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Trump Ambiente

Come sarà il prossimo pacchetto di aiuti economici anti Covid per gli americani

Tutti dettagli sulle discussioni in corso negli Stati Uniti sul prossimo pacchetto di stimolo che il Congresso Usa approverà entro il 31 luglio

 

Due cose sono certe del prossimo pacchetto di stimolo che il Congresso Usa si accinge a varare: sarà approvato entro il 31 luglio, quando entrambi i rami delle Camere cominciano la pausa estiva, e non sarà generoso né come il primo né come quello maxi da 3 trilioni di dollari che i Democratici hanno approvato da soli nella Camera dei Rappresentanti.

Tutto il resto, a partire ovviamente dai contenuti del provvedimento, è al momento in discussione a Washington a cavallo tra Pennsylvania Avenue e il Congresso, dove folti sono i capannelli di parlamentari e ministri intenti ad accordarsi sugli aiuti da garantire al popolo americano.

Facendo ordine nella ridda di proposte e controproste avanzate negli ultimi giorni dalla classe politica, Zack Friedman di “Forbes” ha scritto un articolo che fa il punto preciso su cosa assai probabilmente sarà incluso nel pacchetto e cosa rimarrà fuori, evidenziando le principali differenze esistenti in questo momento tra i partiti.

Inesorabile, secondo Friedman, sarà l’approvazione di un secondo round di pagamenti diretti per i cittadini americani, misura che gode del sostegno tanto del presidente quanto di entrambi i partiti. Ciò che è in discussione è l’entità dell’assegno e i criteri con cui stabilire i destinatari.

Sono in molti a pensare che la somma giusta sia la stessa della volta precedente, ossia 1.200 dollari per ogni cittadino, anche se non manca chi vorrebbe diminuirlo o incrementarlo fino a 2.000.

Quanto al numero di beneficiari, la partita si gioca sulla loro soglia di reddito: c’è chi vorrebbe distribuire gli assegni ai soli americani che guadagnano fino a 40 mila dollari l’anno, e chi alza quella soglia a 75 mila o addirittura 99 mila dollari.

Un secondo punto su cui si registra un certo consenso tra amministrazione e parlamentari riguarda la necessità di stanziare aiuti finanziari per gli Stati e le amministrazioni locali stremate dal virus, molte delle quali sono ora in forte difficoltà e sono costrette a dolorosi tagli nei budget se non a contemplare la bancarotta.

Qui però le differenze tra i partiti sono macroscopiche, perché per questa voce i repubblicani vorrebbero stanziare 30 miliardi di dollari contro i 430 dei rivali democratici. È ovvio, viste le convergenze, che alla fine si troverà un compromesso.

Un altro motivo di divisione riguarda gli assegni di disoccupazione, che i democratici vorrebbero riproporre con la medesima entità (600 dollari) e i repubblicani preferirebbero far sparire perché lo considerano un generoso incentivo per non tornare al lavoro.

Il punto di caduta potrebbe essere rappresentato dalla proposta del senatore repubblicano Rob Portam che ha suggerito di dare agli americani una sorta di incentivo in denaro (450 dollari) per tornare al lavoro.

Un argomento che scalderà molto le aule sarà la questione della responsabilità penale delle istituzioni o aziende ove gli americani hanno contratto il coronavirus. Un argomento spinosissimo dal punto di vista legale che vedrà probabilmente il Congresso varare ciò che pretende il leader del Senato MitchMcConnell, ossia una sorta di scudo legale per aziende, scuole e ospedali.

Se questi sono i provvedimenti che secondo Friedman hanno buone probabilità di passare, ve ne sono alcuni che a detta dello stesso non hanno alcuna speranza.

Sicuramente avviato a bocciatura è il prestito da 10 mila dollari per ogni studente che i Democratici avevano incluso nel loro pacchetto votato a giugno.

Destinato a cadere nel dimenticatoio è anche il bonus vacanze di 4 mila dollari che sarebbe dovuto essere distribuito alle famiglie per incentivare il turismo.

Né vi saranno soldi per realizzare nuove infrastrutture, nonostante il tema sia caldo: non è questo il momento per trattare di un argomento su cui rimane comunque alta l’attenzione.

Secondo Friedman, infine, Donald Trump dovrà rinunciare a quello che ha ripetuto di pretendere appena pochi giorni fa: un robusto taglio delle tasse.

 Su questo punto sarà bene però riprendere quanto scriveva ieri Fox Business, i cui sismografi registrano uno scontro interno all’amministrazione proprio su questo punto.

A scontrarsi sarebbero le visioni del n. 1 del Consiglio Economico Nazionale, Larry Kudlow, il cui expertise in supply-side economics lo spinge a ritenere quel taglio di tasse una panacea per le imprese Usa e dunque un imperativo per il Congresso, e quella del Segretario al Tesoro Mnuchin, convinto che non valga la pena imbastire una battaglia per un provvedimento che i Democratici affosserebbero con la loro maggioranza alla Camera.

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