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Come la City di Londra si reinventa dopo Brexit. Il libro di Meloni

Conservatori

Estratto dal libro “Boris Johnson. L’ascesa del leader conservatore e il Regno Unito post Brexit” (Historica) di Daniele Meloni

 

A pochi giorni dalla fine del periodo di transizione, il Fi­nancial Times – quotidiano che alcuni Brexiteers conside­rano, ironicamente, «l’ufficio stampa della Germania nel Re­gno Unito» – ha pubblicato un’ampia inchiesta in cui si dà atto che nel settore finanziario non si può parlare di fuga di posti di lavoro. Anzi.

Un sondaggio condotto presso 24 ban­che internazionali, fondi di gestione, e società di wealth and asset management dimostra l’esatto contrario. I 6mila posti persi sono dovuti a ristrutturazioni degli organici a livello globale di gruppi come Crédit Suisse, Deutsche Bank e No­mura. Nove delle società di asset management hanno aumen­tato il loro personale del 35%, assumendo 10mila persone dalla data del referendum a fine 2020. I francesi di BNP Pa­ribas si sono espansi e i giapponesi di MUFG hanno aggiun­to 400 unità nel loro quartier generale londinese. Goldman Sachs ne ha aggiunte addirittura 900 assumendo nel suo core business e in divisioni interne come il consumer banking e il cash management. Il totale dei dipendenti di JP Morgan è passato da 16 a 18mila, aumentando anche in hub come Glasgow e Edimburgo fuori dalla City. Vanguard, la secon­da società al mondo di asset management, ha triplicato le sue risorse su Londra, portandole da 200 a 600 dal 2015 al 2020, così come gli americani di T Rowe Price, passati da poco più di 200 a 575. Invesco, Columbia Threadneedle e Pimco – quest’ultima la più grande azienda globale di gestione degli investimenti – hanno tutte aumentato il loro organico.

Questo succede perché la City continua a reinventarsi in modo creativo. A fine ottobre 2020 la corporation della City of London ha pubblicato – in collaborazione con la società di consulenza Oliver Wyman – un rapporto intitolato London Recharged: our vision for London in 2025, in cui si delinea­no i tratti della futura Londra post-Brexit (e post-COVID ). Gli autori dell’intervento rimarcano il ruolo unico del Regno Unito e della sua capitale e i loro punti di forza sfornando una serie di dati significativi. Il Regno Unito fornisce il 16% di tutti i prestiti bancari internazionali, ospita il 40% delle sedi delle aziende europee e internazionali del Fortune 250, ha il secondo ecosistema al mondo per attrattività delle start-up dopo la Silicon Valley e, infine, ha 4 università tra le top 40 nel mondo.

«La creazione di nuovi hub per le start-up, spazi di lavoro sostenibili, infrastrutture per la mobilità e servizi di finte­ch è fondamentale per preparare Londra a decollare quando l’economia riprenderà», ha affermato Caroline McGuinness, Presidente del Policy Committee della City.

Per il Ceo del London Stock of Exchange Group, David Schwimmer:

Londra ha l’opportunità di continuare a sventolare la ban­diera di un Regno Unito globale e che guarda al di fuori di sé, costruendo la propria reputazione di reale centro finan­ziario globale che accoglie aziende e investitori da tutto il mondo. Per fare questo serve che si adatti ai bisogni di una nuova generazione di multinazionali.

Secondo Ed Bowles, Director of Public Policy di Facebo­ok nel Regno Unito:

In futuro continueremo a vedere un grande crossover tra il settore tech e quello dei servizi finanziari. L’ecosistema di Londra è particolarmente attrattivo per la convergenza tra queste due industrie e per la loro portata. La capacità di collaborare e innovare di Londra non ha paragoni con le altre città.

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