Skip to content

cia

Cosa succede tra la Cia e la Cina. Parla Sisci

Mire ed effetti dei video della Cia per reclutare funzionari cinesi come informatori e agenti. Conversazione di Marco Mayer con Francesco Sisci, sinologo di fama internazionale, collabora con la pubblicazione cattolica Settimananews ed è direttore di Appia Institute

La scorsa settimana settimana tutti i principali media internazionali danno risalto alla notizia che la Cia ha messo in rete due video allo scopo di reclutare funzionari cinesi come propri informatori e agenti. Come giudichi la qualità tecnica e l’impatto mediatico del messaggio?

I video sono fatti benissimo, vanno al cuore dei problemi che affliggono i due poli della gerarchia cinese – il capo e il segretario, infatti, possono perdere il lavoro e la propria fortuna o libertà nel processo di radicale selezione del sistema burocratico cinese.

La dirigenza in Cina è organizzata secondo una piramide. Quindi più in alto si va nella piramide, più ci sono persone che sono eliminate o rischiano di essere eliminate nella selezione, che hanno rancori e motivi di essere scontenti. Essi una volta potevano pensare che andando in pensione potevano ancora essere influenti e ‘darsi agli affari’ usando la propria rete di relazioni all’interno del partito. Oggi invece sono messi da parte e lasciati da parte. Inoltre rischiano di essere messi sotto inchiesta e perdere i propri privilegi e la propria libertà.

In teoria, quindi, il pubblico con un interesse a questa propaganda/ provocazione è enorme, la maggioranza dei quadri e segretari cinese. In un ambiente chiuso, di sospetto crescente, in cui oggi nessuno sa veramente delle intenzioni dell’altro, con una storia anche di defezioni illustri in passato, il video è destinato a moltiplicare i sospetti e contribuisce ad avvelenare l’ambiente. Ciò vale per i quadri a ogni livello, ma anche per i capi supremi che possono sospettare i sottoposti di essere pronti a tradire e vendersi alla CIA. Non credo che alla fine saranno molti a scegliere di lavorare per la CIA. Comunque il rischio di essere arrestati per tradimento e la pena che ne deriva è infinitamente maggiore di quella di essere semplicemente messi da parte. Ma basta a aumentare l’entropia, già alta, del sistema.

I capi saranno più sospettosi e quindi più lassisti o più esigenti. Si stringerà sempre di più la vite dei controlli, a sua volta soffocherà la vita nel partito e aumenterà l’insoddisfazione. C’è poi il dubbio che la CIA possa dire o fare trapelare che Tizio o Caio abbiano lavorato per per l’America, che inchieste, controlli poi ne seguano. Ci sono già rapporti in Cina che indicano il sospetto che tra i cinesi che stanno adesso tornando in patria ci siano spie infiltrate, che parenti di cinesi all’estero, in teoria ‘patriottici’, facciano il doppio gioco o peggio. I video in quest’ atmosfera danno corpo a ogni sospetto. La Cina può scrollare le spalle rispetto ai video, e le spie allora potrebbero trovare più spazio, oppure chiudersi a riccio e aumentare la repressione e quindi creare le condizioni per cui la gente spia o vorrebbe vendersi all’America.

C’è un problema di sistema. Il controllo totale cinese, di tradizione imperiale, funziona quando appunto è totale, quando la Cina era il mondo (e non c’era un’alternativa a cui rivolgersi, come con l’impero) oppure era totalmente chiusa come con Mao. Ma quando la chiusura è limitata alla sola Cina perché i cinesi possono rivolgersi fuori per questioni economiche, di rapporti commerciali, possono uscire dal controllo totalizzante e allora il controllo totale non è un vantaggio, ma diventa una palla al piede.

Altri sistemi autoritari possono essere totalitari se riescono a imporre una ideologia forte comunista o nazionalista che lavi il cervello e chiuda ai rapporti commerciali, non spinga milioni di cinesi a fare affari con il mondo esterno. Ma in realtà la Cina ha un sistema semiaperto e che non può chiudersi a costo di perdere rapporti commerciali che costituiscono il grande motore economico del paese. In questo l’approccio nazionalista diventa poco convincente per i suoi apparati selezionati in base a criteri di grande fedeltà al capo non al Sistema o al paese. La cura a questo virus è solo la luce del sole, l’apertura, l’aria che rende tutto più trasparente e quindi più difficile controllare e sfruttare l’insoddisfazione dei suoi quadri da parte di potenze e agenti stranieri, come la CIA. Ma questo significa prima o poi cambiare il sistema politico cinese. Pechino è pronta?

Altrimenti potremmo vedere già nei prossimi mesi una moltiplicazione di giochi di luci e ombre, di cani che inseguono la loro coda, e la paranoia già presente rischia di diventare psicosi. In questo caso, con o senza spie reclutate davvero, la CIA vince. Altra cosa importate è che i cinesi sanno benissimo dei rischi che i video creano, della loro pericolosità profonda, quasi come un virus di una peste mortale. Quindi reagiranno, probabilmente in maniera molto dura, e le possibilità di un accordo commerciale, anche limitato, si allontanano. Pechino non vorrà trattare con chi fa questi video e non si fiderà e quindi cercherà di metterà in difficoltà l’amministrazione americana.

Il governo cinese da una decina di anni usa i social media internet (in particolare Linkedin) per reclutare fonti e agenti stranieri. Perché – anche se non ci sono ancora reazioni ufficiali – a quanto si sente dire – i due video hanno suscitato molto clamore a Pechino?

Credo che i cinesi non reagiranno ufficialmente. Credo che ci sarà però una reazione non ufficiale. Forse il video di soldati cinesi che parteciperanno alla parata della vittoria a Mosca è già una prima risposta: i cinesi non lasceranno la Russia da sola.

John Ratcliffe, il nuovo direttore della Cia, in una intervista a Fox News ha affermato che i messaggi saranno capaci di raggiungere i target nonostante il grande firewall (la muraglia digitale) che preclude la navigazione in una consistente parte di Internet. Ti sembra una previsione realistica realistica?

Sì, perché questi video non sono indirizzati a gente comune, ma a quadri che per lavoro hanno direttamente o indirettamente già accesso all’estero.

Nel marzo scorso l’ambasciata del Dragone a Washington dichiarato che “la Cina è pronta a combattere la guerra commerciale o qualunque altro tipo di guerra”. I video della Cia potrebbero configurarsi come una reazione politica dell’amministrazione Trump alla dichiarazione bellicosa del Dragone?

Forse sono una risposta indiretta. Se la Cina non si piega a una trattativa commerciale, l’America alza la posta. Di certo una volta pubblicati i video, non possono essere ritirati, mentre le tariffe possono essere tagliate. Comunque la coincidenza dei vari elementi ci porta a pensare che il clima bilaterale si inasprirà nelle prossime settimane e mesi. Credo che siamo di fronte a uno scontro che si potrebbe protrarre a lungo, a meno che uno dei due contendenti per primo non getti la spugna.

L’escalation della guerra mediatica sembra unire sempre di più le narrative della Russia e della Cina nonostante i tentativi di creare un solco tra Mosca e Pechino. Ritieni che l’asse tra Cina e Russia si stia indebolendo o viceversa é destinato a durare?

Non vedo per ora segni di indebolimento, anzi, vedo segni di rafforzamento. C’è una percezione comune del nemico — l’Occidente e gli Stati Uniti.

Da 30 anni ininterrotti la Cina aumenta le spese per la propria difesa e sicurezza. Quale può essere il traguardo di questa lunga marcia?

Le armi non necessariamente devono essere usate, in questo caso l’obiettivo primario credo sia la deterrenza. Non è chiaro come finirebbe una guerra con la Cina, e ciò dipende da mille elementi. Ciò che è chiaro però è che la deterrenza cinese funziona.

Torna su