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Così la Germania di Merkel (a Roma) giudica il governo M5S-Lega

Che cosa c'è scritto nel paper scritto dalla sede italiana della Fondazione Adenauer sul governo Conte e sulla maggioranza composta dal Movimento guidato da Luigi Di Maio e dalla Lega capitanata da Matteo Salvini

Il giudizio dalla Fondazione della Cdu di Angela Merkel sui primi cento giorni del nuovo governo italiano sono cristallizzati nel titolo dato al dossier da poco pubblicato: “(Nessun) cambiamento in vista?”. Più che una notazione critica, pare un sospiro di sollievo, soprattutto alla luce del grande sospetto con cui le autorità politiche di Berlino seguono l’esperimento del “governo anti-sistema” italiano. Scorrendo le otto pagine del rapporto, firmato da Caroline Kanter e Silke Schmitt, rispettivamente direttrice e ricercatrice scientifica della sede romana della Konrad Adenauer Stiftung (Kas), quello che emerge è la grande distanza rilevata dalle autrici tra le promesse elettorali dei due partiti della coalizione di governo e i risultati concreti finora prodotti. Un bilancio critico confermato anche dalle fonti scelte e citate per commentare le iniziative dell’esecutivo.

Molto rumore per nulla? Il giudizio è naturalmente confinato ai primi tre mesi e passa di navigazione, nei quali – secondo la Kas – è prevalsa “una politica simbolica” densa di tagliente retorica, minacce, pressioni e ricerca dei colpevoli, come evidenziato nell’approccio alla questione migratoria o nelle reazioni al crollo del ponte di Genova. Ma specie nell’azione economica è prevalso lo stallo – reddito di cittadinanza, Flat-tax, smantellamento della legge Fornero – così come a rilento procedono i rinnovi delle cariche nelle aziende statali. Insomma, manca per ora il cosiddetto “grande colpo”. E nonostante questo, notano le due autrici, si è assistito a un ribaltamento dei rapporti di forza tra i partner di governo, con la Lega in grado di rincorrere e superare nei sondaggi il Movimento 5 Stelle e l’emergere di Matteo Salvini come nuovo uomo forte della coalizione e della politica nazionale. Il tutto nella consunzione delle opposizioni: Forza Italia erosa dalla Lega, il Pd invischiato in una serie di conflitti interni. Le promesse del voto sono ancora rimaste al palo, ammette la Fondazione Adenauer, ma la maggioranza ha consolidato nel complesso il proprio consenso.

I temi economici sono analizzati in prima battuta. Le autrici notano, con una vena di ironia, come l’attività parlamentare non sia stata poi proprio pigra: nei primi mesi sono state presentate 1800 proposte di legge (1049 alla Camera, 742 al Senato), una media di oltre 13 al giorno. Una mole di lavoro (per altro non estranea alla tradizione bicamerale italiana) che ha prodotto la fine dei vitalizi. Un risparmio di 40 milioni di euro l’anno che, secondo la Kas, non produrrà un grande effetto sui 20 miliardi di buco nel bilancio e che resta ancora sospeso per le resistenze in Senato e per i ricorsi già annunciati dagli ex parlamentari.

Spazio più ampio viene dedicato al decreto dignità, “una sorta di riforma del mercato del lavoro che insegue l’obiettivo prioritario di abolire il precariato”. Si evidenziano i punti che dovrebbero favorire il passaggio da contratti di lavoro da tempo determinato a indeterminato, rafforzare le garanzie di coloro cui i contratti non vengono rinnovati (attraverso una buonuscita più alta) e regolamentare le quote in azienda di lavoratori con contratti a termine, oltre alle sanzioni in cui incorrono le imprese che, accedendo a incentivi pubblici, delocalizzano nei primi cinque anni di attività fuori dall’Italia.

Ma quel che trapela dal rapporto della fondazione della Cdu è un giudizio negativo. Si evidenziano i moniti di imprenditori e banche, secondo i quali per combattere il precariato si sarebbe dovuti intervenire sul lavoro nero o sui falsi lavori part-time, invece che sui contratti a termine e si riporta una critica del quotidiano Il Foglio, secondo cui il decreto dignità sottintende “una chiara visione ideologica del mercato del lavoro che ricorda le teorie dell’estrema sinistra anni Settanta”. Per i tedeschi, che avevano accolto con entusiasmo il Job Act, la scelta di Di Maio di smantellare la riforma renziana che aveva prodotto “importanti liberalizzazioni e semplificazioni” nel mercato del lavoro “genera insicurezza tra le aziende straniere e può produrre conseguenze negative negli investimenti dall’estero”.

Il dossier sottolinea anche le differenze su statalizzazioni e privatizzazioni emerse fra i due partner di coalizione all’indomani del crollo del ponte di Genova e nel caso Alitalia, con i 5 Stelle propensi in generale alle nazionalizzazioni e i leghisti più prudenti, avendo fatto “in Lombardia e Veneto buone esperienze nei rapporti con i privati”.

Ma visto che sul terreno economico il vero banco di prova arriva proprio in queste settimane con la definizione della Legge di bilancio 2019, è su quello politico che si concentrano le preoccupazioni maggiori della Fondazione Adenauer. Qui si evidenziano le dissonanze sempre maggiori fra quel che accade a Roma e a Berlino, almeno sul piano istituzionale. La “critica e diffamazione del vecchio sistema” politico, emersa ripetutamente con le minacce di impeachment al presidente Mattarella durante le consultazioni per il governo, con le responsabilità addossate ai governi precedenti per il disastro di Genova e con lo svilimento del ruolo del Parlamento (viene citato un intervento di Giorgetti al meeting di Rimini) aprono la strada alla “messa in dubbio della democrazia rappresentativa”. Posizioni riassunte da Davide Casaleggio, colui “che tira i fili dei 5 Stelle”, il quale teorizza che “grazie a Internet e alle nuove tecnologie esistono strumenti di partecipazione più efficaci e democratici rispetto a ogni altro modello di governo del Ventesimo secolo”.

Su queste coordinate si innesta, secondo la fondazione cristiano-democratica, l’ascesa di Matteo Salvini: onnipresenza sui media e sui social media, linea dura sui migranti, retorica affilata contro l’Ue, il leader leghista ha intensificato la ricerca di rapporti internazionali (citati gli incontri con Tony Blair e Victor Orban come i futuri appuntamenti in Russia e Israele), “dando l’impressione di riscaldarsi per il ruolo di presidente del Consiglio”. Il rapporto riconosce come tutto questo attivismo abbia portato a un aumento dei consensi per la Lega e per la sua persona e aggiunge: “Si ha l’impressione che gli elettori desiderino un leader forte e capace di imporsi”. Se ancora Salvini non è il premier ufficiale, può essere considerato “il premier ombra”, mentre Conte agisce preferibilmente nelle retrovie e Di Maio prova a rincorrerlo ma fatica ad emergere.

Un veloce accenno alla politica estera, con la crisi libica (sostegno a Sarraj ma tentativo di coinvolgere tutte le componenti in conflitto nella conferenza prevista in autunno in Sicilia) e il legame allacciato con Trump, sul quale in Germania è suonato l’allarme. La Kas è prudente: la visita di Conte a Washington ha prodotto belle foto, un generico impegno comune per la stabilità del Mediterraneo e contro il terrorismo e uno più esplicito sul ruolo di Roma nella situazione libica, ma “bisognerà attendere per capire se questo nuovo rapporto cambierà la strategia di politica estera italiana”.

Ora, con la definizione della Legge di bilancio, arriva la prima vera prova per il governo – conclude il rapporto – ed è ancora “poco chiaro come si vorrà chiudere il buco di 20 miliardi senza allargare il debito” e quali misure potranno essere adottate “per evitare l’aumento dell’Iva e mettere in pratica costose promesse elettorali come il reddito di cittadinanza e la flat-tax”. Lega e 5 Stelle devono ora produrre risultati. Ma i due partiti crescono nei consensi anche grazie alla debolezza delle opposizioni che – è l’auspicio lanciato dalla fondazione della Cdu – dovrebbero adesso rianimarsi: “la paura per le elezioni europee del 2019 aumenta”.

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