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Come e perché in Vaticano si scommetteva sul Mattarella bis

Vaticano e Mattarella: fatti, nomi e non solo. Il corsivo di Andrea Mainardi

Dal Vaticano si è guardato all’ex Vaticano con una attenzione distratta. Il pontificio palazzo quirinale di conclavi ne ha ospitati appena quattro, poi, in fondo: che importa. C’è la grazia di stato che ha sempre investito i dodici capi di Stato.

Alcune non disattente porpore delle faccende italiane sorridono di distacco. Ma con preoccupazione. Qualcuno è anagraficamente elettore, in caso di elezione vera – quella del Papa – altri non più. Tutti hanno guardato con non sforzata empatia un rito che si è celebrato in fondo a casa loro, dove persino conclavi veri si sono votati; mica in una dépendance del tribunale pontificio come oggi a Montecitorio. E alla fine neppure serviva tirarla per le lunghe una settimana.

Una narrazione abbastanza diffusa racconta di una Chiesa che non spinge più come un tempo nelle terrene dinamiche sociali italiane; per come sono andati questi giorni quirinalizi si può dire che la Chiesa ha imparato e rodato nei secoli liturgie politiche con grande precisione. E sa prevedere con lungimiranza i finali. Tanto che il bis era dato per scontato da tempo. Non immediatamente auspicato, però.

Non certo per disistima nei confronti di Mattarella, anzi. Da una parte c’era l’umana comprensione per il suo rifiuto più volte espresso. Più forte delle vicende personali, di traslochi da invertire e scatoloni da rifare, è il condiviso giudizio dei due Colli verso l’immaturità costituzionale mostrata, alla quale si è guardato in questi giorni con un certo scoramento di fronte a forze politiche che pur dimostrando di individuare persone giudicate di altissimo profilo sono poi state incapaci di uscire da caravanserragli fanciulleschi, riducendo la partita a una burla da giochi di piazza e gessetto sull’asfalto. Ovvero social e hashtag. Bruciando tutti.

Cancellato il nome di Berlusconi da tempo, come testimonia agli atti la rubrica delle lettere di Avvenire, con gli allarmati giudizi dei lettori accompagnati in pagina da un sintetico quanto netto giudizio del direttore Marco Tarquinio: “Vox populi Vox dei” e “di un Silvio Berlusconi al vertice della Repubblica non se ne parli più”. Quanto accaduto nei giorni scorsi con il ghigliottinare nomi in un batti ciglio è giudicato come un sintomatico e pericoloso bambinismo politico che preoccupa la Chiesa, anche soprattutto di fronte a immediati affronti di problemi economici ed etici. Come il referendum sull’eutanasia e le sfide diplomatiche ad est.

Il finale si era in qualche modo già previsto, con sacrificio chiesto più che a Mattarella, alla Costituzione. Al Presidente come ai cardinali: usque ad effusionem sanguinis, fino al martirio; a Mattarella è chiesto di comportarsi con fortezza al servizio, in questo caso del Paese.

Incontrandolo per la visita di congedo, Papa Francesco a metà dicembre ringraziò Mattarella della testimonianza, “il meglio della testimonianza”, sottolineò.

Il giorno precedente padre Antonio Spadaro, spin doctor del Papa argentino, aveva già pennellato l’identikit del nuovo Presidente della Repubblica Italiana. Azzeccandolo in pieno. “L’importante – premetteva in una intervista all’Adnkronos il 15 dicembre il direttore di Civiltà Cattolica – è dare unità al Paese. La questione a mio modo di vedere non è se nel dopo Mattarella ci sarà un uomo o una donna: conta l’unita del Paese. Certamente Mattarella ha saputo tenere insieme il Paese, quindi ha saputo essere al di sopra delle parti permettendo alle parti di dialogare tra loro, con un governo di unità nazionale”. Padre Spadaro tracciava l’esito: “Quello che a noi serve è un punto di unità, una figura di alto livello capace di essere umile come poteva essere quella di Mattarella, dal profilo basso, che non vuole imporre se stesso ma che sia al servizio della nazione”. Stante la situazione, un bis si profilava già: “Lui ascolterà la voce che viene dal Paese. Mattarella – osservava il gesuita – crede nel valore delle istituzioni che si esprimono nei tempi, nelle scelte, nella disponibilità. Quali saranno le richieste dalla base politica si vedrà (e oggi le vediamo, ndr), certamente quello che mi sembra bello è vedere come la popolarità di Mattarella sia molto alta pure tenendo lui un profilo molto basso. In varie occasioni ha ricevuto vere e proprie ovazioni però capisco anche il suo desiderio di non proseguire”. Appunto: spiace umanamente per l’uomo, ma un cattolico popolare non si tira indietro. Mattarella bissi e Draghi resti a Chigi: “Credo che ci sia bisogno di una figura molto condivisa. Il governo che abbiamo è l’unica soluzione in questo momento: deve essere anche un riferimento sulla scelta del candidato che rappresenterà la presidenza della Repubblica. Al di là di tutto, chi andrà al Colle deve avere la fiducia di tutti”.

È finita esattamente così. Parola per parola.

Dalla Cei, appena mercoledì, la riconferma: “Il Parlamento in seduta comune sappia cogliere il desiderio di unità espresso dal Paese. L’esempio di Sergio Mattarella, come uomo e statista, è un punto di riferimento nelle scelte che devono essere compiute alla luce della Costituzione”. A margine della conferenza stampa a conclusione dei lavori del Consiglio permanente il segretario della Cei, Stefano Russo, ha aggiunto: “Non mi soffermo su nomi particolari, non mi sembra il caso di farlo, mi sembra piuttosto che quello che va messo in evidenza è che chiunque dovesse essere scelto come presidente della Repubblica, possa contribuire, evidentemente a prescindere dalla provenienza, all’unità del Paese così come ha fatto Sergio Mattarella”.

A parte il “non se ne parli più” riferito a Berlusconi del direttore del quotidiano Cei, a parte alcuni nomi non troppo presi in considerazione per evidente difetto di appeal elettorale, altri sarebbero risultati ben spendibili. Ci risultano in particolare graditi Belloni e Cassese. Ma il bis di Mattarella e la conferma di Draghi era da sempre ritenuto lo scenario previsto; non desiderato per il fermo immagine politico di un diffuso kindergarten, ma il più certo di garanzia. Almeno per i prossimi mesi.

Commenta con Askanews a metà pomeriggio del 29 gennaio padre Spadaro: “E’ diventato evidente che il tandem Mattarella-Draghi è riuscito nell’impresa quasi impossibile di mediazione tra le forze politiche, da una parte, e di garanzia, dall’altra, della credibilità internazionale. Si capisce come le segreterie non abbiano il controllo pieno dei partiti, gli schieramenti sembrano implodere, i partiti mutano profondamente e cambiano i rapporti di forza tra di loro. Alla fine c’è stato da una parte la volontà di scegliere una figura super partes e non divisiva, dall’altra c’è stato un continuo susseguirsi di fughe in avanti e stop-and-go. Certo sarà necessaria una riflessione all’interno dei partiti sulla loro identità e sulle coalizioni possibili”. Tuttavia: “Di fronte ad una situazione di questo genere, in una fase turbolenta e magmatica in vita del paese, mi sembra che la soluzione del Mattarella bis sia certamente una garanzia”.

Più duri Oltretevere, a microfoni spenti e schermi accesi, davanti l’immagine dei leader di partito. Fosse per loro davvero si rinnoverebbe la situazione di Canossa: altro che riscaldate auto blu, ma adeguato periodo di penitenza degli enrichi di oggi di fronte al presidente.

Mattarella non è Papa Gregorio, non imporrà severa penitenza a pane, acqua e gelo; ma ci si aspettano importanti e gravi strigliate. Più di quanto dettò ai tempi Napolitano.

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