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Economia

Le capriole cinesi sull’economia

Le promesse non mantenute di Xi sull'evoluzione dell'economia cinese. Estratto dalla newsletter Out.

Il Terzo Plenum del 20° Congresso del Partito Comunista Cinese si è concluso con l’approvazione di un piano di governo dell’economia per i prossimi anni (la Decisione). Il Terzo Plenum si tiene ogni dieci anni e definisce il quadro economico delle “riforme” necessarie al paese (secondo il PCC) per i successivi dieci anni. Avrebbe dovuto tenersi l’anno scorso, ma Xi Jinping lo aveva fatto rinviare. Ne risulta un documento che delude le aspettative di un cambiamento nelle politiche economiche di Xi. Nonostante le difficoltà e le preoccupazioni nel breve termine, prevale nella Decisione lo sguardo al lungo periodo, con il leader cinese che chiede “incrollabile fede”.

Un piano di 30 pagine fitte fitte, con 60 impegni, in cui sostanzialmente si ribadisce la visione politica di Xi Jinping. Difficilmente potrebbe essere altrimenti. Il documento afferma che gli obiettivi fissati nel Plenum precedente, nel 2013, sono stati raggiunti. La Decisione del 2013, per la verità, affermava che il governo cinese si sarebbe astenuto dall’intervento nell’economia, lasciando al mercato il compito di allocare le risorse in maniera efficiente e agendo da regolatore neutrale. È evidente che non è andata proprio così.

Per il futuro, la Decisione presa in questo nuovo Plenum si concentra su una nuova espansione del sostegno alle politiche industriali nel settore manifatturiero, con il chiaro intento di rafforzare il ruolo cinese di fornitore del mondo. Allo stesso tempo, nel documento vi sono palesi contraddizioni. Mentre si conferma il ruolo neutrale dello Stato (a parole) sino al 2029, affermando che imprese statali e private avranno lo stesso trattamento, dall’altra parte la Decisione afferma che la Cina sosterrà le imprese statali perché siano rafforzate e diventino più forti e più grandi. L’obiettivo è una crescita di alta qualità, cioè nelle tecnologie avanzate, definite “nuove forze produttive”, tra cui anche tutte le tecnologie green, auto elettriche comprese (ma anche biotecnologie e farmaceutica). Come tutti i documenti programmatici, nella Decisione vi è un po’ di tutto, dalla ecosostenibilità alla resilienza (sic) delle catene di fornitura. Poche o nessuna indicazione sul sostegno alla domanda interna e su una limitazione dei surplus commerciali del paese nei confronti del resto del mondo, anzi.

Il documento è una sostanziale presa d’atto della visione di Xi, quella di uno Stato pervaso dal partito, che assume la guida e indica la strada per guadagnare la leadership mondiale nella tecnologia, nell’industria ed anche nel capitale, ponendo particolare enfasi sulla sicurezza nazionale.

In sintesi, la Cina non cambia rotta. Centralizzazione delle decisioni economiche, controllo sociale (“tessere una fitta rete di prevenzione e controllo dei rischi legati alla sicurezza sociale e mantenere efficacemente la stabilità sociale”) priorità al lato dell’offerta (tecnologia in particolare), sostegno alle imprese statali, allineamento delle politiche economiche alla sicurezza nazionale. Rimarranno quindi gli squilibri macroeconomici cinesi (domanda interna debole e surplus commerciale) che non aiutano a ridurre le tensioni economiche, in particolare con gli USA e con l’Europa.

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