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Merkel Pandemia

Come e perché la stampa tedesca boccia la gestione Merkel della pandemia

Tutte le critiche di alcuni giornali tedeschi su come il governo Merkel sta fronteggiando la pandemia da Covid

 

Sic transit gloria mundi. L’ultimo vertice del gabinetto di crisi tedesco che ha varato una cervellotica road map per l’allentamento progressivo delle misure restrittive potrebbe essere stato un momento di cesura nel consenso dei cittadini verso il loro governo. Le decisioni hanno scontentato tutti: gli aperturisti e i prudenti, i commercianti e i consumatori, gli economisti e gli imprenditori, gli insegnanti e i genitori, gli epidemiologi e forse anche i complottisti. Il compromesso elaborato può a buon diritto smentire l’antico detto secondo il quale, se la politica scontenta tutti, allora agisce bene. Non è così.

La nuova strategia del governo per gestire la seconda primavera ai tempi della pandemia può riassumersi in un barocco, bislacco e contorto rebus degno della Settimana Enigmistica, tanto che per pubblicizzarlo i presidenti regionali (che per inciso vi hanno contribuito in maniera determinante) sono dovuti ricorre a un lungo lenzuolo di carta, pieno di tabelle (se l’incidenza è tot scatta questo, ma appena raggiunge tot scatta quest’altro) e degno della scheda elettorale di un’elezione amministrativa.

Prescrizioni peraltro già superflue, giacché ogni Land sta agendo di testa sua, aggiustando, modificando, forzando quelle linee guida in nome dell’autonomia federale.

Per raggiungere questo capolavoro politico-burocratico, sedici presidenti di Länder e alcuni ministri del governo, guidati da una cancelliera che appare di nuovo tanto stanca quanto stufa, si sono accapigliati per ore seppur in forma digitale. Oltre nove ore di confronto, al termine delle quali l’unica cosa che resterà a futura memoria è lo scazzo verbale tra il presidente della Baviera Markus Söder (Csu) e il ministro delle Finanze Olaf Scholz (Spd), che potrebbe aver rappresentato il primo battibecco della prossima campagna elettorale (episodio che ha spiazzato l’altro pretendente alla candidatura per i conservatori, Armin Laschet). Il tono del confronto: “Non so cosa ti sei bevuto, qui non sei il cancelliere, non sei il re della Germania o il sovrano del mondo” le parole di Söder, irritato per come il ministro delle Finanze stesse disponendo dei finanziamenti in capo alle regioni; “Ma quello di cui tu vuoi liberamente disporre è esso stesso denaro dei contribuenti”, la replica del socialdemocratico. Insomma, soldi.

L’ennesimo vertice di crisi ha certificato platealmente la difficoltà della Germania di fronte all’onda lunga della pandemia, tanto da far venire il sospetto che la brillante gestione della prima ondata sia stata dovuta più alla fortuna che alla capacità: la fortuna di aver avuto un mese di vantaggio rispetto allo scoppio del virus in Italia e di aver chiuso tutto prima che il covid potesse insinuarsi in maniera irrimediabile. Poi ordinaria amministrazione. È una débacle che non coinvolge solo il governo federale, ma l’intero sistema tedesco. L’estate è trascorsa senza che le linee di difesa fossero state rafforzate, basti l’esempio tragico delle scuole, in cui le misure di igiene e sicurezza sono rimaste quelle della scorsa primavera, e la seconda ondata autunnale ha travolto anche quello che pochi mesi prima era sembrato il primo della classe (è sempre poco elegante autocitarsi: ma ricordate le corrispondenze dalla Germania colme di elogio che leggevate sulla stampa italiana ancora a novembre e dicembre? Beh, qui su Startmag.it leggevate altro). A tutto questo si è aggiunto l’avvio della campagna di vaccinazione, bollato dagli stessi giornali come “catastrofico”. E non solo per colpa delle incertezze di Bruxelles.

Ora la stampa tedesca presenta il conto. “Se il disincanto per la politica dovesse raggiungere presto nuove vette, ciò avrà molto a che fare con la cancelliera e il ministro della Sanità”, scrive lo Spiegel. “Né Angela Merkel né Jens Spahn hanno svolto il loro compito dalla scorsa estate. Il paese e i suoi cittadini avrebbero fortemente desiderato un governo fresco ed energico. Quello attuale ha ora dimostrato in modo permanente che non è possibile”.

Il titolo del commento è “Un nuovo governo”, ma per averlo bisognerà attendere ancora molti mesi, fino alle elezioni del 26 settembre. E chissà se le previsioni da tempo stabili di una futura maggioranza nero-verde (Cdu-Csu e Grünen) non verranno rimescolate da improvvisi cambi di umore degli elettori, soprattutto verso la Cdu: nei sondaggi si nota qualche prima crepa, mentre quelli sul gradimento verso la gestione della pandemia indicano che solo la metà ancora le supporta, qualche mese fa le percentuali si aggiravano sul 70%.

Ma la critica va più in profondità, supera la riscoperta debolezza di una formula di governo. Questa situazione “scuote anche le auto-attribuzioni coltivate a lungo”, riprende lo Spiegel, “per molto tempo noi tedeschi siamo stati convinti di vivere in un paese moderno, innovativo e ben organizzato. La pandemia ci ha portato via questa delusione. Se la Repubblica Federale fosse effettivamente un paese moderno, innovativo e ben organizzato – e allo stesso tempo avesse la fortuna di avere una leadership politica vivace, ambiziosa e vigile, la situazione ora apparirebbe più rosea. Allora ora ci sarebbero state buone prospettive per la cultura, la gastronomia o per i negozianti, ci sarebbero state prospettive per più socialità, per più felicità nella vita”.

“La reputazione della Germania nel mondo è sempre meno in linea con la realtà”, rincara il Tagesspiegel di Berlino, che nel suo titolo parla di “retrocessione”. Le critiche si appuntano sul settore amministrativo, quello cui è demandata l’implementazione sul campo delle strategie politiche. “La lentezza è un lusso che ci si deve poter permettere”, riprende il quotidiano che denuncia invece un settore pubblico tedesco “appesantito che, come si sta ora dimostrando, non è in grado di erogare servizi in maniera efficiente neppure in caso di emergenza”.

L’esempio della campagna di vaccinazione è emblematico. L’elenco dei paesi dove le somministrazioni procedono più rapidamente, anche in situazione di carenza di dosi, imbarazza i tedeschi: il Tagesspiegel cita Messico, Serbia, naturalmente per non parlare di Israele, il sogno proibito, dove ora ci si immunizza nei pub dopo aver ottenuto un barcode sul proprio smartphone. Qualche giorno fa il tabloid Bild aveva pubblicato una bandiera britannica in prima pagina, con il titolo: “Vi invidiamo”. Deve essergli costato molto, dopo i tanti sfottò inviati lo scorso anno all’indirizzo di “Mad Boris”, ma sempre meno della risposta di ritorno del popolare The Sun, “Noi non vi invidiamo”, pubblicata in un tedesco impeccabile.

“C’è stato un tempo in cui la Germania era invidiata per la sua efficiente amministrazione”, scrive ancora il Tagesspiegel, assumendo toni malinconici, “Lenin voleva modellare il socialismo sull’esempio della Deutsche Post, le università tedesche erano l’invidia del mondo”. Una reputazione tramandata di generazione in generazione: “I baby boomer, ora incamminati verso la sessantina, sono cresciuti sapendo di vivere nel paese più funzionante del mondo”. Poi è arrivata una crisi drammatica per svelare che il re è nudo.

L’auspicio del Tagesspiegel è che il paese diventi consapevole di questi ritardi e realizzi un colpo d’ala: “L’attuale crisi dovrebbe essere un’occasione per intraprendere una profonda riforma amministrativa. Le loro strutture sono così incrostate che i responsabili trovano più facile rinchiudere un intero popolo che dotare le autorità sanitarie di un software uniforme”. Non proprio un gran bilancio al termine di 16 anni di governi Merkel.

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