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Chi vuole affossare le scuole paritarie?

Perché si deve puntare sulla trasparenza e sulla pubblicità dei bilanci per non affossare le scuole paritarie. L'intervento di suor Anna Monia Alfieri

 

Redde Caesari quae sunt Caesaris. Sembra un film già visto, un po’ come Peppone e don Camillo: le scuole paritarie escluse dai finanziamenti. Ci si sente nuovamente ripiombare nel baratro dell’ideologia, della dimenticanza; non si crede possibile che il premier Draghi, europeista convinto, che il ministro Bianchi con la consapevolezza che il suo mandato è rimettere al centro la scuola, che il governo di unità nazionale abbiano potuto credere la scuola statale la sola che deve ripartire, la sola da porre al centro.

Si guardi, come sempre, la realtà, sic et simpliciter, partendo da una constatazione di fondo: il fallimento di questo governo rappresenterebbe la morte del Paese, senza esagerazione. Allora ognuno deve svolgere il proprio compito in modo responsabile: i titoli allarmanti, senza spiegazione e senza prospettiva, provocano la resa di quelle scuole paritarie dei poveri per i poveri, realtà che stanno cercando eroicamente di resistere; ancora, è a rischio quella faticosa ricostruzione di un rapporto fiduciario fra le istituzioni e i cittadini, un rapporto che si è rotto dopo anni di illusioni, di politiche fondate sulla logica dello scaricabarile. È bene, certamente, tenere deste le coscienze, affinché non si abbassi la guardia, ma è altrettanto bene ricordare che il nostro governo è di unità nazionale: uno non vale uno, si è tutti, proprio tutti, responsabili. Come stanno allora, davvero, le cose?

Il decreto Sostegno destina 300 milioni alle scuole statali e questo, apparentemente, stride con tutte le conquiste di questi mesi. Il premier Draghi non ha mai parlato di scuole statali o paritarie, perché, vero europeista, per lui esistono solo le scuole pubbliche e tali sono le statali come le paritarie; del resto lo stesso ministro Bianchi non ha fatto mistero che per lui esistono solo le scuole, senza declinazione, pari diritti e pari doveri. Fantastico! Un’utopia solo pochi anni fa. Perché cadere ancora nell’utopia?

Andando a fondo, si scopre che il Decreto tanto contestato era blindato dal governo precedente: scarse, di conseguenza, le manovre di intervento. Ora il cittadino, se desidera essere responsabile, deve guardare al presente e, soprattutto, al futuro, basandosi sulle parole di chi lo governa. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha affermato: “Il governo ha riconosciuto, dentro un provvedimento che mette in campo interventi dello Stato a favore della ripresa del Paese, l’importanza strategica della scuola”. […]. “Ci sono risorse per il ritorno in sicurezza, quanto prima, a tutte le attività in presenza. E ci sono risorse per accompagnare la chiusura dell’anno scolastico e la costruzione di un ponte verso il prossimo, per il recupero di competenze e socialità.  Siamo al lavoro per integrare ulteriormente gli stanziamenti dedicati al potenziamento dell’offerta formativa”, conclude Bianchi.

Il ministro ha dichiarato che è al lavoro un gruppo il cui scopo è far fronte alla povertà educativa, alla deprivazione culturale, per colmare le diseguaglianze fra nord e sud e tenere, in questo modo, unito il Paese con una particolare attenzione alle scuole di periferia, perché la scuola torni ad essere un ascensore sociale. È chiaro anche l’impegno con la ministra Bonetti di mettere a sistema tutto il comparto scuola paritaria perché sia libera, autonoma, pubblica. Non è un sogno.

Un simile progetto necessita, però, della collaborazione responsabile di tutti: istituzioni, politica, associazioni, sindacati, scuole e genitori.  Altrimenti si ritorna a Sagunto assediata dai Cartaginesi: dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. Sempre lì si ritorna.

Gli ultimi accadimenti calabresi (ma sappiamo che non avvengono solo in Calabria) — falso in atto pubblico a carico di quelle scuole che, fregiandosi del titolo di pubbliche, in realtà erano dei diplomifici, con conseguente indagine in corso — confermano che occorre far sparire ogni pregiudiziale nei confronti delle scuole paritarie, non più considerate postifici o diplomifici che derogano le graduatorie e il sistema.  Se un’azione chiarificatrice è servita ad abbattere l’ideologia, frutto forse di non conoscenza, ciò deve essere motivo di soddisfazione.

Nel corso dell’audizione del ministro Bianchi sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, si è pure registrata un’ampia convergenza sulle tematiche inerenti autonomia, parità, libertà di scelta educativa, integrazione, nonché sulla necessità di colmare le diseguaglianze, le disparità educative, la deprivazione culturale, il divario fra il Nord e il Sud. Cambia l’approccio, che diviene di sistema e sistemico. Sono necessari altri segnali per capire che l’aria è cambiata?

L’unica strada possibile è quella di essere disposti a giocarsi sulla trasparenza: la pubblicità dei bilanci è la chiave di volta per dare giustizia a quelle scuole paritarie serie che non meritano di essere associate alle scuole malavitose.

Le scuole paritarie sono scuole pubbliche che svolgono un servizio pubblico e da anni non solo non temono i controlli (tranne le doverose eccezioni), le verifiche e men che meno la pubblicità e la trasparenza: ci sarebbe da stupirsi del contrario.

Si tratta di un principio economico e giuridico fondamentale, insieme ad un principio etico, poiché sono utilizzati fondi che derivano dalle tasse dei cittadini. Da qui la ragione per la quale sono conditio sine qua non i costi standard di sostenibilità per allievo che, garantendo il diritto alla libertà di scelta educativa dei genitori, hanno in sé controllo, verifica, trasparenza, pubblicità. Perché il contrario fa morire le molte scuole serie e di frontiera e fa avanzare le poche ma pervicaci scuole che imbrogliano o che approfittano delle falle del sistema.

Allora la domanda è sempre la stessa: chi si sdegna per il fatto che le scuole paritarie possano essere escluse dai finanziamenti è disposto a porre al centro gli studenti, dare loro le medesime opportunità, accettando la sfida della trasparenza e della pubblicità dei bilanci? Una prima sfida è presente nel DL 19 maggio 2020, n. 34 che, all’art. 233 co. 3 e 4, precisava che i contributi erano erogati a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette o delle  compartecipazioni comunque denominate, da parte dei fruitori, determinati dalla sospensione dei servizi in presenza a seguito delle misure adottate per contrastare la diffusione del Covid-19.

Occorre essere capaci di accogliere questa sfida, senza più trincerarsi dietro la scusa che la rendicontazione è solo per la scuola statale, sfoderando circolari e note varie come novelli Azzeccagarbugli… Quando, giustamente, si invocano pari diritti, si devono accogliere pari doveri, se veramente al centro poniamo i nostri studenti, la libertà di scelta educativa dei genitori e il rispetto dei docenti.

Se così non fosse, onestamente, non più scuole di pubbliche paritarie si tratterebbe, ma di scuole private, tout court. Le famiglie, però, sappiano che la loro libertà oggi dipende, sì, dal governo, dal ministro, dal parlamentare ma anche, e forse maggiormente, dai gestori.

Occorre fidarsi. Il ministro Bianchi con la ministra Bonetti in Consiglio dei Ministri hanno chiarito che bisognerà agire in modo sistemico e definitivo per liberare le scuole paritarie, al solo scopo di favorire una scuola pluralista, libera, senza vincoli per la famiglia, che torni ad essere un ascensore sociale. In risposta a questo impegno, assunto in sede istituzionale, tutti dovranno dare il loro contributo perché, senza trasparenza e pubblicità, non ci potrà essere libertà. Infatti, le priorità dei gestori devono essere gli studenti, il diritto di apprendere senza alcuna discriminazione economica, i docenti che non possono essere discriminati fra serie A e B, ingannati e illusi con un posto fisso che non esiste. Lo Stato deve dare a tutti pari opportunità e questo necessariamente implica autonomia responsabile, illuminata da dati certi e trasparenti; sarebbe davvero bizzarro – e autolesionista – il contrario.

A conferma che l’auspicio alla trasparenza è già realtà, basti pensare alla logica delle provvidenze stanziate con il DM 119/2020 ai sensi del DL 34/2020 art. 233 co.3 e con il DM 118/2020 ai sensi del DL 34/2020, che definivano le erogazioni Covid 2019. Fin da subito le scuole paritarie hanno raccolto la sfida e nessuna certamente si è arricchita impiegando le risorse per altri interessi. Nessun timore rispetto ai controlli, tutt’altro: sono doverosi, devono essere certi ed esercitati da personale assolutamente competente. Questo è il futuro e sia il benvenuto.

Pertanto la dichiarazione della senatrice Granato – che reputo intellettualmente condivisibile e che rappresenta una chiara apertura – conferma che, nella misura in cui ci si mette onestamente a confronto, anteponendo a tutto il maggior interesse dei più fragili (famiglie, allievi, docenti), si compiono passi di civiltà.

Oggi è quanto mai evidente che resistenze ingiustificate e interessi terzi hanno rallentato quel sano percorso di pluralismo; ed è ingeneroso attribuire la responsabilità solo ad una politica ideologizzata – che c’è stata ma assieme a cittadini poco coraggiosi e troppo spesso ripiegati sui propri interessi, quasi che il fine giustifica i messi. Ma l’interesse del singolo, la storia lo insegna, genera disastri.

Quella di oggi è una chiamata alla corresponsabilità: la povertà educativa – semmai fosse l’ultima parola – sarà da attribuire a ciascun cittadino dotato di raziocinio. Non pare né possibile né utile, rispetto agli obiettivi sopra ricordati, che le scuole paritarie non vogliano già cogliere la sfida che la senatrice Granato ha legittimamente ri-lanciato. Redde Caesari quae sunt Caesaris.

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