skip to Main Content

Recovery Fund

Come cambierà l’Ue con il riarmo della Germania. Girotondo di analisti

Chi c'era e che cosa si è detto su Germania, Ucraina e Russia nel corso di un seminario dell'Ispi, l'Istituto per gli studi di politica internazionale

 

La guerra della Russia in Ucraina doveva essere “un’operazione speciale” lampo per dare il tempo ai nemici di scappare e al Cremlino di installare un nuovo governo amico di Mosca. Le cose non stanno andando esattamente così e l’esercito russo è ormai al sesto giorno di combattimenti.

Il tramonto della guerra lampo

“Il piano di Mosca non ha funzionato in parte perché gli ucraini hanno dimostrato una forza di resistenza che i russi avevano sottovalutato e in parte per una serie di problemi logistici della Russia”, a parlare è Andrea Gilli, Senior Researcher, NATO Defense College e Affiliate, Stanford University, nel corso dell’evento ISPI “Ucraina, prove di resistenza.  “Tanti soldati dispiegati sono volontari, non erano preparati. Le guerre moderne per la loro complessità richiedono personale motivato e addestrato. E anche una serie di motivi tattici e operativi”. L’esercito russo, per via della necessità di arrivare il prima possibile a Kiev, ha lasciato attive alcune sacche di resistenza. “Le difese ucraine sono ancora funzionanti – continua Andrea Gilli -. I russi hanno queste lunghe linee di logistica estremamente vulnerabili sui fianchi”.

Lo sfregio ai diritti umani

“Come molti temevano la Russia non è particolarmente rispettosa dei diritti umani, dei civili e dei danni collaterali – continua Andrea Gilli -. Quello che abbiamo visto a Kharkiv è un bombardamento sui civili, cosa che stride con la volontà di giungere a una pace negoziale. Tra l’altro in una città a maggioranza russofona. Penso sia difficile per Russia conquistare a breve Kiev ma penso ci sarà un bombardamento sui civili”. La Russia, dunque, continua a muoversi nel solco di quello fatto in Siria: fiaccare la resistenza con le bombe.

Le sanzioni culturali

Le immagini dei palazzi sventrati e delle persone rifugiate nei sotterranei delle metropolitane hanno scatenato un’ondata di commozione in tutto il mondo. “Ci ha stupito una solidarietà arrivata dall’esterno – ha sottolineato Serena Giusti, Senior Associate Research Fellow, ISPI e Assistant Professor, Scuola Superiore Sant’Anna -. Ci sono state manifestazioni di piazza a Mosca e a San Pietroburgo, sebbene sia difficile farlo. A questo si aggiunge la presa di posizione di alcuni personaggi famosi russi che vivono all’estero, manifestazini e raccolte di beni in molte città europee e anche in Italia. Si sta attuando una sanzione di tipo culturale”. La replica del Cremlino non potrà che essere militare. “Ci possiamo aspettare attacchi sempre più forti per indebolire la resistenza psicologica, fisica e morale degli ucraini – continua la dott. Serena Giusti -. La via di uscita è molto difficile da immaginare, a questo punto non sarebbe accettabile un’annessione o un governo fantoccio”.

La compattezza del fronte europeo

Questa guerra passera alla storia come la prima che è riuscita a compattare il fronte europeo. “L’Unione Europea è riuscita a dare una risposta incredibilmente forte e rapida – dice Marco Bresolin, corrispondente da Bruxelles del quotidiano La Stampa -. Aveva fatto preoccupare l’approccio incrementale delle sanzioni quando la Russia aveva già invaso il territorio ucraino. E invece l’UE ha approvato all’unanimità sanzioni estremamente pesanti”.

Zelenski: la battaglia della comunicazione

Il Presidente ucraino Zelenski sta giocando una partita mediatica molto importante attraverso un flusso di comunicazioni costanti. “Zelenski è un uomo di spettacolo – aggiunge Marco Bresolin -. Il pressing mediatico di Zelenski ha messo un po’ di pressione ai leader europei. Ma quello che ha mosso i grandi della terra verso decisioni senza precedenti, alcune delle quali vanno contro la stessa storia e filosofia dell’UE, credo sia l’inedita situazione che si è creata: una potenza mondiale che invade un paese sovrano. Davanti a questo l’UE ha appiattito ogni sua divergenza interna e ha agito unita”.

La Germania investe 100 miliardi di euro in difesa

Storica è stata la decisione della Germania di tornare a investire in armi. Uno dei lasciti della seconda guerra mondiale è stata la smilitarizzazione del paese dal quale, in venti anni, erano partite le due guerre mondiali che hanno funestato il ‘900. L’attacco della Russia ai danni dell’Ucraina ha chiamato la Germania a scrivere una nuova pagina della sua storia. “Viviamo una svolta epocale. Il mondo non è più quello di prima”. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ha disegnato un’inversione a U nelle politiche per la difesa tedesche e ha stanziato 100 miliardi di euro, a debito, per le spese militari e ha promesso che la Germania spenderà “almeno” il 2% del suo Pil per la difesa. Un impegno che era stato preso da tutti i partner Nato al vertice del 2014 in Galles, ma che Berlino aveva rifiutato sempre di ottemperare.

Germania guida d’Europa nella nuova storia europea

“La posizione della Germania guida e indirizza la posizione dell’UE – spiega Marco Bresolin -. Incrementare le spese militari e inviare armi in Ucraina ha fatto sì che l’UE, che ha nella difesa della pace uno dei suoi principi più solidi e intoccabili, abbia deciso che gli sforzi dei vari paesi che manderanno armi in Ucraina potranno essere finanziati con soldi dell’UE, è un qualcosa di inedito”. Cosa ha fatto cambiare la posizione tedesca? “Olaf Scholz è alla sua prima prova, la prima grande crisi mondiale che l’UE affronta senza Angela Merkel. Il Governo di Scholz – continua Bresolin –, che ha al suo interno il partito dei verdi, la settimana scorsa aveva deciso di bloccare il gasdotto Nord Stream 2 e l’ha fatto in un contesto non semplice. Sono decisioni difficili e per prenderle bisogna essere molto forti, viceversa c’è il rischio che, se si è troppo deboli, ci si fa trascinare dalle decisioni di altri paesi”.

Siamo a un passo dalla difesa comune europea?

La gravità della crisi attuale ha ricompattato le posizioni degli Stati membri su vari fronti, dalla decisione di imporre sanzioni sino alle spese militari. “Credo sia importante sottolineare la posizione dell’Ungheria che era tra i paesi più vicini alla Russia – spiega la ricercatrice ISPI Serena Giusti -. Il paese guidato da Orban ha preso le distanze ricompattando il fronte europeo rinforzato anche dall’assenza del Regno Unito, che ha costituito un ostacolo nello sviluppo di una difesa europea che fosse più autonoma rispetto agli Usa”. Forse la decisione unilaterale Usa di ritirarsi dall’Afghanistan ha permesso ai paesi UE di riflettere sul ruolo da avere in politica estera.

Back To Top