skip to Main Content

Chi vuole azzoppare la Lega?

Il corsivo di Paola Sacchi   Per la leadership di Matteo Salvini se non proprio un de profundis, c’era qualcosa che rischiava di avvicinarsi ieri sui giornali mainstream e, in alcuni strani casi , pure su qualche quotidiano di area centrodestra. Tema di una ormai interminabile telenovela, che potrebbe far concorrenza a Beautiful, la presunta…

 

Per la leadership di Matteo Salvini se non proprio un de profundis, c’era qualcosa che rischiava di avvicinarsi ieri sui giornali mainstream e, in alcuni strani casi , pure su qualche quotidiano di area centrodestra. Tema di una ormai interminabile telenovela, che potrebbe far concorrenza a Beautiful, la presunta sollevazione del Nord, della Lega delle origini, con tanto di imprenditori e tutto ciò che il Nord significa contro il “capitano”. A Claudio Borghi, il deputato-economista, dipinto come il signor no a tutto, dall’euro (ormai un “secolo” fa, visti i veloci tempi della politica) al green pass, e quindi individuato come l’uomo scandalo, origine di tutti i presunti guai interni del “capitano”, però i conti non tornano. In un tweet ieri sera si è chiesto: “Come può il 4 per cento mettersi contro il 20 per cento ?”. Borghi si riferisce a quel 4 per cento che la Lega ancora Nord aveva quando Salvini la salvò dall’estinzione. E ne fece quello che ora è, secondo tutte le tornate elettorali dopo le Politiche del 2018, nonché secondo ancora i sondaggi, il primo partito italiano.

Una cosa che Antonio Polito su il “Corriere della sera” di ieri, pur in mezzo a una lunga serie di forti critiche alla linea salviniana di “lotta e di governo”, almeno riconosce a Salvini. Per il resto però è tutto un fiorire di mappe della geografia della nomenclatura interna nazionale e locale che sarebbe in cagnesco con “Matteo”. In alcuni casi attingendo anche a frasi di “anonimi veneziani”.

Il più citato e tirato per la giacca contro il leader è il governatore del Veneto Luca Zaia per le sue parole a netta difesa del green pass. A seguire l’altro governatore Massimiliano Fedriga del Friuli, descritto in alcuni casi come un possibile successore, da sempre di area giorgettiana e quindi catalogato contro Salvini.

Per la verità, la cronista che la Lega la segue da anni, in Transatlantico a Montecitorio, ha visto sempre Fedriga, quando era deputato, andare d’amore e d’accordo con Salvini, che veniva spesso anche se allora era al parlamento europeo, oltre che con Giancarlo Giorgetti, che è stato anche capogruppo.

Giorgetti, ora ministro dello Sviluppo economico, stavolta viene tirato in ballo di striscio, generalmente per quel certo suo “allargare le braccia ” e dire: “Chiedete a Matteo”. Frase che la cronista gli ha sentito dire anche con un pizzico di divertimento tante volte in questi anni. Ora che nella Lega – seppur nel suo modello organizzativo sia rimasta “leninista” e risponda a un solo capo, come lo stesso Mario Draghi ha riconosciuto, anche per evidenti ragioni diplomatico-tattiche – ci siano varie sfumature e anche posizioni declinate in modo diverso è una realtà. Anche normale in un partito vero, radicato sul territorio ormai da Nord a Sud. Seppur nel Meridione non nella stessa misura del Nord. E che nella Lega nazionale di Salvini ci siano varie anime è più che naturale per quello che ormai è il più antico partito del parlamento, nato al Nord.

Fondato da Umberto Bossi, è passato attraverso una serie di infinite svolte negli anni: secessionista, anche se Bossi ci rivelò che lui in realtà minacciava la secessione “per avere la Devoluzione”, federalista e infine nazionale. E ora un’altra svolta, quella definita da autorevoli osservatori “liberale e garantista”, con i referendum sulla giustizia insieme con i Radicali. Ovvio che in un partito così stratificato e composito le anime siano diverse. Così come gli elettori, una platea molto trasversale, dai ceti più popolari trascurati dalla sinistra a aree di borghesia di imprenditori e professionisti anche del Centro-Sud, che chiedono riduzione della pressione fiscale e un’immigrazione più controllata. Ex elettori di Forza Italia e anche di piccole formazioni centriste, non solo di destra ex An, seppur rappresentino buona parte.

Ma il punto vero sulle differenze è che nella Lega è sempre valso nettamente il principio della suddivisione dei ruoli. Evidente che gli Zaia e i Fedriga da governatori debbano rispondere a tutti i loro cittadini amministrati. Salvini viene accusato poi di rincorrere Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia all’opposizione. Come ha detto Maria Giovanna Maglie, a “Staseraitalia” in tv, su Mediaset, nessun leader di partito ama perdere voti, a meno che non sia afflitto da masochismo. E comunque quella di Salvini, che ha scelto di stare e restare “fino all’ultimo istante” al governo, più che una rincorsa è una scommessa. Non potrà che giovargli nel suo obiettivo di un futuro governo di centrodestra. Ancora più esplicito e sbrigativo comunque un deputato leghista storico del Nord con la sottoscritta: ” Un leader di partito è come un manager dell’azienda voti “. In tutto questo, il mainstream ha liquidato, a proposito di svolte leghiste, come una non notizia la visita ufficiale in Vaticano di Salvini , perché tanto il “ministro degli Esteri”, più esattamente Segretario per i rapporti con gli Stati, Richard Gallagher, vista la sua funzione, secondo certi articoli, riceve tutti i leader.

I toni sono un po’ cambiati dopo la soddisfazione espressa per l’incontro dal Segretario di Stato, Cardinale Pietro Parolin. Che Salvini ha ringraziato “per le parole benevole e incoraggianti”. La Lega, si sa, non con Salvini ma da sempre non è esattamente di casa in Vaticano. E certamente l’Arcivescovo Monsignor Gallagher è figura molto significativa non solo per il suo alto incarico ma anche per certe posizioni a nome della Santa Sede. Fu lui a esprimere disappunto della Santa Sede per il ddl Zan, paventando anche rischi di mancato rispetto per il Concordato. E in un lungo colloquio del giugno scorso per il numero della rivista “leSfide” della Fondazione Craxi , dal titolo preveggente “Occidente”, diretta da Mario Barbi, il “Monsignore di Liverpool” ha sottolineato le nostre radici giudaico-cristiane. Sempre Gallagher partecipò in Senato alla commemorazione per il ventennale di Bettino Craxi, il cui governo fece il Concordato. Ma per il mainstream l’incontro in Vaticano sarebbe stato cosa di routine. Forse il punto vero è un altro: vogliono una Lega che torni al 4 per cento, in ritirata nel pur fondamentale Nord?

Il Pd,  intanto, con Enrico Letta propone a raffica provvedimenti legittimi, ma di bandiera, che come tali sono divisivi e non fanno infatti parte del programma del governo di emergenza nazionale. Un po’ come se la Lega rilanciasse le norme dei decreti sicurezza. Ma se Salvini critica, con dati sugli sbarchi alla mano e fatti precisi, il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, minaccerebbe l’unità dell’esecutivo.

Forse,  non solo nella narrazione, qualcosa non torna.

Back To Top