La “sottocultura manettara”, come la chiama Giuliano Ferrara scrivendone sul Foglio, sta soffrendo questa specie di riedizione di Tangentopoli a Milano, limitata all’urbanistica, perché le manca lo spettacolo di 33 anni fa. Quando gli arresti cadevano come foglie dall’albero di autunno. E della loro esecuzione giornali e televisioni erano avvisati in tempo per poterli riprendere al meglio.
Di una settantina quanti sono diventati gli indagati di adesso, triplicandosi in ventiquattro ore, almeno una decina sarebbero finiti in manette, davanti a fotografi e telecamere, con le abitudini e le norme del 1992. Che il ministro della Giustizia Carlo Nordio si è vantato di avere fatto modificare dal Parlamento, per cui ora si può finire arrestati dopo e non prima di essere interrogati.
In questa novità tuttavia i nostalgici delle manette facili e abbondanti, festeggiate e sollecitate da cortei di manifestanti in orgasmo metaforico, hanno subito ravvisato la prova di un ulteriore degrado della moralità e della politica. Per cui i post-grillini di tendenza e presidenza Conte hanno avvisato il sindaco di Milano Beppe Sala, “allucinato” nel sapersi indagato leggendo i giornali, che non deve aspettarsi “sconti” se e quando gli dovesse toccare anche un arresto. Così è stata avvertita anche la segretaria del Pd Elly Schlein che gli ha telefonato per solidarietà.
Ancora più chiaramente di Conte e altri onorevoli dichiaranti, sul Fatto Quotidiano il direttore in persona Marco Travaglio ha indicato ciò che compromette di più, e definitivamente il sindaco di Milano: la sua origine di destra, provenendo dall’amministrazione milanese di Letizia Moratti, le sue conseguenti abitudini e frequentazioni di ricchi insaziabili, anche di cemento. E infine la sua fallace, arbitraria collocazione a sinistra, per giunta in gara con altri, magari della sua stessa stoffa sociale e culturale, possibili federatori di un’alternativa al centrodestra estesa da Matteo Renzi a Nicola Fratoianni attraverso il Pd e il MoVimento 5 Stelle.
La deTutto questo è qualcosa di indigeribile che Travaglio, sempre lui, rimprovera alla Schlein di non avere ancora capito, visto che ha telefonato a Sala, ripeto, per condividerne allucinazione, sorpresa e quant’’altro. Soprattutto il rifiuto esplicito del sindaco di Milano di “riconoscersi” nella rappresentazione urbanistica di Milano corrotta e corruttibile fatta dagli inquirenti nelle richieste dei primi arresti, bontà loro, domiciliari: una Milano opaca di affari, oltre che di skyline.