Il campo largo, larghissimo, smisurato, asciutto o bagnato secondo le condizioni del tempo, non è necessariamente politico. Può diventare, se non lo è già diventato nelle feste annuali di partito, un campo da gioco in senso lato. Non quello del pallone. Ma un parco giochi, al plurale, comprensivo di una giostra dove si sale o da dove si scende scambiando passeggeri e ruoli allegramente, anche quando in realtà volano insulti e minacce.
Allegramente, dicevo, come la segretaria del Pd Elly Schlein che dalla festa dell’Unità ha ieri cantato, sempre più “testardamente unitaria”, come dice ovunque si trovi a parlare, la vittoria immancabile dell’alternativa al governo di centrodestra di Giorgia Meloni. Che è stata esortata, tra un attacco e all’altro per come parla, per cosa dice, per come si veste e persino per come fa la madre, a rassegnarsi al destino che l’attende fra due anni, a elezioni puntuali o leggermente anticipate. Si vedrà. Ma la Meloni scaramanticamente si veste di rosso e continua a sperare, scommettere e quant’altro sul raddoppio del suo mandato di governo. Che potrebbe portarla poi al Quirinale, dove l’ex premier Lamberto Dini è tornato a immaginarla “bene”, parlandone al Tempo.
Tuttavia, mentre la Schlein festeggiava, con anticipo largo come il campo che ritiene di presidiare, le vittorie regionali di quest’anno e quella nazionale del 2027, Giuseppe Conte dal palco di un’altra festa, quella del Fatto Quotidiano, illuminata di giorno dal sole, quando c’è, e di sera dalle stelle che furono di Beppe Grillo, ha avvertito che col Pd “non” si sente “alleato”. Guadagnandosi naturalmente gli applausi di un pubblico di ormai consolidato scetticismo, a dir poco, verso il Nazareno, anche se agli appuntamenti congressuali del Pd esso ha il privilegio di poter concorrere all’elezione del segretario, e persino determinarla. Il compianto Emanuele Macaluso in qualche modo ne morì di stupore, a dir poco, non convinto alla rassegnazione neppure dal suo amico Giorgio Napolitano ormai ex presidente della Repubblica, ma anche quando era ancora in carica.
Da questo pubblico di potenziali elettori del segretario o segretaria del Pd, coerentemente con la bizzarria di un parco giochi con giostre e altro, la Schlein era corsa il giorno prima di raggiungere la festa dell’Unità. Ricevendone un’accoglienza così poco amichevole, di così poca empatia, da indurre il direttore del Fatto, e padrone di casa, a saltare ad un certo punto sul palco per richiamare al dovere di ospitalità, non di contestazione e di linciaggio. La Schlein ha ringraziato, come sventurata monaca di Monza che rispose al suo corteggiatore.