizi segreti, sarebbero state affidate per la loro diffusione al Corriere della Sera. “I soggetti per cui si straparla di proscrizione -ha telegrafato lo scrittore Gianrico Carofiglio, già magistrato e parlamentare del Pd, alla Gazzetta del Mezzogiorno– sono ogni sera nel talk show”, per cui “un po’ di decenza linguistica non guasterebbe”. Davvero.

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