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Germania

Vi racconto chi scuote Merkel per riaprire la Germania

Economia e lockdown: alla vigilia del vertice che potrebbe dare qualche segnale di apertura, in Germania si moltiplicano le posizioni di economisti e imprenditori per riaprire. E c'è pure qualche polemica sulla campagna vaccini, finora deficitaria

 

Questa volta il compromesso potrebbe essere più elaborato del previsto. Dall’attesa riunione del gabinetto di crisi sulla pandemia di domani potrebbe venir fuori un prolungamento del lockdown fino a Pasqua e una road map sulle future riaperture, che non saranno più legate alla soglia di incidenza di 35 nuovi casi per 100.000 abitanti in una settimana. Con la nuova strategia tedesca, Merkel incasserebbe prudenza fino a Pasqua, i Länder un piano certo di ripresa subito dopo. Nel frattempo, già da lunedì, ci saranno alcuni allentamenti sui contatti personali (si potrà incontrare più gente rispetto a ora), mentre anche i vivai di piante e fiori potranno riaprire osservando misure di igiene e sicurezza.

Domani non ci sarà soltanto il solito drappello dei presidenti di regione “aperturisti” a contrastare la politica fin qui seguita da Angela Merkel sulla pandemia. Dopo due mesi e mezzo di lockdown rigido, cui si somma un altro mese e mezzo di lockdown leggero che dall’inizio di novembre aveva già portato alla chiusura il settore della gastronomia, è il mondo dell’economia a contrapporsi all’idea di una chiusura senza prospettive. Si chiede un piano certo e chiaro di ripresa, nonostante la certezza della terza ondata, la débacle della campagna di vaccinazione e il rischio prospettato da virologi, medici e matematici che tra un mese e mezzo ci si ritrovi nelle stesse condizioni di dicembre, con i contagi alle stelle e le terapie intensive intasate.

La timida apertura fatta da Angela Merkel la settimana scorsa per un prudente e graduale ritorno alla normalità non aveva calmato le acque. Anzi, le posizioni si sono ulteriormente polarizzate. Ci sono i presidenti dei Länder che quest’anno vanno al voto (a cominciare da Baden-Württemberg e Renania-Palatinato già il 14 marzo) sensibili agli umori degli elettori stanchi delle restrizioni, i dirigenti delle associazioni del commercio che annunciano ricorsi in tribunale, gli economisti non più convinti che il lockdown duro sia preferibile a una strategia flessibile, finanche i ministri esposti alle sensibilità del mondo delle imprese.

È stato un fedelissimo della cancelliera come Peter Altmaier, il ministro dell’Economia, a dare il segnale che qualcosa si sarebbe mosso, annunciando un suo progetto per le riaperture che faceva piazza pulita della soglia di 35 nuovi contagi a settimana per ogni 100.000 abitanti, il nuovo limite al ribasso che Merkel aveva imposto nella riunione precedente. Una posizione condivisa anche dal nuovo leader della Cdu, Armin Laschet.

Negli ambienti politici berlinesi si è sempre sussurrato che quando Altmaier si muove è perché ha le spalle coperte dalla cancelliera, e dunque la sua mossa era stata interpretata come il segnale di un cambio di rotta dell’intero governo. Ma le posizioni di partenza restano polarizzate e non manca chi non è affatto d’accordo con il rompete le righe e punta il dito contro le inefficienze della campagna di vaccinazione. È il caso di due presidenti di regione di peso come Markus Söder (Baviera) e Michael Kretschmer (Sassonia), che riferendosi alla giacenza di centinaia di migliaia di dosi del vaccino di Astra-Zeneca nei frigoriferi dei centri di vaccinazione, chiedono di superare la barriera della lista di priorità e di renderle disponibili a tutti coloro che vogliono vaccinarsi, direttamente negli ambulatori dei medici di famiglia. E, nello stesso tempo, di concentrarle nelle aree di confine (specie a est verso la Repubblica Ceca) che sono le zone con incidenza più alte.

Il governo federale, spalleggiato dal consiglio che ha elaborato la lista prioritaria per le vaccinazioni, ha già declinato questa proposta. Ma sulla riunione di domani si addenseranno tutte le nubi che hanno reso tempestosa la gestione tedesca della seconda ondata pandemica: errori politici, interessi elettorali, sfilacciamento della società, rigidità burocratiche, preoccupazioni economiche. Merkel aveva bisogno di una valvola per sgonfiare le tensioni e il piano di Altmaier potrebbe fornirgliela: si terrà chiuso ancora per marzo, provando a evitare che la terza ondata si abbatta con violenza, ma si riaprirà gradualmente con il mese di aprile, che vedrà anche un aumento sensibile della disponibilità di vaccini.

Le inquietudini restano sul versante economico. La stessa storia dei generosissimi aiuti finanziari che la Germania – anche grazie ai suoi conti pubblici in salute – è riuscita ad erogare agli imprenditori colpiti dai lockdown si scontra con una realtà quotidiana fatta di lentezze amministrative.

Non sorprende dunque che, come scrive oggi la Frankfurter Allgemeine Zeitung, “la soddisfazione degli economisti per la politica economica del governo durante la pandemia sia evaporata”. Lo certifica l’ultimo sondaggio condotto dall’Ifo di Monaco per il panel economico che l’istituto bavarese conduce regolarmente tra imprenditori ed economisti delle università di lingua tedesca (in Germania, Austria e Svizzera). Gli insoddisfatti raggiungono il 47%, con una percentuale del 20% di “molto insoddisfatti”. I favorevoli sono il 22% (solo il 2% si dichiara “molto soddisfatto”). Giudizio in chiaro scuro per il restante 30%. Più che il lockdown in sé, è proprio sulle modalità degli aiuti che si appunta la critica degli interpellati: troppo volatili i requisiti richiesti, troppo complessa la procedura per accedervi. Una critica che diventa assoluta se si passa dagli aiuti a ristoratori e commercianti a quelli per i lavoratori autonomi dei settori culturali e artistici: “A loro erano stati promessi sussidi veloci e svincolati da contorsioni burocratiche, così non è stato”, ha risposto nel sondaggio Alexander Kritikos, economista del Diw di Berlino.

Quanto alle riaperture, gli economisti restano invece prudenti, più sulla linea Merkel, e spingono per un piano che leghi gli allentamenti alle restrizioni all’incidenza dei contagi. Il suggerimento ai partecipanti al gabinetto di crisi è di presentare una road map della ripresa di ampio respiro, per dare a imprenditori e cittadini una prospettiva di ritorno alla normalità, ma anche certezze su quando e come questo potrà avvenire: una riapertura affrettata è “irresponsabile e miope”, data la già accertata ripresa dei contagi dovuta alla diffusione delle varianti del virus. D’altronde, gli ultimi indici economici legati alle aspettative delle imprese sono stati positivi e nel mondo dell’industria, specie quella legata all’export, i lockdown sono stati sopportati senza grandi problemi.

Più esplicita è invece la posizione dei rappresentanti delle organizzazioni del commercio. Qui la critica coinvolge l’intera strategia di contrasto al Covid finora seguita. “Il fatto che il lockdown sia l’unica grande risposta alla pandemia è un segnale di incapacità”, ha detto all’Handelsblatt Heinrich Deichmann, responsabile della più grande catena di negozi di scarpe d’Europa, “e questo non fa onore alla Germania, neppure dal punto di vista tecnologico”.

Le attuali misure restrittive sono ufficialmente in vigore fino al 7 marzo, le associazioni di categoria chiedono la riapertura immediata dall’8 e hanno inviato sul tavolo dei gabinetto di crisi un loro piano di allentamenti in otto punti, che riprende molte delle misure che gli stessi esercenti avevano adottato nei mesi in cui erano rimasti aperti: controlli igienici, presenze contingentate nei negozi, adozione di strumenti tecnologici come specifiche app per consentire il tracciamento dei contatti. Qualche presidente regionale punta all’ipotesi di acquisti con prenotazione, sulla falsariga di quel che accade con i parrucchieri, che hanno potuto riaprire da lunedì scorso. Per Alexander Otto, presidente del più grande gruppo di centri commerciali tedesco Ece, c’è il rischio “di un danno totale per il settore con l’annullamento della merce acquistata per la nuova stagione”.

Il piano di Altmaier potrebbe potrebbe mettere d’accordo tutti. Merkel è indebolita, ma sarebbe un errore considerarla del tutto isolata. Con lei ci sono quei presidenti di Länder che seguono con preoccupazione la ripresa dei contagi e i medici delle terapie intensive, che qualche giorno fa hanno lanciato un chiaro allarme. La terza ondata non è un’invenzione e la Germania (assieme a gran parte dell’Europa) si trova ancora impreparata.

L’altro tema scottante sarà quello dei vaccini. Il Senato di Berlino (l’assemblea cittadina) ha accusato governo federale e Robert Koch Institut per il flop delle dosi di Astra-Zeneca: “un errore di comunicazione che sta costando caro”. Troppe dosi restano nei frigoriferi, perché i cittadini sono convinti che si tratti di un vaccino di serie B. In questo modo la campagna di vaccinazione procede a rilento e anche i centri predisposti a somministrarlo restano in larga parte vuoti. Chi è in lista diserta gli appuntamenti. Secondo informazioni del ministero della Sanità, fino a domenica scorsa erano state somministrate in Germania solo 455.000 dosi di Astra-Zeneca delle 2,1 milioni disponibili. Giovedì ne arriverà più di un altro milione, portando il totale a 3,2 milioni. Il rischio è che si crei uno stallo enorme, con le persone nelle liste di priorità che lo rifiutano e tanti altri che vorrebbero averlo ma non possono. Una situazione irresponsabile, in un momento di scarsità di dosi e di aumento dei contagi.

Tanto più che le maggiori consegne degli altri vaccini sono previste a partire da aprile. Qui sarà bene ribadire che anche lil contratto aggiuntivo di 30 milioni di dosi di Biontech-Pfizer (di cui in Italia si parla come se fossero già disponibili) è previsto solo alla fine della consegna di tutte le dosi contrattate con l’Ue. Insomma, se ne parlerà a dicembre. Era stato un palliativo propagandistico del ministro Jeans Spahn per tranquillizzare un’opinione pubblica già da dicembre allarmata sull’iniziale carenza di vaccini (è di metà dicembre la prima inchiesta sul tema dello Spiegel). Ma adesso non è più tempo di palliativi.

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