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Giorgetti

Come e perché i giornali di centrodestra sbuffano sul G20 di Draghi

Strane assonanze anti Draghi sul G20 tra il contiano Fatto Quotidiano e giornali di centrodestra come Giornale e Libero

Sono curiose ma non troppo le assonanze di giornali così diversi, anzi politicamente opposti, come il Giornale della famiglia Berlusconi e Libero da una parte e Il Fatto Quotidiano più o meno pentastellare dall’altra, contro il G20 di Roma aperto ieri da Mario Draghi. Che ha fatto da par suo gli onori di casa ai “grandi della terra” interloquendo con ciascuno di essi col vantaggio, fra l’altro, di non avere bisogno di interpreti. Né di doversi scusare con qualcuno di loro – ad esempio, il turco Erdogan – per avergli dato francamente e pubblicamente del dittatore.

Il Giornale, ripeto, della famiglia Berlusconi ha titolato in prima pagina sul “brutto clima al G20”, giocando anche un po’ sul doppio senso, essendo proprio la questione climatica il tasto dolente del vertice per le resistenze opposte da grandi paesi come l’India e la Cina a ridurre l’inquinamento dell’atmosfera provocato dai loro sistemi industriali. Senza bisogno di ricorrere a doppi sensi un altro giornale affine al centrodestra, Libero, ha titolato addirittura sull’”autogol” che il G20 sarebbe per l’Italia che pure lo ospita e presiede con abilità ed efficacia riconosciute da tutti i partecipanti. Ai quali Draghi ha felicemente affiancato, nella foto emblematica dell’evento, i medici, gli infermieri e i ricercatori dell’ospedale romano Spallanzani, distintisi nella lotta alla pandemia. Che ha impedito a lungo anche incontri diretti fra i governanti.

Il Fatto Quotidiano ha liquidato come un raduno di “banal grandi” quello presieduto da Draghi, avvolto dal vignettista Riccardo Mannelli in una nuvola -senza la maiuscola di Massimiliano Fuksas- premonitrice di “piogge e grandinate di fuffa”.

Del resto, come il più sprovveduto o indifferente abitante della Capitale, ciò che ha colpito di più Travaglio sono state “le 50 (cinquanta!) auto blindate sputazzanti del corteo di Biden che da giorni sfrecciano per Roma, senza calcolare quelle degli altri 19 presunti “grandi”, delle loro first lady, più tutte le vetture e gli elicotteri delle forze dell’ordine”: tutte cose che probabilmente il direttore del Fatto avrebbe sopportato meglio con Conte ancora a Palazzo Chigi, anziché fatto fuori politicamente a febbraio da una mezza congiura. “Conticidio”, ha chiamato quel cambio della guardia proprio Travaglio in un saggio, si fa per dire.

Contro Draghi, per quanto sostenuto al governo da Berlusconi e da più della metà del centrodestra, partecipe anzi della compagine ministeriale col Pd, i grillini e la sinistra dalemian-bersaniana, il Giornale e Libero si trovano oggi, minimizzando o criticando il G20 da lui presieduto, perché quanto meno infastiditi da una possibile ricaduta della sua performance internazionale sulla corsa al Quirinale, a danno di quella dalla quale Berlusconi ha detto di non volersi “tirare indietro”.

Improvvisamente sensibile alla salute, diciamo così, di questa legislatura indigesta per l’anomalia della maggioranza relativa conquistata dai grillini nelle elezioni del 2018, il direttore del giornale di Berlusconi ha oggi ricordato per franchezza, senza “ipocrisie”, ai parlamentari tentati da un’elezione di Draghi al Quirinale la sorte dei “tacchini a Natale”. Con Draghi al Colle infatti – ha assicurato Augusto Minzolini – la sorte delle Camere sarebbe segnata, con un anno abbondante di anticipo sulla scadenza, e senza quota di pensione o vitalizio – poteva aggiungere – per i parlamentari uscenti perché maturabile solo a settembre dell’anno prossimo.

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