Molti ricorderanno che poco prima dello scoppio della guerra in Ucraina, Putin si recò in Cina in visita dal collega Xi, con il quale fu stretta una partnership definita “senza limiti”. Col senno di poi, quella fu interpretata come la luce verde data da Pechino all’avventura bellica di Mosca, ma anche come il segnale che la Cina avrebbe sostenuto gli sforzi bellici dell’alleato sebbene non in modo aperto ma soprattutto in chiave politica e diplomatica. Come sottolinea un nuovo articolo dell’Economist, da qualche tempo a questa parte però il Dragone sembra aver deciso di compiere un ulteriore salto, decidendo di sostenere attivamente la macchina militare russa, sia pur tentando di mantenere celato tale ruolo per evitare di essere colpita da sanzioni internazionali.
Droni e componenti cinesi
Come scrive l’Economist, i droni sono un’arma centrale negli attacchi russi, come quello dello scorso 10 giugno a Kyiv, quando furono quasi 500 i velivoli sensa pilota lanciati contro obiettivi nella capitale ucraina.
I droni Shahed, di origine iraniana ma prodotti in Russia, contenevano inizialmente alcune componenti di fabbricazione occidentale, che ora però sono sempre più di origine cinese. Ne sono un esempio le antenne, i cui microchip made in China sostituiscono quelli americani precedentemente contrabbandati in Russia. Secondo l’agenzia di intelligence ucraina HUR, un recente drone analizzato conteneva solo due componenti americani su quindici, evidenziando la crescente dipendenza di Mosca da Pechino per la tecnologia militare.
Supporto cauto ma strategico
Come rileva la testata britannica, la Cina ha adottato un approccio prudente, evitando trasferimenti su larga scala di munizioni o armi letali per non incorrere nelle sanzioni occidentali.
Tuttavia, è almeno dal 2023 che fornisce alla Russia componenti critici, inclusi droni civili e, secondo fonti occidentali, anche piccole quantità di munizioni d’artiglieria e droni militari. Ad esempio, proiettili di mortaio cinesi sono stati rinvenuti in Ucraina, anche se non è chiaro se siano stati forniti direttamente o tramite paesi terzi.
Collaborazione sui droni militari
Un caso emblematico è il drone Garpiya-3, sviluppato in Cina da un’azienda russa con il supporto di fornitori cinesi. Questo velivolo, che è sostanzialmente una copia dello Shahed iraniano, è stato testato in Cina, e due aziende cinesi coinvolte nella sua produzione sono state sanzionate dagli Usa.
Nel maggio dell’anno scorso, l’ex ministro della Difesa britannico Grant Shapps ha declassificato informazioni per denunciare questa collaborazione, confermando che il Garpiya-3 non è un è drone dual-use ma un sistema letale messo a disposizione alla Russia da Pechino per colpire obiettivi in Ucraina.
Componenti e tecnologie per l’industria bellica russa
La Cina fornisce a Mosca non solo droni, ma anche macchinari, prodotti chimici e fibre ottiche essenziali per droni a guida cablata resistenti alle contromisure elettroniche.
Come scrive l’Economist, è ormai dal 2023 che la Cina è diventata il principale fornitore di attrezzature industriali per la Russia, coprendo l’80-90% delle importazioni di macchinari. Inoltre, Pechino domina il mercato della nitrocellulosa, un ingrediente chiave per gli esplosivi.
Scambio di tecnologie e timori russi
Quella di Pechino naturalmente non è generosità incondizionata. In cambio del già citato supporto, la Cina trae preziose lezioni dal conflitto in corso, accedendo ad esempio a tecnologie occidentali catturate in battaglia come razzi guidati americani o missili da crociera europei. Materiali, dati e informazioni che risulteranno utilissimi in caso di un confronto militare con il blocco occidentale ad esempio quando Pechino deciderà di invadere Taiwan.
Tuttavia, sottolinea ancora l’Economist, la relazione sino-russa non è priva di tensioni. Alcuni membri dell’élite russa temono la crescente dipendenza da Pechino e sospettano che quest’ultima conduca attività di spionaggio, tanto che l’FSB ha arrestato scienziati russi con l’accusa di aver passato clandestinamente segreti militari alla Cina.
Un equilibrio precario
La conclusione dell’Economist è che Pechino si conferma un alleato indispensabile per la Russia. Senza il supporto cinese, l’industria della difesa russa sarebbe gravemente compromessa. La superpotenza n. 2 tuttavia continua a bilanciare il sostegno a Mosca con la necessità di mantenere relazioni stabili con l’Occidente, ancora necessario nella suprema ottica di mantenere attiva la propria bilancia commerciale, e ciò pone dei limiti alla partnership altrimenti “illimitata” russo-cinese.