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Chip

Tutti i progetti e gli obiettivi (anche militari) della Cina sull’Ai

La Cina sta investendo miliardi di dollari all’anno nello sviluppo dell'Ai, destando preoccupazioni di sicurezza agli Stati Uniti. Ecco perché. L'articolo di Marco Orioles.

La “fabbrica del mondo” che è la Cina compete oggi con gli Usa anche in settori di avanguardia come l’intelligenza artificiale (Ai), ambito in cui Pechino, anche grazie a un costante e massiccio flusso di investimenti pubblici, ha sviluppato capacità molto avanzate sia in campo civile che in quello militare.

È questo il tema del saggio di apertura del nuovo numero della rivista Limes diretta da Lucio Caracciolo, nel quale due analisti. He Tian e You Ji, passano in rassegna le ragioni per cui, a loro modo di vedere, non è del tutto da escludere che il Dragone possa compiere il sorpasso nei confronti della superpotenza n. 1

I programmi strategici cinesi nell’Ai

He e You aprono il loro saggio ricordando che Pechino persegue le proprie ambizioni nel settore dell’Ai sulla base di due programmi elaborati dal Consiglio di Stato: si tratta del Made in China 2025, risalente al 2015, e del Tredicesimo Piano Quinquennale per lo sviluppo delle industrie strategiche emergenti, rilasciato nel 2016.

Entrambi i programmi evidenziano il ruolo dell’Ai in “molteplici aree chiave, dalla robotica alla tecnologia dell’informazione, dalle auto elettriche alle attrezzature aerospaziali”.

I due grandi obiettivi dell’Ai secondo la Cina

Sono due i macroobiettivi che i piani cinesi affidano all’Ai: accelerare la trasformazione del Paese in una “società moderatamente prospera“, e disporre di tecniche avanzate di controllo sociale. Sullo sfondo di tale macroobiettivi si profila anche la sfida con gli Stati Uniti su chi avrà il primato in questo ambito delicato che attraversa questioni cruciali come la difesa e la sicurezza nazionale.

La chiave degli sforzi cinesi è, come scrivono gli autori, “lo sviluppo della smart economy, di cui l’intelligenza artificiale è forza trainante, affiancata da altre tecnologie di nuova generazione come il 5G, il cloud computing,i big data, l’internet delle cose, l’edge computing, le blockchain, la realtà ibrida e l’informatica quantistica”.

Il fiorire delle aziende private di Ai

Pechino sta investendo miliardi di dollari all’anno nello sviluppo di questi comparti finanziando le aziende private che conducono attività di ricerca sperimentale e applicata.

Grazie al sostegno politico, le imprese cinesi hanno fato progredire di molto lo stato dell’arte dell’Ai nel Paese. A tal proposito gli autori ricordano che “nel 2020 il numero di imprese strategiche nell’ambito dell’Ai ha superato quota 3mila con un aumento del 19%” rispetto all’anno precedente.

La grande marcia dell’Ai in Cina ha fatto sì che le aziende del Paese dispongano oggi di un vantaggio competitivo nel campo degli algoritmi e dei software applicativi: si citano qui i casi di Baidu, Alibaba e Tencent, che hanno effettuato massicci investimenti nella costruzione dei dieci maggiori centri nazionali di calcolo ed elaborazione dati.

Notevoli progressi si sono registrati anche nell’area dei semiconduttori. A questo proposito He e You scrivono che le “aziende produttrici di chip intelligenti come HiSidicon (Huawei), Cambricon, Smic e Ziguang Zhanrui hanno promosso l’integrazione dell’Ai in terminali intelligenti e dispositivi di sicurezza come anche nell’ambito di progetti urbani (smart cities)”.

Le ricadute nel campo della sicurezza nazionale

Gli ambiziosi obiettivi perseguiti dal Dragone non sarebbero tali se non ci fossero ricadute nel campo della sicurezza nazionale, Pechino punta a un impiego su larga scala dell’Ai come strumento per la modernizzazione del comparto della difesa nell’ambito di una profonda trasformazione concettuale della guerra che viene sempre più concepita “come conflitto ibrido e su vasta scala contro avversari del calibro degli Stati uniti, anziché come confronto limitato con una minaccia regionale”.

L’Esercito Popolare di Liberazione ha identificato diverse aree di impiego dell’Ai a fini militari, sia per quanto concerne i mezzi di combattimento che per quanto dispositivi dedicati alle operazioni di raccolta, elaborazione e analisi dei dati finalizzati a sostenere il processo decisionale. Un ambito di applicazione privilegiato dell’Ai è poi quello della cyberguerra.

Un sofisticato ecosistema di droni

Ma se c’è un contesto in cui Pechino ha deciso di puntare tutto sull’Ai è quello sullo sviluppo di un sofisticato ecosistema di droni.  La Cina, sottolineano gli autori, ha “devoluto enormi risorse allo sviluppo di velivoli a pilotaggio remoto fin dai tardi anni Novanta e ad oggi può vantare una gamma completa di droni militari, nonché la più grande capacità produttiva al mondo in questo settore”.

Viene citato in tal senso il caso della serie Caihong, che oggi comprende i modelli Ch-1, Ch-3, Ch-5 e Ch-7, con quest’ultimo che, pur concepito per compiti di ricognizione e monitoraggio, può anche pilotare altre armi e trasportare missili di grandi dimensioni per colpire obiettivi in movimento.

Le preoccupazioni del Pentagono e la strategia Usa

È alla luce di questi sviluppi che il Pentagono stima che l’Ai cinese abbia raggiunto un livello di approssimativa parità con quella americana. Ecco quindi che Washington, nel timore di un sorpasso, ha deciso di arrestare la corsa cinese facendo leva sulla necessità per ogni sistema di Ai di disporre di un gran numero di chip avanzati.

“Washington ha quindi varato”, riportano gli autori, “un gran numero di provvedimenti amministrativi per soffocare il progresso cinese nello sviluppo di microprocessori, imponendo misure restrittive anche ai propri alleati e alle aziende che esportano i chip e producono componentistica nella Repubblica Popolare”.

Questo è lo scenario della cosiddetta “guerra dei chip” in cui gli Usa procedono sul doppio binario di far valere la propria superiorità nel campo dei semiconduttori e di impedire a Pechino di sviluppare capacità comparabili.

L’esito di questa guerra non è scontato e lo vedremo in un breve lasso di tempo.

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