Sin dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina i governi europei, sorpresi e scioccati dalla “Operazione militare speciale” del presidente Putin, hanno sempre reagito con politiche caratterizzate dal timore di un’escalation, esitando a fornire missili a lungo raggio, carri armati pesanti e jet da combattimento necessari alla difesa di Kyiv.
In queste settimane pre-elettorali, con la disinformazione che orienta l’attenzione delle opinioni pubbliche occidentali contro il governo israeliano, l’esercito russo ha incrementato la sua offensiva sul territorio ucraino Kharkiv per occupare tutto il Donbass.
Intanto, sembrano aver trovato parziale risposta i crescenti appelli del presidente Zelensky di ricevere gli armamenti promessi dall’Occidente e di poterli utilizzare per colpire obiettivi militari all’interno dei confini russi.
La questione divide profondamente i sostenitori europei dell’Ucraina, con la Germania riluttante e l’Italia nettamente contraria a permettere all’Ucraina di colpire oltre il confine, per timore di un’escalation nucleare da parte di Mosca.
Mentre alcuni (sempre meno) alleati di Kiev rimangono “avversi al rischio” e scoraggiati dalla deterrenza nucleare di Mosca, il Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha fortemente sollecitato la revoca delle restrizioni per sostenere la difesa dell’Ucraina. Dopo un’attenta valutazione del Pentagono, il presidente Biden avrebbe segretamente autorizzato l’Ucraina a colpire in territorio russo con armi Usa non a lungo raggio, ma solo nell’area vicino a Kharkiv, come richiesto anche dal presidente francese Emmanuel Macron, da Gran Bretagna, Canada, Polonia, Finlandia, Olanda, Paesi Baltici ed altri alleati Nato.
FOMENTARE LA DISCORDIA TRA I PAESI UE
Con la guerra della Russia contro l’Ucraina al suo terzo anno, i soldati ucraini sono esausti, in inferiorità numerica e per mesi non hanno ricevuto gli armamenti statunitensi a causa del blocco imposto da alcuni senatori repubblicani che rispondono alle direttive trumpiane.
Il Presidente Vladimir Putin, come sempre si insinua tra le persistenti divisioni e differenti posizioni politiche in Occidente, alimentando la sua guerra psicologica con minacce nucleari e di “gravi conseguenze” contro i Paesi occidentali che permetteranno all’Ucraina di usare le proprie armi per colpire la Russia.
La posta in gioco è enorme. L’Ucraina sta lottando per contenere un’offensiva di terra russa nella regione di Kharkiv, dove Mosca ha recentemente ottenuto i maggiori guadagni territoriali in 18 mesi, conquistando ulteriori 880 Km quadrati di territorio ucraino. Per questi motivi il Segretario della Nato Jens Stoltenberg ha esortato le potenze occidentali a riconsiderare le restrizioni, in quanto ostacolano la capacità di Kyiv di difendersi.
Gli esperti militari affermano che è difficile per l’Ucraina difendersi se non può colpire obiettivi militari dall’altra parte del confine, e le limitazioni imposte dagli alleati rendono più facile per la Russia stabilire un vantaggio strategico, operativo e tattico. Poter attaccare le basi militari sul territorio russo, da dove vengono continuamente lanciati missili e droni contro obiettivi ucraini, è essenziale per difendersi ed al contempo logorare le forze nemiche, interrompere le loro catene logistiche e di rifornimento, impegnandole nel fuoco di controbatteria.
LEADER EUROPEI DISSUASI DALL’INFLUENZA MALIGNA DALLA RUSSIA
La realtà è che la deterrenza nucleare e la guerra psicologica della Russia da un lato, la compromissione di alcuni esponenti politici europei dall’altro, hanno dissuaso molti decisori occidentali dall’aiutare decisamente l’Ucraina nella sua guerra di autodifesa.
Mentre la Russia non si pone alcuno scrupolo nell’attaccare città, infrastrutture e popolazioni civili, i leader occidentali tentennano, nonostante il diritto internazionale autorizzi uno Stato sotto attacco a colpire il Paese aggressore, purché rispetti il diritto umanitario. Alcuni nostri leader sono principalmente avversi al rischio, quando non compromessi, e quindi facilmente influenzabili dalla Russia. La strategia di porre restrizioni sull’uso dei sistemi d’arma, stabilite singolarmente da ciascuno degli Stati alleati dell’Ucraina, e non dalla Nato, complica ulteriormente la situazione.
Una situazione che permette ad alcuni governi europei di essere ambigui ed attuare un vero e proprio “doppio gioco”.
SEGUIRE L’ESEMPIO DELLA FRANCIA DEL PRESIDENTE MACRON
Nello scorso mese di febbraio, il presidente francese Emmanuel Macron ha scatenato un putiferio tra alcuni membri della Nato, quando ha rifiutato di escludere l’invio di truppe in Ucraina.
L’uscita “non convenzionale” del Presidente Macron, che esplicitando una “ambiguità strategica” francese non ha escluso l’invio di soldati in Ucraina, ha cercato di allertare ed organizzare preventivamente gli alleati per far fronte all’escalation russa, poi effettivamente avvenuta. Prospettando la possibilità, per quanto remota, di un intervento di truppe occidentali in Ucraina, il presidente francese ha voluto mettere in guardia la Russia, e farle capire che le risposte occidentali in difesa dell’Ucraina si sarebbero spinte anche al di là del solo invio di armi. Oggi, con l’Ucraina che perde terreno, si moltiplicano i segnali che Paesi come la Polonia, la Repubblica Ceca e gli Stati baltici si stanno avvicinando a quell’idea. La rottura del tabù da parte di Macron sulla discussione del dispiegamento di truppe occidentali in Ucraina è stato un momento di svolta nella strategia di deterrenza alla Russia.
Sebbene la Russia sia militarmente molto più forte dell’Ucraina, mostra segni di debolezza molto maggiori all’interno dei suoi confini.
Gli ucraini conoscono le culture politiche, le paure e le paranoie nazionali russe, le divisioni socioeconomiche e altre vulnerabilità esposte dalle sanzioni imposte che potrebbero essere maggiormente sfruttate dall’Occidente.
Facendo la guerra all’Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin ha rotto la tensione latente che, finora, ha tenuto insieme la Federazione Russa. Con la sua caparbia difesa, l’Ucraina ha dimostrato la capacità di attaccare la base di potere interna del regime russo e la credibilità del presidente Putin.
L’Ucraina, oltre ad essere l’argine posto a difesa delle democrazie europee contro le politiche imperialiste russe, può diventare un riferimento per i leader e i movimenti degli 11 fusi orari della Russia che cercano l’autonomia – e persino l’indipendenza – da Mosca.
Alcune di queste voci sono di etnia russa nelle città e nelle regioni lontane del Paese che soffrono di un collasso economico e demografico. Molti si rendono conto che starebbero molto meglio con un’autonomia di tipo federalista.
Permettere all’Ucraina di attaccare le basi militari russe non significa attaccare il territorio o le città all’interno dello Stato russo. Al contrario. Significa determinare il diritto all’autodifesa dell’Ucraina ed al contempo mostrare solidarietà con i popoli della Russia.
Tale autonomia minaccerebbe l’autoritario sistema di controllo del Cremlino e richiederebbe a Mosca di soddisfare le crescenti richieste sociali delle regioni, dirottando i fondi dal regime centrale e dalla sua modernizzazione delle armi offensive verso il popolo.
A seguito delle dichiarazioni del presidente francese, molti alleati stanno valutando la possibilità di dispiegare una sorta di presenza sul campo sotto forma di addestratori o assistenza tecnica ed invece di affidarsi ai sondaggi interni, i leader europei dovrebbero seguire l’esempio di Macron ed adottare conseguenti decisioni, condividendole in ambito Nato.
SERVE UNA SUPER ESCALATION DELLA NATO CONTRO LA RUSSIA
Escludere pubblicamente la possibilità di utilizzare sistemi d’arma per colpire basi militari russe o una presenza di truppe occidentali in Ucraina non ha senso, che sia o meno una proposta realistica per alcuni Paesi della Nato.
Le fin troppo prudenti politiche europee si sono rivelate fatalmente sbagliate fin dall’inizio, in quanto non c’è mai stata una strategia per impedire alla Russia la conquista di ulteriori territori ucraini. Purtroppo, è stata la debolezza percepita degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, e quindi della Nato, ad invogliare il presidente Putin a invadere l’Ucraina. Soltanto l’intervento in extremis del premier britannico Boris Johnson ed il coraggio del popolo ucraino e del suo presidente Zelensky, che pochi si aspettavano, hanno impedito al Cremlino di conquistare Kyiv.
Come nessun altro Paese, l’Ucraina non domata, ha dimostrato una capacità inaspettata di difendersi dall’aggressione russa, con o senza il sostegno dell’Occidente.
Solo la prospettiva di una super escalation della Nato può rappresentare la più efficace deterrenza contro le minacce ibride e nucleari russe ed una delle più grandi paure del Cremlino.