Piano di Rinascita, Patto Sociale, infine Stati Generali: si sprecano le formule magiche del capo del governo per ricercare (senza fortuna) unità d’intenti non solo con le forze di opposizione e con le parti sociali, ma anche tra gli stessi partiti della maggioranza. In attesa di chiarire in cosa si sostanzino queste iniziative nel frattempo, en attendant Godot, le cose rimangono ferme.
Per fortuna c’è l’Europa, in primo luogo la BCE che acquista in abbondanza i nostri titoli di Stato, le risorse messe in campo con Sure, Mes, BEI e con un Recovery Fund seppur ancora da definire.
L’entità di queste cifre è notevole e non dovrebbe destare né sorpresa né indignazione se la stessa UE, e i partners che la compongono, vogliono sapere prima come gli Stati intendono utilizzare le risorse (prestiti o fondi perduti) e poi come li spendono.
Ma poiché i tempi di erogazione dei fondi europei non saranno brevissimi, dovremo cominciare ad utilizzare le risorse di cui effettivamente disponiamo oggi con la consapevolezza che, se le misure del governo dovessero ritardare o dimostrarsi inefficaci, il nostro paese andrà incontro ad un autunno assai difficile. E’ evidente che gli interventi assistenziali dovranno protrarsi anche nel 2021 ma è difficile pensare che basti vietare i licenziamenti per legge per garantire l’occupazione oltre il breve periodo.
Le cose cambiano in fretta, come gli indici di gradimento dei leaders, e questo spiega bene l’inquietudine che serpeggia nel Pd, l’unica forza politica che dispone di una struttura nazionale organizzata in tutto il paese, in parte ereditata dal vecchio Pci, in grado di percepire in fretta la diffusione e l’aggravarsi di situazioni di disagio.
Si conoscono ormai da tempo quali sono le cose che non vanno nel nostro paese, così come è assai chiaro che oggi un vero “Patto Sociale” deve essere fondato sul cambiamento e che è impossibile una ripresa della nostra economia senza riforme. Purtroppo queste riforme sono nell’insieme sgradite alla maggioranza (trasversale) di un Parlamento sovran-populista che, a torto o a ragione, non vuole rischiare di perdere consensi. Non è un caso che tra i partiti della maggioranza, è affiorata l’idea di modificare in senso proporzionale la legge elettorale, cosa che potrebbe non dispiacere a una parte dell’opposizione.
In situazioni di emergenza è normale che un governo, come accadde più volte in passato, chieda il contributo delle opposizioni, ma la convergenza in Parlamento, l’unica sede legittimata a decidere, dovrebbe avvenire su alcune scelte coraggiose di rottura chiara con il passato. Da questo punto di vista il catalogo degli obiettivi prioritari è ricco. Tali dovrebbero essere gli interventi che qualifichino le istituzioni (a partire dalla scuola) per trasparenza, responsabilità e meritocrazia, riducano la burocrazia stabilendo che è ammesso tutto ciò che non è espressamente vietato, aboliscano il reato di abuso d’ufficio e garantiscano la manleva ai funzionari bancari per la concessione dei prestiti “Covid”, affrontino con realismo la questione fiscale redistribuendo solo il risultato della lotta all’evasione, favoriscano la crescita della produttività (incentivi per la contrattazione aziendale e per gli investimenti ad alta tecnologia), rilancino la ricerca, le opere pubbliche (modello Genova) e quelle private (modello ristrutturazioni incentivate al 110%), riordinino un sistema previdenziale che rischia di collassare (abolizione quota cento) e un sistema assistenziale che è ormai fuori controllo (reddito di cittadinanza e cassa integrazione vincolati alla formazione professionale e all’accettazione delle offerte di lavoro).
Il tutto nel quadro di una ripresa del processo di integrazione europea e di un graduale trasferimento di sovranità alla UE a partire dalla politica fiscale.
Beninteso il Governo di Giuseppe Conte può tirare a campare il che, come avrebbe detto Giulio Andreotti, è sempre meglio di tirar le cuoia. Ma il combinato disposto del passar del tempo e di una insufficiente ripresa dell’attività economica potrebbe far emergere un iceberg di rabbia sociale, un “autunno oscuro” ben più insidioso di un’opposizione che, al momento, non sembra avere le idee chiarissime.
Rimane importante il ruolo delle parti sociali anche se le confederazioni dei lavoratori sembrano aver imparato poco dalla crisi mentre la Confindustria di Bonomi, che ha mostrato determinazione, potrebbe divenire il principale referente politico di un sistema economico in grave affanno che ha urgente bisogno di risposte concrete.
Una cosa è certa: se l’economia non riprende non si può escludere la nascita di nuovi movimenti di protesta e di nuove leadership, dalle identità indecifrabili ma potenzialmente pericolose, espressione di un’area sociale che accomuna gli emarginati tradizionali a quella parte di ceto medio impoverito dalla crisi.
Allo stato sembra impossibile la nascita di un governo di emergenza che, con una figura di premier autorevole e di riconosciuto prestigio, allarghi l’attuale maggioranza e si proponga di realizzare un “programma minimo” per ridurre l’impatto della crisi, favorire la ripresa e preparare gli appuntamenti elettorali futuri in un clima meno avvelenato.
La maggioranza cercherà, nei limiti del possibile, di evitare lo scioglimento delle Camere, ma non ad ogni costo. Se l’esito degli “Stati generali” produrrà un “libro dei sogni” al posto di interventi chiari ed efficaci in grado di dare rapidamente risultati, gli azionisti del “Conte 2”, se non vogliono correre il rischio di un logoramento disastroso, dovranno prendere rapidamente in considerazione le elezioni politiche anticipate.