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Come discutono Salvini, Meloni e Berlusconi su Draghi a Palazzo Chigi

Posizioni e divisioni nel centrodestra su Mario Draghi premier.

Forse è “proprio questo il momento” perché la Lega, primo partito italiano in base alle consultazioni e i sondaggi dopo le elezioni politiche del 2018, abbatta definitivamente quel muro di pregiudizi costruitole intorno, ai quali oggettivamente ha prestato e presta il fianco la collocazione in Europa con i nazionalisti tedeschi di Afd e i francesi di Marine Le Pen. Il centrodestra sul governo di Mario Draghi è a più voci, combattuto tra il si di Forza Italia, l’astensione di Fratelli d’Italia e un Matteo Salvini aperturista, con quello che potrebbe diventare persino un sì seppur molto condizionato. Ha detto Salvini: “Né si né no a priori, prima devo capire cosa propone Draghi, personaggio di alto profilo non come quelli di prima”.

Salvini, alle prese con uno sforzo unitario da ago della bilancia, potrebbe far suo il concetto espresso dall’altro “Matteo” (Renzi). Il leader di Iv a chi gli rimprovera che non era questo il momento per aprire la crisi ha risposto, come lui stesso ha riferito, “proprio questo invece era il momento”. E quindi, tornando a Salvini, se non ora quando riprendersi la rivincita su quel tanto deriso Papeete, dallo stesso Renzi che fece proprio leva sulla cosiddetta “non credibilità europeista” del “capitano” leghista per dare il là al Conte 2?

Un governo del tutti contro uno e contro quindi tutto il centrodestra, la cui maggioranza giallo-rossa però è naufragata sotto i colpi dello stesso Renzi “sui contenuti” solo poco più di un anno e mezzo dopo.

Alcuni giornali ipotizzano Salvini – che si trova alle prese anche anche con l’ala Nord del partito pro-Draghi, rappresentata da Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia – verso il sì all’ ex presidente della Bce. Ma se così sarà, il suo appare come un si molto condizionato, non solo alle richieste di abbassare le tasse, di non toccare quota 100 e di sbloccare i cantieri ma innanzitutto alla possibilità di andare al voto.

Il leader leghista insiste nel chiederlo a giugno, prima che scatti il semestre bianco. Ma la posizione contraria, soprattutto per la crisi pandemica e per i tempi stretti del Recovery plan, del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è chiara. E il premier incaricato Draghi ha tracciato ieri al Quirinale, sottolineando con toni fermi ma anche con un tratto di lieve emozione la drammaticità del momento, per l’Italia un “piano di rilancio” contro la pandemia e la crisi economica, che non sembra essere quello di pochi mesi.

Draghi, auspicando l’unità delle forze politiche, con quel “gran rispetto” con il quale “innanzitutto mi rivolgerò al parlamento”, ha anche di fatto sottolineato il concetto che gli “strumenti straordinari” messi in campo dalla Ue sono fondi sulla cui destinazione tutte le forze politiche devono contare. E, del resto, che Mattarella abbia richiamato in servizio la figura di “alto profilo” dell’ex numero uno di Francoforte solo per pochi mesi è cosa difficilmente immaginabile per tutti.

Ma nella nota di ieri sul Corriere della sera il quirinalista numero uno, Marzio Breda, non attribuendo certo ufficialmente questa intenzione al Colle, scrive anche che ora ci si aspetta un governo che duri almeno un anno. E se così fosse, allora Salvini potrebbe chiedere di fatto, senza formalizzare per ovvie ragioni diplomatiche questa richiesta, che si vada a votare nel 2022, subito dopo l’elezione del Capo dello Stato Un’elezione che potrebbe vedere sul Colle lo stesso Draghi, così come una volta ipotizzò il numero due leghista Giorgetti che lo conosce bene?

In questa scadenza cruciale per la politica la Lega e il centrodestra a quel punto potrebbero avere un ruolo di peso. Ma Meloni, dopo aver indicato nel corso del vertice di ieri come punto di caduta per FdI l’astensione, spiazzando di fatto soprattutto la Lega, poi ha chiarito con fermezza che la richiesta era e resta “elezioni”. Una mossa quella dell’astensione calata un po’ a sorpresa sul tavolo del vertice della coalizione che ora rischia di far apparire la Lega se si asterrà come una sorta di intendenza che segue il partito minore ma molto agguerrito, dato in ascesa dai sondaggi, che però confermano al tempo stesso il primo posto per la Lega di Salvini.

In tutto questo, problemi non mancano anche a Berlusconi che, proprio per tenere una posizione unitaria di quel centrodestra di cui è fondatore e anche per evitare che la sua stessa Forza Italia si spacchi, ha mantenuto fino a ieri sera una posizione favorevole di fatto a Draghi, ma attendista. E ha quindi consigliato di andare a vedere prima le carte al tavolo delle consultazioni dell’uomo da lui stesso indicato alla Bce e procedere passo dopo passo. Ma una richiesta fatta con una battuta al vertice, con il quale era collegato dalla Provenza, è trapelata da parte del Cavaliere sul tema della giustizia: “Che non ci sia di nuovo un giustizialista”.

Berlusconi dalla Provenza certamente legge quel totonomi già partito sui possibili ministri. E tra questi è circolato anche quello di Paola Severino. Cosa che non lo avrebbe messo di buon umore, “ma non a causa della ex ministro, della persona in quanto tale ma perché porta proprio il nome Severino quella legge sulla non candidabilità a lui applicata retroattivamente, seppur questo certo non per volontà di Severino , ci fu, infatti, il voto al Senato sulla decadenza”, spiegano attenti osservatori delle cose azzurre.

Intanto, Renato Brunetta è schierato per il si a Draghi e con lui Mara Carfagna, Andrea Cangini e altri parlamentari. Brunetta è anche arrivato a chiedere che si riuniscano i gruppi. Ma, intanto, nella posizione meno facile ma anche da ago della bilancia sembra trovarsi Salvini che, anche nei rapporti interni con i partiti centristi (Maurizio Lupi, Antonio De Poli) e “Cambiamo” di Giovanni Toti, appare sempre più determinato ad affermare formalmente quel ruolo da leader della coalizione, finora basato solo sui numeri dei suoi consensi. La posizione della Lega potrebbe essere determinante, soprattutto al Senato, se i Cinque Stelle non apriranno a Draghi, anche se il muro pentastellato incomincia a far vedere spiragli.

Infine, nella tarda mattinata di oggi, giunge una nota ufficiale di Berlusconi che rafforza l’atteggiamento positivo, “senza pregiudizio” di Forza Italia verso Draghi, cui il presidente di Fi ribadisce di essere legato da “un’antica stima”. La valuta come una scelta “di alto profilo istituzionale attorno alla quale si possa tentare di realizzare quell’unità sostanziale delle energie migliori del Paese” da lui stesso auspicata. Berlusconi dice di aspettarsi ora “un programma all’altezza delle esigenze del Paese” e una “squadra di governo di profilo adeguato”. Resta un interrogativo sul significato dell’aggettivo “sostanziale” dato all’ “unità”. Il nodo delle divisioni interne al centrodestra evidentemente resta.

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